29 Gennaio 2020: pochi giorni prima dell’inizio della pandemia che ha condizionato la vita di chiunque negli ultimi tre anni, Netflix annuncia di aver messo ufficialmente in cantiere la prima stagione di One Piece composta da 10 episodi.
9 Novembre 2021: l’intero cast di protagonisti di One Piece viene annunciato e i vari Iñaki Godoy, Mackenyu, Emily Rudd, Jacob Romero Gibson e Taz Skylar diventano improvvisamente oggetto di critiche e discussioni.
31 Agosto 2023: dopo tre anni e mezzo dall’annuncio, e con una campagna mediatica non indifferente, sono stati rilasciati gli 8 episodi della prima stagione.
“I’m Monkey D. Luffy and I will be the King of the Pirates.
And I think you should join my crew.“
Si è parlato fin troppo dell’adattamento di One Piece da parte di Netflix, sia nel bene che, soprattutto, nel male. Molte opinioni negative, fondate su preconcetti (piuttosto fondati) che sia pressochè impossibile adattare un manga/anime in formato televisivo o cinematografico, hanno preso ampiamente largo affiancati a risultati disastrosi (il trailer di Dragonball Evolution basta e avanza per sostenere questa tesi) e ad adattamenti Netflix non propriamente apprezzati dai fan (Cowboy Bebop è l’ultimo in quest’ordine).
Opinioni più spassionate e anche piuttosto diverse l’una dall’altra erano state discusse anche in un recente episodio del podcast di Recenserie, opinioni che fondamentalmente rappresentavano tre diversi punti di vista che a tutti gli effetti avevano ragione di esistere e che ora, finalmente, possono essere confutate o confermate. Ora con la visione di “Romance Dawn” è finalmente possibile dare una prima opinione e, con somma sorpresa di tutti i detrattori e hater del progetto, bisogna ammettere che i due showrunner Matt Owens (già sceneggiatore di Marvel’s Luke Cage, Marvel’s The Defenders, Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D.) e Steven Maeda (Lost, The X-Files, CSI: Miami Helix) sono riusciti in un’impresa piuttosto impossibile, anche se ci sono diversi elementi negativi di cui tenere conto.
IL PILOT VISTO DA UN FAN DEL MANGA/ANIME
Al momento in cui si stanno scrivendo queste righe, il fan medio di One Piece che legge il manga e/o che guarda l’anime ha letto 1090 capitoli e guardato 1073 puntate, quantificabili in 357 ore e mezzo di visione e 26 anni di puro amore. Una cifra folle e che spaventa se si pensa che Eichiro Oda non ha ancora finito di scrivere/disegnare One Piece e che la prospettiva di adattare tutta le storyline e gli archi narrativi è pressochè impossibile se non si faranno almeno 8-10 stagioni.
La voglia di giudicare la scommessa di Netflix è tanto grande quanto il (più che giustificato) preconcetto iniziale, ma allo stesso tempo il giudizio non può essere limitato alla visione del solo pilot ma deve essere data all’intera stagione. L’approccio a “Romance Dawn” può essere cauto, euforico o completamente disilluso ma, dopo la visione dei 64 minuti del pilot, le varie opinioni convergono all’unisono in una sola: la series premiere non è affatto male.
“Romance Dawn” non è una trasposizione fedele del manga e dell’anime (con buona pace di tutti i lettori/spettatori), vuoi per una questione di minutaggio e necessità già citate sopra, vuoi perché il media utilizzato è differente e come tale non si può fare un semplice copia/incolla. Matt Owens e Steven Maeda, sotto la supervisione di Oda Sensei, hanno preso i primi quattro episodi dell’anime e li hanno condensati insieme mantenendo l’umorismo dell’opera madre e dandogli un piacevole twist con delle variazioni nella storia piuttosto interessanti. E oggettvamente si può asserire che poteva essere molto peggio.
IL PILOT VISTO DA UN NUOVO SPETTATORE
Chi ha guardato qualche puntata di One Piece su Italia1 e poi l’ha abbandonato o chi non l’ha mai visto avrà sicuramente molte domande ed una certa sorpresa in corpo. Tra gabbiani che consegnano giornali, character estremamente peculiari (Buggy il Clown, Morgan e la sua mascella metallica, Koby e i suoi capelli rosa, Zoro che maneggia tre spade di cui una in bocca) e un protagonista piuttosto naive che sogna di diventare il re dei pirati e lo continua a sbandierare ai quattro venti, questo pilot fa sicuramente parte di quello sparuto gruppo di series premiere che o si detesta subito trovandola fin troppo fanciullesca o si apprezza istantaneamente per l’assurdità di certi elementi e la diversità dei vari personaggi.
L’adattamento Netflix di One Piece ha dalla sua una fama mondiale che lo precede e che “giustifica” l’esistenza di molti fattori semplicemente per essere stati creati nel manga, quindi l’accettazione di certi elementi assurdi è molto più accettabile per lo spettatore. Va però anche dato adito sia ai costumisti che ad attori e produzione di aver compiuto un lavoro eccellente più che discreto mantenendo elementi chiave ma sviscerando la gran parte di loro di quella componente troppo assurda per essere accettata in formato live action.
IL PILOT VISTO DA UN RECENSORE
Guardando “Romance Dawn” da una prospettiva più oggettiva come se fosse un normale pilot di una serie tv, si riscontrano sia pregi che difetti ma la conta è decisamente in favore dei primi.
Innanzitutto una critica che spesso si fa è l’assenza di attori famosi che siano talmente carismatici da poter sostenere sulle proprie spalle l’intero cast, viene da pensare per esempio a Henry Cavill in The Witcher o Giancarlo Esposito in Kaleidoscope, due attori di fama internazionale circondati per lo più da un cast di attori mediocri. Da questo punto di vista One Piece non si può fregiare di avere nomi neanche lontanamente paragonabili ma, con somma sorpresa (e piacere), il cast di attori riesce nella difficilissima impresa di risultare credibili e soprattutto dimostra di avere un bel po’ di carisma scenico, elemento fondamentale per la buona riuscita di qualsiasi serie. Iñaki Godoy, Emily Rudd e (soprattutto) Mackenyu si riescono a scrollare di dosso qualsiasi pregiudizio maturato prima e dopo la visione del trailer, ed è piacevolissimo vedere sia la chimica sul set che la resa televisiva anche nelle scene d’azione.
Proprio i combattimenti, spesso non eccelsi visti in altre serie, sono uno dei punti forti di questo pilot: ben coreografati, assurdi quanto basta per rendere forti ma non invincibili i tre membri della futura ciurma e, soprattutto, con una CGI non indecente. Certo, qualcuno potrebbe lamentarsi che alcune scene con Luffy/Rufy/Rubber (qualsiasi sia il modo in cui si preferisce chiamarlo) non siano impeccabili, però anche l’essere fatto di gomma non è uno di quei poteri che può essere preso troppo sul serio (coff coff, Gear 5, coff coff), quindi anche se ci sono margini di miglioramento ci si può considerare più che soddisfatti.
Last but not least, è necessario trattare un elemento che è molto importante ma di cui spesso ci si dimentica: la soundtrack. L’importanza della musica che accompagna ogni scena è un elemento fondamentale in tutto l’episodio e aiuta lo spettatore ad “accettare” momenti ironici/assurdi mentre ne enfatizza molti altri. L’epicità che ne deriva in certe scene, vedasi quella iniziale con l’esecuzione del defunto Re Dei Pirati, ripaga completamente l’investimento iniziale.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Netflix, Matt Owens e Steven Maeda potevano fallire in moltissimi modi e invece hanno evitato (per ora) la stragrande maggioranza degli errori insiti in questa trasposizione. La prova del fuoco arriverà con i prossimi episodi ma per ora ci si può definire piuttosto soddisfatti, sia che si sia fan, sia che si sia un nuovo spettatore che si approccia per la prima volta all’universo creato da Eiichiro Oda.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.