Nel corso dei primi due “goffi” episodi di questa nuova stagione di Your Honor, ci si è più volte lamentati del particolarmente intricato – e decisamente non necessario – lavoro di ridefinizione dello show stesso, oltre che degli sforzi, dai risultati piuttosto discutibili, fatti per intrecciare alla bell’e meglio i fili della trama della stagione precedente allo scopo di creare un legame con un secondo arco narrativo chiaramente non previsto. Non può più quindi trattarsi semplicemente della caduta in disgrazia di un giudice un tempo considerato rispettabile, l’interesse calerebbe drasticamente dopo un paio di settimane, e raggiungere il decimo episodio sarebbe un’impresa a dir poco impossibile. E allora, come fare per allungare il brodo senza annoiare a morte lo spettatore? La risposta, naturalmente, risiede nella dimensione gangster rimasta soltanto sullo sfondo nel corso della prima stagione.
Seguendo quindi la scia di altri show coevi, quali ad esempio Godfather Of Harlem, tanto per citarne uno ricominciato da poco, lo show sembra voler puntare tutto sulla scena criminale di New Orleans, tra gangster in costante lotta per la supremazia, funzionari pubblici corrotti e persone (relativamente) innocenti coinvolte nei loro affari loschi. Il terzo episodio, in tal senso, compie notevoli progressi nello stabilire una nuova identità, anche abbastanza convincente, per lo show e lo fa, in parte, ricordando allo spettatore il momento da cui il dramma ha avuto inizio, e mettendo nuovamente a confronto il racconto di due padri che, a modo loro, hanno combattuto per i loro figli a costo di perdere tutto.
MICHAEL E IL SUO PECCATO ORIGINALE
La scena chiave di questo tredicesimo atto, arriva proprio verso la fine dell’episodio, quando Michael, seduto al bar dell’hotel dei Baxter viene individuato da Jimmy, il quale scende per porgergli i suoi “omaggi”. Jimmy è già di pessimo umore per altre ragioni legate ad affari e problemi coniugali, ma senza dubbio la prima domanda che sorge nella sua mente è come abbia fatto l’ex giudice ad uscire di prigione così in fretta. Senza poi contare i contatti avuti con la figlia Fia, attualmente unico membro della famiglia Baxter con un’indole buona e ragionevole.
Jimmy, da buon gangster di classe, non è propenso a mostrare la sua rabbia in uno spazio pubblico, principalmente perché deve apparire come un leader rispettabile della comunità, in quanto intenzionato a comprare acri di terreno prezioso facendo proprio leva sulla sua doppia reputazione da criminale/filantropo, e quindi ascolta pazientemente l’uomo mantenendo un velato tono minaccioso dal quale traspare tutto l’odio e il risentimento nei confronti del suo interlocutore.
Nel corso di questo ben poco amichevole scambio di battute, Michael riflette sul suo peccato originale, ovvero quando, arrivato insieme ad Adam alla stazione di polizia con l’intenzione di costituirsi, decise di fare dietrofront rendendosi conto dell’identità del ragazzo ucciso dal figlio. Si chiede cosa sarebbe successo se si fosse fatto avanti come previsto e avesse detto la verità, e Jimmy si fa beffe della sua domanda allo scopo, probabilmente, di torturarlo emotivamente facendo crescere ulteriormente il senso di colpa per la morte del figlio. La cosa più interessante, però, sta nell’interessante lettura di Jimmy rispetto alle reali motivazioni che avrebbero guidato le azioni di Michael: a suo avviso, infatti, l’ex giudice non avrebbe lasciato la stazione di polizia poiché temeva per la vita di Adam, bensì perché la sua presenza alla centrale gli avrebbe dato una scusa per fare ciò che aveva in mente di fare fin dall’inizio, ovvero coprire l’incidente e farla franca senza che vi fosse alcuna conseguenza per lui o per suo figlio. Dopotutto, questa non sarebbe la prima volta che una persona in una posizione privilegiata usa la propria influenza per mantenere il suo status sociale, e Michael ha dimostrato di essere corruttibile nelle giuste circostanze, nonostante la sua reputazione di integerrimo dispensatore di giustizia.
IN PRATICA UNO SPIN-OFF IN SALSA GANGSTER
Parallelamente, molte altre cose accadono, alcune ancora in fase di incubazione, come ad esempio il segmento dedicato a Olivia e Nancy, che ancora giocano a fare cane e gatto nella tradizione classica dei due sbirri che non vanno d’accordo ma che finiranno per collaborare in nome del bene superiore, e altre invece già entrate nel vivo dell’azione, come la parte dedicata a Little Mo e Eugene, che giunge ad una svolta, anche qui abbastanza classica, con la rissa finita male tra criminali in disaccordo e il malloppo, che serve a Big Mo per il suo nightclub, in mano alla persona al momento meno indicata per avere a che fare con un mucchio di soldi non suoi.
Per il momento ciò che tiene ancora vivo lo show, oggettivamente parlando, è la presenza scenica del duo Bryan Cranston-Michael Stuhlbarg, che da soli risultano in grado di reggere lo scomodo peso di questa non richiesta seconda stagione. La debolezza delle vicende sullo sfondo, almeno per il momento, non aiuta nel processo di (ri)fidelizzazione dello spettatore, che molto probabilmente mollerà la stagione in corso d’opera se le vicende sullo sfondo non cominceranno a regalare qualcosa di peculiare al pubblico più vorace, oramai abituato agli stilemi di genere mostrati fin qui e ben poco diversi rispetto a qualsiasi altro show dello stesso tipo. Insomma, non il peggior telefilm attualmente in circolazione, ma neanche il più interessante se si guarda al genere gangster/crime.
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Your Honor non è più lo show che era stato nella prima stagione – a prescindere che si sia apprezzato o meno il finale – ma il lavoro di rattoppamento fatto per spremere un secondo arco narrativo sta finalmente iniziando a dare i suoi frutti a livello di trama. Resta comunque un secondo atto non necessario ma, se lo si considera come una sorta di spin-off, allora il lavoro fatto in questo terzo appuntamento stagionale può definirsi pienamente sufficiente.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.