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“Gallaghers.”
Il miglior episodio della stagione coincide anche con il momento che tutti aspettavamo: il ritorno dello spirito della caratteristica e particolare unione familiare, da sempre alla base dello show, e che fino a questo “Uncle Carl” era stato lasciato un pò troppo in stand by. Certo, non è che gli autori siano degli auto-lesionisti o dimentichi dei punti di forza della loro stessa creatura. Evidentemente, serviva del tempo per sviluppare le diverse, ed eccessivamente separate, storyline. Serviva tempo per poter arrivare alla loro tanto attesa quanto magnifica ricongiunzione, nella nostalgica “rimpatriata” consumatasi nel distretto di polizia di Chicago. Se nella scorsa recensione lamentavamo, quindi, una certa mancanza di mordente, possiamo adesso ritenerci più che accontentati. Al grido dell’ “I missed you, guys” che lo stesso Ian rivolge ai fratelli, oltre all’annuncio di Fiona del proprio ritorno a casa, Shameless conclude il suo lungo cammino di nuovo inizio, paradossalmente, ripescando l’atmosfera delle origini, o almeno, la sua componente principale, quel cameratismo domestico con cui in principio i Gallaghers sembravano riuscire a superare qualsiasi avversità. E al momento, tra la (probabile) fine del matrimonio di Fiona e la più drammatica malattia di Ian, è necessaria più che mai.
E’ stato un lungo percorso, che forse va avanti da più tempo di quanto possiamo immaginare. Già nella stagione passata, d’altronde, l’evento di maggior crisi all’interno di casa Gallagher, la quasi-morte di Liam, registrava la totale estraneità ai fatti dello stesso Ian, oltre ovviamente alla temporanea distanza tra Lip e Fiona. A questo punto, se dobbiamo riconoscere, procedendo ancor più indietro, nella fine della terza stagione, tra Lip che si trasferisce al college, la fuga di Ian e lo scatenarsi della malattia di Frank, l’inizio di tale percorso di allontanamento, possiamo individuare negli ultimi sviluppi la necessaria e confortante svolta. Dopotutto, se sempre due anni fa lo show si chiudeva con la partenza per lidi ignoti di Steve/Jimmy/Jack, la sua recente, quanto inspiegabile, presenza (con tanto di successiva ripartenza) può essere alla fine eretta a simbolo della chiusura del cerchio, oltre che godere finalmente di un senso (esattamente come avevamo previsto).
Proprio il personaggio di Lip riuscirebbe a sintetizzare in pieno un’ottica del genere. Fin dalla première, la sua mancanza d’identità, in bilico tra la vita e i problemi del South Side e le speranze e le ambizioni che il college e la fidanzata (e famiglia) gli hanno mostrato di poter raggiungere, hanno fatto sì che il “Will Hunting” dello show restasse un pò troppo ai margini, o, perlomeno, meno coinvolto dalle vicende principali (in molti gli lamento la ramanzina a Mickey, quando lui stesso sembra aver sottovalutato la malattia di Ian). Eppure, coerentemente alla trama generale, tutto acquista un notevole e commovente significato. Anche qui, abbiamo dovuto aspettare tanto per ascoltare parole così dure e sincere, ma alla fine della fiera, ne è valsa sicuramente la pena.
Il monologo/supplica fatto al funzionario dell’università risulta talmente intenso e memorabile che meriterebbe di essere interamente riportata. L’incredibile e convincente performance dell’attore Jeremy Allen White esprime tutto il realismo e la drammaticità che lo show da sempre si prefigge di rappresentare, ricordandoci (proprio quando stavamo per abbandonare le speranze all’avvento del “classico” declino) perché riteniamo Shameless tanto al di sopra di innumerevoli colleghi.
Debbie e Carl ci ricordano, in modalità differenti, che tutti i loro ripetuti traumi e le infinite difficoltà possiedono un’unica e insindacabile origine: Frank e Monica. Non è un caso se assistiamo lo stesso Frank chiedere, incredulo, se la propria figlia si è sposata sul serio, e perchè non è mai stato invitato, con un significativo “what do you cares?” di risposta. Come, ancora, non è un caso che, dopo l’arresto del figlio, mentre il resto della famiglia si catapulta alla centrale, lo vediamo canticchiare allegramente all’Alibi, gongolandosi della riuscita del proprio piano. La sensazione di un definitivo e cruciale punto di rottura è reso palese innanzitutto dalla matura quanto inaspettata consapevolezza di Debbie nel toccante discorso che fa a Micky Milkovich, paragonando la sua situazione a quella dei propri genitori, palesando la fine della sua adolescenza, tema centrale della sua sottotrama da praticamente due stagione. Nel tentativo di rimediare all’errore fatto nel non monitorare il fratello, infatti, sembra quasi rappresentato tutto il suo faticoso passaggio all’età adulta, dall’ingenua (quanto irresistibile) recita all’ospedale fino alla già citata ramanzina fatta al “cognato”.
Ma se Debbie, già dall’anno scorso, per Frank poteva considerarsi pressoché perduta, non valeva la stessa cosa per Carl, ultimo figlio (a parte Liam) che ancora sembrava contare, a modo suo, sulla deprecabile figura genitoriale. Fino all’episodio che, forse non tanto casualmente, vede il suo nome nel titolo. Il “rite of passage” arriva anche per lui, tradito quasi clamorosamente da Frank, dopo un periodo di complicità che durava ormai da più stagione. In quella scorsa, di fatto, era lui che, insieme al padre, la chiudeva, in una scena che sembrava un vero e proprio “passaggio”, appunto, di testimone, Invece lo ritroviamo a correre, in fuga dalla polizia, e, simbolicamente, dall’attaccamento al genitore e verso le responsabilità dell’età adulta, proprio come Debbie.
Trattandosi in fondo di un episodio corale, però, la corsa di Carl segue, pur con scopi diversi, quella precedente di Fiona, in una possibile, e deliziosa, auto-citazione. Come abbiam detto sopra, l’addio, forse, definitivo di Steve/Jimmy/Jack chiude sì il macro-cerchio generale nello show, ma anche quello più ristretto della vita della ragazza, ora pronta finalmente a impegnarsi. Ma Shameless, lo sappiamo, è crudele fino al midollo, o, meglio, è reale. Perchè, alla fine, se in una coppia, uno dei due ha avuto la propria epifania, non è detto che, di conseguenza, varrà la stessa cosa per il partner. E, quindi, forse Fiona, così come Carl o Debbie, sta correndo verso la medesima destinazione dei suoi fratelli, tra quelle mura pericolanti del ghetto di Chicago, lì dove tutti insieme hanno lottato per anni, da soli, e dove per un bel pò di tempo si sono allontanati, per poi ritrovarsi. Insomma, dai Gallaghers.
Il miglior episodio della stagione coincide anche con il momento che tutti aspettavamo: il ritorno dello spirito della caratteristica e particolare unione familiare, da sempre alla base dello show, e che fino a questo “Uncle Carl” era stato lasciato un pò troppo in stand by. Certo, non è che gli autori siano degli auto-lesionisti o dimentichi dei punti di forza della loro stessa creatura. Evidentemente, serviva del tempo per sviluppare le diverse, ed eccessivamente separate, storyline. Serviva tempo per poter arrivare alla loro tanto attesa quanto magnifica ricongiunzione, nella nostalgica “rimpatriata” consumatasi nel distretto di polizia di Chicago. Se nella scorsa recensione lamentavamo, quindi, una certa mancanza di mordente, possiamo adesso ritenerci più che accontentati. Al grido dell’ “I missed you, guys” che lo stesso Ian rivolge ai fratelli, oltre all’annuncio di Fiona del proprio ritorno a casa, Shameless conclude il suo lungo cammino di nuovo inizio, paradossalmente, ripescando l’atmosfera delle origini, o almeno, la sua componente principale, quel cameratismo domestico con cui in principio i Gallaghers sembravano riuscire a superare qualsiasi avversità. E al momento, tra la (probabile) fine del matrimonio di Fiona e la più drammatica malattia di Ian, è necessaria più che mai.
E’ stato un lungo percorso, che forse va avanti da più tempo di quanto possiamo immaginare. Già nella stagione passata, d’altronde, l’evento di maggior crisi all’interno di casa Gallagher, la quasi-morte di Liam, registrava la totale estraneità ai fatti dello stesso Ian, oltre ovviamente alla temporanea distanza tra Lip e Fiona. A questo punto, se dobbiamo riconoscere, procedendo ancor più indietro, nella fine della terza stagione, tra Lip che si trasferisce al college, la fuga di Ian e lo scatenarsi della malattia di Frank, l’inizio di tale percorso di allontanamento, possiamo individuare negli ultimi sviluppi la necessaria e confortante svolta. Dopotutto, se sempre due anni fa lo show si chiudeva con la partenza per lidi ignoti di Steve/Jimmy/Jack, la sua recente, quanto inspiegabile, presenza (con tanto di successiva ripartenza) può essere alla fine eretta a simbolo della chiusura del cerchio, oltre che godere finalmente di un senso (esattamente come avevamo previsto).
Proprio il personaggio di Lip riuscirebbe a sintetizzare in pieno un’ottica del genere. Fin dalla première, la sua mancanza d’identità, in bilico tra la vita e i problemi del South Side e le speranze e le ambizioni che il college e la fidanzata (e famiglia) gli hanno mostrato di poter raggiungere, hanno fatto sì che il “Will Hunting” dello show restasse un pò troppo ai margini, o, perlomeno, meno coinvolto dalle vicende principali (in molti gli lamento la ramanzina a Mickey, quando lui stesso sembra aver sottovalutato la malattia di Ian). Eppure, coerentemente alla trama generale, tutto acquista un notevole e commovente significato. Anche qui, abbiamo dovuto aspettare tanto per ascoltare parole così dure e sincere, ma alla fine della fiera, ne è valsa sicuramente la pena.
Il monologo/supplica fatto al funzionario dell’università risulta talmente intenso e memorabile che meriterebbe di essere interamente riportata. L’incredibile e convincente performance dell’attore Jeremy Allen White esprime tutto il realismo e la drammaticità che lo show da sempre si prefigge di rappresentare, ricordandoci (proprio quando stavamo per abbandonare le speranze all’avvento del “classico” declino) perché riteniamo Shameless tanto al di sopra di innumerevoli colleghi.
Debbie e Carl ci ricordano, in modalità differenti, che tutti i loro ripetuti traumi e le infinite difficoltà possiedono un’unica e insindacabile origine: Frank e Monica. Non è un caso se assistiamo lo stesso Frank chiedere, incredulo, se la propria figlia si è sposata sul serio, e perchè non è mai stato invitato, con un significativo “what do you cares?” di risposta. Come, ancora, non è un caso che, dopo l’arresto del figlio, mentre il resto della famiglia si catapulta alla centrale, lo vediamo canticchiare allegramente all’Alibi, gongolandosi della riuscita del proprio piano. La sensazione di un definitivo e cruciale punto di rottura è reso palese innanzitutto dalla matura quanto inaspettata consapevolezza di Debbie nel toccante discorso che fa a Micky Milkovich, paragonando la sua situazione a quella dei propri genitori, palesando la fine della sua adolescenza, tema centrale della sua sottotrama da praticamente due stagione. Nel tentativo di rimediare all’errore fatto nel non monitorare il fratello, infatti, sembra quasi rappresentato tutto il suo faticoso passaggio all’età adulta, dall’ingenua (quanto irresistibile) recita all’ospedale fino alla già citata ramanzina fatta al “cognato”.
Ma se Debbie, già dall’anno scorso, per Frank poteva considerarsi pressoché perduta, non valeva la stessa cosa per Carl, ultimo figlio (a parte Liam) che ancora sembrava contare, a modo suo, sulla deprecabile figura genitoriale. Fino all’episodio che, forse non tanto casualmente, vede il suo nome nel titolo. Il “rite of passage” arriva anche per lui, tradito quasi clamorosamente da Frank, dopo un periodo di complicità che durava ormai da più stagione. In quella scorsa, di fatto, era lui che, insieme al padre, la chiudeva, in una scena che sembrava un vero e proprio “passaggio”, appunto, di testimone, Invece lo ritroviamo a correre, in fuga dalla polizia, e, simbolicamente, dall’attaccamento al genitore e verso le responsabilità dell’età adulta, proprio come Debbie.
Trattandosi in fondo di un episodio corale, però, la corsa di Carl segue, pur con scopi diversi, quella precedente di Fiona, in una possibile, e deliziosa, auto-citazione. Come abbiam detto sopra, l’addio, forse, definitivo di Steve/Jimmy/Jack chiude sì il macro-cerchio generale nello show, ma anche quello più ristretto della vita della ragazza, ora pronta finalmente a impegnarsi. Ma Shameless, lo sappiamo, è crudele fino al midollo, o, meglio, è reale. Perchè, alla fine, se in una coppia, uno dei due ha avuto la propria epifania, non è detto che, di conseguenza, varrà la stessa cosa per il partner. E, quindi, forse Fiona, così come Carl o Debbie, sta correndo verso la medesima destinazione dei suoi fratelli, tra quelle mura pericolanti del ghetto di Chicago, lì dove tutti insieme hanno lottato per anni, da soli, e dove per un bel pò di tempo si sono allontanati, per poi ritrovarsi. Insomma, dai Gallaghers.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nel miglior episodio della stagione, Shameless ritrova la propria formula vincente. Nella “dramedy” per eccellenza, tra commozione e risate. appunto, i Gallagher si ritrovano finalmente uniti, chiudendo magistralmente un simbolico cerchio avviato da almeno due stagioni. Adesso, non resta che sperare che stavolta duri a lungo.
Tell Me You Fucking Need Me 5×07 | 1.44 milioni – 0.6 rating |
Uncle Carl 5×08 | 1.60 milioni – 0.7 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.