Sneaky Pete 1×10 – The Longest DayTEMPO DI LETTURA 7 min

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“All’inizio devi pazientare un po’, ma poi vedrai che ti prende.”

Quante volte abbiamo detto questa frase ad un amico, un familiare, uno sconosciuto in autobus, nell’atto di consigliare una qualsiasi serie tv? Chiunque prima o poi ha pronunciato o pronuncerà la fatidica frase, mettendo le mani avanti, quasi come se la serie consigliata fosse stata realizzata da lei/lui stessa/o.
Insomma, accade tante volte riguardo serie del recente passato. Serie per lo più concluse o che hanno una certa “anzianità” televisiva.
Ma occorre sempre ricordare che si è in un momento di tale evoluzione seriale, dove è anche scorretto parlare di “televisione” e di “serie tv” per evidenti motivi di fruizione dei vari prodotti proposti. Lo abbiamo ripetuto innumerevoli volte: Netflix e Amazon hanno contribuito a questa rivoluzione, se non ne sono stati i protagonisti totali. La creazione delle loro serie passa quindi da una diversa aspettativa dello spettatore e per lo spettatore: la serie dovrà essere monolitica, perfetta dall’inizio alla fine. Il pilot di turno dovrà essere più d’effetto del season finale: lo spettatore deve immergersi nel binge watching da subito. Se arriva all’episodio finale, vuol dire che il compito è compiuto, tanto è vero che siamo lontani anni luce dai cliffhanger stratosferici di serie broadcast, utili soltanto nel creare il collante con la stagione successiva e la voglia di proseguire per lo spettatore.
Tutto questo per dire che Sneaky Pete, con questa sua prima stagione, è la serie del “all’inizio devi pazientare un po’“. Lo abbiamo visto con i primi episodi in cui il lunghissimo tempo di produzione della serie, dovuto anche a cambi alla guida del progetto (con conseguenti stonature stilistiche tra la 1×01 e le seguenti), poneva Sneaky Pete in quel calderone di serie da guardare quasi con un filo di tenerezza. Quelle serie che a più di tanto non potranno mai arrivare semplicemente perché per ogni situazione buona corrisponde una qualche ingenuità o forzatura.
Cosa ha determinato però questa evoluzione, nell’arco della stagione? Indubbiamente la lenta definizione del genere di cui Sneaky Pete si fa portatore. I primi episodi illudono lo spettatore, facendogli credere di trovarsi di fronte a uno pseudo-family drama con l’arricchimento dello scambio di persona e un lontano sentore di criminosità. Sneaky Pete ha semmai il vago sentore di family drama ma in un contesto in cui la truffa la fa da padrona. Ci viene detto sommessamente a inizio serie che Marius è un truffatore, ma si viene portati a non mettere la cosa in primo piano. Le questioni importanti sono altre.
Alla fine della stagione, con il cliffhanger finale che apre totalmente a una nuova storia – sempre legata alla famiglia Bernhardt ovviamente – lo spettatore salta sulla sedia, perché ormai assuefatto dal nuovo marchio di riconoscimento che la serie ha lentamente presentato: la truffa. E quegli 11 milioni della mamma di Pete sono un boccone troppo grosso da lasciarsi sfuggire.
Con Orange Is The New Black chiunque potrebbe intuire il contesto della serie, solo guardandone una locandina, per quanto riguarda House Of Cards occorre lo sforzo di leggere la sinossi della serie per intuirne lo scenario. In Sneaky Pete, prima di avere chiaro il quadro della situazione, occorre aspettare gli ultimi episodi della prima stagione, in particolar modo “The Longest Day” con la sua struttura che richiama a ben altri classici di genere, come ad esempio…

“Sono ventimila, vecchio, paga!”
“Ecco le ventimila!”
(da “Il Vecchio Conio” di Rupert Sciamenna)

Le quasi-trame verticali dei primi episodi sembrano lontane anni luce dall’evoluzione clamorosa di questi soli 10 episodi. Con diffidenza e lo snobismo di chi crede di aver capito tutto avevamo individuato nell’enorme molteplicità di sottotrame una mole troppo grande di informazioni da gestire, più che per gli spettatori, per gli sceneggiatori. Quando poi, però, dalla molteplicità si riesce a semplificare il tutto in due soli tronconi narrativi, allora il risultato non può che essere vincente.
Alla fine di questo season finale non riusciamo a trovare altri contesti che non siano quello newyorchese, con Vince e tutta la vita reale di Marius, e quello di Bridgeport, con la famiglia del povero, ignaro e ancora carcerato Pete. Ognuno di questi due blocchi ha dalla sua delle grane molto simili, con Marius punto di intersezione.
E questo ci porta all’interessante concetto di moralità che la serie propone. Nel primo episodio l’impressione era dettata dal contrasto: personaggio losco di città – famiglia buona di campagna.
Il culmine raggiunto da “The Longest Day” porta ad un livellamento delle due realtà. Tanto è vero che alla fine Audrey riconosce in Pete/Marius un membro della loro famiglia – toppando clamorosamente – semplicemente perché simile a loro. Quella che all’alba della 1×07 sembrava una rivelazione, ovvero che Pete era un criminale, si rivela come la possibilità di rivelare la moralità non proprio ortodossa della famiglia intera. Julia alla fine entra in combutta con Chayton per un riciclaggio di denaro, su Audrey e Otto inutile soffermarsi, Taylor inquina decisamente la scena di un delitto, persino Carly continua a dilettarsi con il taccheggio (e all’inizio sembrava lei la pecora nera…).
Appare quindi ovvio che la scoperta della vera identità di Marius costituirà il segreto ultimo della serie, oppure un punto di svolta per un altro status quo che potrà in futuro assumere la serie. Nel frattempo c’è tutto il tempo del mondo per far scoprire numerosissimi altarini sulla famiglia Bernhardt.

“I’m tired.”
“Of course you are.”

“The Longest Day” è un episodio atipico rispetto ai precedenti nove che costituivano la preparazione alla resa dei conti con Vince di questo decimo capitolo.
Se c’è ancora spazio per la spettacolarità esente da critiche non si può non menzionare l’intera sequenza, cuore dell’episodio, in cui Marius&co. mettono in atto la grande truffa. Un occhio attento e critico potrebbe trovare tantissime falle nell’intera sezione ma tale è la spettacolarità che colpisce lo spettatore, oltre alla velocità nell’elencare a posteriori tutti i dettagli del piano, che si viene totalmente travolti dagli eventi, senza voler aggiungere altro o muovere obiezioni di alcun tipo. Sulla plausibilità dell’intera truffa non occorre neanche porsi la questione. Sneaky Pete ha creato un climax portato magnificamente a compimento in questo episodio e si è immerso in un genere (non immediatamente, come abbiamo visto) in cui trovate simili sono permesse.
Ogni tanto non fa male godere anche un po’ anche di quel pizzico di sana ignoranza che rende il tutto più piccante.
Piccante esattamente come il finale, quando tutte le aspettative degli ultimi 20-30 minuti vengono prese e buttate al secchio. Fino alla scena finale del rapimento, infatti, era lecito pensare a Sneaky Pete come a una specie di serie antologica, dove ogni stagione ha una sua trama nettamente staccata dalla precedente, senza connessione alcuna. Sarebbe sì rimasto un collegamento con la famiglia Bernhardt, in quanto questa rappresenta una grande porzione della storia, ma il centro della prossima stagione sarebbe stato il Marius truffatore che abbiamo imparato a ben conoscere nella progressione della prima stagione. Ci sarebbe stato da aspettarsi una seconda stagione quasi come un sequel cinematografico.
L’inserimento finale di un elemento di trama sempre sfiorato ma mai affrontato (il reato del vero Pete), accennando ad un personaggio mai comparso (la madre di Pete), fa pensare ad una macrostoria precedentemente concepita, da sciogliere nell’arco di più stagioni. Non può questo indizio che essere considerato come una eccellente garanzia.
Quasi un deposito su cauzione fino all’uscita della seconda stagione.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’intera sequenza della truffa
  • Il finale
  • Definizione graduale del genere della serie
  • Un ottimo Giovanni Ribisi
  • Nei due rapitori finali c’è una vecchia conoscenza per i reduci vecchi fan di Dexter
  • Ottime prospettive per la prossima stagione
  • Chiunque è libero di trovarne ma, a fronte dei progressi di questi 10 episodi, chi se ne frega

 

Sneaky Pete sforna il suo personalissimo kolossal nel finale, premiando chiunque abbia avuto fede e fiducia di soprassedere alla perplessità dei primi episodi, pazientando anche per alcuni disguidi iniziali (un giorno si riderà delle pseudo trame verticali dei primissimi episodi) soprattutto alla luce del fatto che, per ammissione dello stesso Cranston, Sneaky Pete all’inizio era stato concepito come un procedurale. Miglior decisione di cambiare non fu mai presa.

 

The Turn 1×09 ND milioni – ND rating
The Longest Day 1×10 ND milioni – ND rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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