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Il momento tanto atteso (e temuto) è finalmente arrivato: ha fatto la sua prima apparizione sullo schermo, se si eccettuano i flashback delle scorse puntate, la versione Discovery di Spock. E inevitabilmente questo finisce per calamitare buona parte del discorso sul modo in cui è stato gestito il più noto e amato personaggio dell’universo Trek, in un episodio che pure gioca con lo spaziotempo e porta avanti una storyline dedicata a Pike e a Tyler, per dare giustamente spazio a due figure che finora nella stagione, nonostante un’entrata in scena roboante, hanno fatto poco e niente. La disavventura del capitano e dell’ibrido uomo-Klingon nella distorsione temporale, che a un certo punto assume persino un sapore verniano (per via dell’attacco di una sonda-calamaro degno di Ventimila leghe sotto i mari), permette di cementare il rapporto fra i due “galletti del pollaio” e nel contempo di lanciare un’ombra tutt’altro che positiva sull’Angelo Rosso, trasformatosi da presenza mistica e quasi religiosa dei primi episodi in qualcosa di molto più terreno e ambiguo, forse persino minaccioso e ostile. In verità, è ancora presto per dire se le paranoie di Tyler e della sezione 31 siano fondate o meno, ma come si suol dire “non è tutto oro quel che luccica” e un angioletto svolazzante nello spazio e nel tempo potrebbe davvero essere meno altruista di quanto ipotizzato all’inizio della stagione.
Ma la portata principale di “Light and Shadows”, lo si è detto, riguarda Spock, interpretato da un Ethan Peck su cui al momento è difficile esprimere valutazioni recitative: dopotutto, giudicare se il nuovo attore sia un degno erede di Leonard Nimoy richiederà qualcosa di più che ripetere ossessivamente qualche sequenza di numeri apparentemente casuale (in realtà coordinate per Talos IV, una vecchia conoscenza dei trekker) e qualche principio di logica vulcaniana. E anche per quanto riguarda il personaggio fittizio, lasciarsi andare a giudizi perentori è precoce: la nuova versione dell’alieno dalle orecchie a punta più amato di sempre disorienta e non poco, quando si è ormai abituati al serafico e placido ufficiale scientifico della USS Enterprise che dispensa pillole di saggezza e contempla l’impulsività e i sentimenti umani con aplomb vulcaniano, e anche l’accenno alle difficoltà di apprendimento che Spock avrebbe sperimentato da bambino, se da un lato non è un’aggiunta così insensata (del resto è per metà umano) dall’altro potrebbe rivelarsi un passo falso inutile, un maldestro tentativo di umanizzare un personaggio che non ne ha bisogno. Giocare con figure storiche non è mai una mossa saggia: ci vuole poco per esasperare i fan più accaniti, il rischio retcon è sempre dietro l’angolo e in generale è difficile trovare un giusto equilibrio tra personale creazione e rispetto dei caratteri di un personaggio ideato da altri. In questo senso, la scelta di incentrare la narrazione su Spock potrebbe rivelarsi una scelta suicida, soprattutto se si considera che Star Trek: Discovery è in diretta continuity (almeno così ci hanno sempre detto) con il resto della saga televisiva e la scappatoia della dimensione alternativa con cui potevano giocare i film di J. J. Abrams non è contemplata.
Ovviamente, l’entrata in scena di Spock non può prescindere dalla reunion dell’intera famigliola sui generis su Vulcano, ghiotta occasione per gettare un rapido sguardo sulle dinamiche interne a casa Sarek e assistere allo scontro, pacato e tuttavia intenso, tra l’atteggiamento maternamente protettivo dell’umana Amanda e quello freddamente logico, ma non meno protettivo del di lei marito. Forse è proprio il vulcaniano a colpire di più, perché dietro la sua decisione di consegnare il figlio biologico vi è l’esplicita volontà di salvaguardare quantomeno la carriera di Michael, che pure non ha nessun legame di sangue con lui e quindi, in teoria, potrebbe essere sacrificabile.
Ma la portata principale di “Light and Shadows”, lo si è detto, riguarda Spock, interpretato da un Ethan Peck su cui al momento è difficile esprimere valutazioni recitative: dopotutto, giudicare se il nuovo attore sia un degno erede di Leonard Nimoy richiederà qualcosa di più che ripetere ossessivamente qualche sequenza di numeri apparentemente casuale (in realtà coordinate per Talos IV, una vecchia conoscenza dei trekker) e qualche principio di logica vulcaniana. E anche per quanto riguarda il personaggio fittizio, lasciarsi andare a giudizi perentori è precoce: la nuova versione dell’alieno dalle orecchie a punta più amato di sempre disorienta e non poco, quando si è ormai abituati al serafico e placido ufficiale scientifico della USS Enterprise che dispensa pillole di saggezza e contempla l’impulsività e i sentimenti umani con aplomb vulcaniano, e anche l’accenno alle difficoltà di apprendimento che Spock avrebbe sperimentato da bambino, se da un lato non è un’aggiunta così insensata (del resto è per metà umano) dall’altro potrebbe rivelarsi un passo falso inutile, un maldestro tentativo di umanizzare un personaggio che non ne ha bisogno. Giocare con figure storiche non è mai una mossa saggia: ci vuole poco per esasperare i fan più accaniti, il rischio retcon è sempre dietro l’angolo e in generale è difficile trovare un giusto equilibrio tra personale creazione e rispetto dei caratteri di un personaggio ideato da altri. In questo senso, la scelta di incentrare la narrazione su Spock potrebbe rivelarsi una scelta suicida, soprattutto se si considera che Star Trek: Discovery è in diretta continuity (almeno così ci hanno sempre detto) con il resto della saga televisiva e la scappatoia della dimensione alternativa con cui potevano giocare i film di J. J. Abrams non è contemplata.
Ovviamente, l’entrata in scena di Spock non può prescindere dalla reunion dell’intera famigliola sui generis su Vulcano, ghiotta occasione per gettare un rapido sguardo sulle dinamiche interne a casa Sarek e assistere allo scontro, pacato e tuttavia intenso, tra l’atteggiamento maternamente protettivo dell’umana Amanda e quello freddamente logico, ma non meno protettivo del di lei marito. Forse è proprio il vulcaniano a colpire di più, perché dietro la sua decisione di consegnare il figlio biologico vi è l’esplicita volontà di salvaguardare quantomeno la carriera di Michael, che pure non ha nessun legame di sangue con lui e quindi, in teoria, potrebbe essere sacrificabile.
Ma la parentesi su Vulcano è breve e nella scena successiva siamo già sulla nave della famigerata Sezione 31, dove si svolge una nuova pantomima che ha i suoi protagonisti, oltre che nella solita Michael, in Leland e nella Georgiou. Se non sorprende più di tanto che l’ex-imperatrice dia un’inaspettata mano alla nostra eroina, perché ricordiamo che nell’universo specchio era la madre adottiva dell’alter ego mirror di quest’ultima, è decisamente inaspettato il colpo di scena che riguarda il misterioso (e finora assai marginale) comandante della Sezione 31, che si rivela essere collegato nientemeno che alla morte dei genitori naturali della Burnahm. ¡Ay, caramba! Sia chiaro, chi scrive non ha la sfera di cristallo e non sa dove porterà questa ennesima trovata di Kurtzman e della sua cricca, ma viene spontaneo chiedersi se una serie che dovrebbe parlare di spazio, di nuovi mondi, di grandi temi abbia bisogno di tutto questo inutile, forzato e raffazzonato dramma. Peraltro, più dramma incentrato su Michael Burnham significa più smorfie di Sonequa Martin-Green, e la cosa non è affatto positiva.
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L’episodio segnato dall’entrata in scena di Spock non raggiunge grandi picchi di bruttezza, ma nemmeno fa gridare al capolavoro. Il nuovo ritratto del vulcaniano per ora disorienta e alimenta più che legittimi dubbi sul modo in cui il personaggio sarà gestito, mentre l’interprete prescelto non ha ancora mostrato un decimo della presenza scenica del compianto Nimoy; ma siamo solo agli inizi, toccherà agli autori della serie e a Ethan Peck dimostrare se si tratta di paure infondate o meno.
The Sounds Of Thunder 2×06 | ND milioni – ND rating |
Light And Shadows 2×07 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.