0
(0)
“La S, la U, la B poi la U, la doppia R ed infine la A| l’anima oscura di questa città| tutto è uguale a 2000 anni fa…”
Tutto è uguale a 2000 anni fa nella Roma dei criminali. Questa è la narrazione che le produzioni seriali dedicate al tema hanno perpetuato nell’immaginario collettivo. Già ai tempi di Romanzo Criminale qualcuno controbatteva ai sogni egemonici del Libanese con “sta città non se la piglierà mai nessuno perché Roma nun vole capi.” Eppure la città dei sette re e dei sette colli non smette di instillare in giovani e famelici criminali di periferia l’idea che proprio loro riusciranno a spuntarla e a “governare” la Capitale. Anche se lo sanno pure i sanpietrini che per amministrare Roma non bastano “le carte o le pistole” la new entry di stagione – incrocio tra Vanna Marchi e Sally Spectre – ci tiene a ribadire il concetto: Roma si governa col potere. “L’impicci” che il Samurai gestiva si reggevano su un delicato equilibrio che i due rampolli degli Adami e Anacleti dovranno imparare a gestire. Non sono però soli in questa impresa. Oltre alla commercialista, altri due personaggi femminili sembrano aver guadagnato velocemente terreno: le compagne dei protagonisti.
“Ce pensi mai che la vita tua dipende da dove nasci? Che se nasci in un posto demmerda c’avrai na vita demmerda?”
“Il futuro t’o fai da sola. Tutto il resto non conta.”
“Non lo so. Ma se nasci e cresci qui pe’ me c’hai più possibilità de esse felice.”
“Pe’ me se nasci e cresci qua c’hai solo più possibilità de esse stronzo.”
“Pe’ me se nasci e cresci qua c’hai solo più possibilità de esse stronzo.”
Angelica e Nadia continuano ad andare in “missione” insieme, probabile intento degli autori è quello di farle diventare amiche e suggellare un quadrumvirato pacifico. Mentre continuano a studiarsi, le due donne iniziano a trovare dei punti in comune. Non pare ci siano i presupposti né per un legame profondo come quello dei loro compagni né per un approfondimento dei personaggi stessi che vada oltre l’essere una donna al comando in un mondo maschilista e prepotente. Parallelamente, infatti, Aureliano e Spadino continuano a vivere la bromance della vita, scandita da piatti di pasta improvvisati e dialoghi a tratti divertenti, a tratti fin troppo smielati. Sicuramente il rapporto complesso che si è creato tra i due nelle precedenti stagioni ha trovato ora una stabilità che se, da un lato, la regola del fanservice vorrebbe intoccabile, dall’altro appare quanto mai illusoria in un mondo intriso di soldi, violenza e sotterfugi. Considerando che questa terza dovrebbe essere anche l’ultima stagione, per di più composta da soli 6 episodi, sarà difficile intaccare l’equilibrio senza stravolgere la situazione di punto in bianco. Tanto più che il finale dell’episodio prepara un ritorno di Manfredi sguinzagliato proprio contro il fratello e il suo amico.
Tolto di mezzo Samurai, la cui forza oltre che nel personaggio in sé era anche nell’espressività e nel timbro vocale di Francesco Acquaroli, le sequenze migliori non possono che essere quelle che vedono in scena Alessandro Borghi e Giacomo Ferrara. In Suburra, come accade spesso nelle serie con personaggi caratterizzati in un modo particolarmente riconoscibile e impersonati da ottimi interpreti, si arriva quasi ad identificare l’attore con il personaggio stesso. Se il discorso vale per Aureliano e Spadino non si può dire lo stesso per Cinaglia. Nonostante l’ottima prova attoriale di Nigro, il suo personaggio non riesce a farsi apprezzare (di certo non è aiutato dalla scrittura di scene totalmente inutili come quella della visita al vecchio professore). Nell’ensemble però funzionano e, infatti, la sequenza a casa del politico in cui la sua sofferenza (la “tortura” che dà il titolo all’episodio) si alterna alla spensieratezza dei due torturatori nella stanza affianco, crea un’ottima tensione scenica. Al netto, delle scelte narrative, infatti, (si è già parlato nella recensione del primo episodio della discutibile scelta di allontanarsi dal filo narrativo che dovrebbe condurre all’omonimo film), resta la costanza della qualità tecnica della serie che può apparire scontata ma non va dimenticata. A tal proposito una menzione va fatta alla colonna sonora che, in questa terza stagione, porta la firma del Piotta, che ha inciso un disco di tracce appositamente scritte per la stagione in corso che fanno esplicito riferimento ai personaggi e alle dinamiche narrate. Un sodalizio curioso non perché stravagante nell’accostamento (rapper romano? per una serie sulla malavita romana? avanguardia pura!) ma perché presenta sicuramente un elemento di novità rispetto ad altre serie (chiaramente il riferimento più immediato è alla serie cugina napoletana Gomorra), in quanto non vi è solo uno sforzo di composizione musicale ad hoc o la scelta di canzoni adatte all’atmosfera della scena, ma la volontà di dare importanza ai personaggi stessi, tale da meritare versi scritti appositamente per loro.
Tolto di mezzo Samurai, la cui forza oltre che nel personaggio in sé era anche nell’espressività e nel timbro vocale di Francesco Acquaroli, le sequenze migliori non possono che essere quelle che vedono in scena Alessandro Borghi e Giacomo Ferrara. In Suburra, come accade spesso nelle serie con personaggi caratterizzati in un modo particolarmente riconoscibile e impersonati da ottimi interpreti, si arriva quasi ad identificare l’attore con il personaggio stesso. Se il discorso vale per Aureliano e Spadino non si può dire lo stesso per Cinaglia. Nonostante l’ottima prova attoriale di Nigro, il suo personaggio non riesce a farsi apprezzare (di certo non è aiutato dalla scrittura di scene totalmente inutili come quella della visita al vecchio professore). Nell’ensemble però funzionano e, infatti, la sequenza a casa del politico in cui la sua sofferenza (la “tortura” che dà il titolo all’episodio) si alterna alla spensieratezza dei due torturatori nella stanza affianco, crea un’ottima tensione scenica. Al netto, delle scelte narrative, infatti, (si è già parlato nella recensione del primo episodio della discutibile scelta di allontanarsi dal filo narrativo che dovrebbe condurre all’omonimo film), resta la costanza della qualità tecnica della serie che può apparire scontata ma non va dimenticata. A tal proposito una menzione va fatta alla colonna sonora che, in questa terza stagione, porta la firma del Piotta, che ha inciso un disco di tracce appositamente scritte per la stagione in corso che fanno esplicito riferimento ai personaggi e alle dinamiche narrate. Un sodalizio curioso non perché stravagante nell’accostamento (rapper romano? per una serie sulla malavita romana? avanguardia pura!) ma perché presenta sicuramente un elemento di novità rispetto ad altre serie (chiaramente il riferimento più immediato è alla serie cugina napoletana Gomorra), in quanto non vi è solo uno sforzo di composizione musicale ad hoc o la scelta di canzoni adatte all’atmosfera della scena, ma la volontà di dare importanza ai personaggi stessi, tale da meritare versi scritti appositamente per loro.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Un secondo episodio che si mantiene al livello del precedente: resta la sicurezza di alcuni pregi, soprattutto dal punto di vista attoriale e tecnico, ma senza momenti ed elementi particolarmente forti che Suburra ha le capacità per produrre.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora