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Claudia: “I’d only had sex with one man, my husband, and then he was killed at the beginning of the war.”
Ancora una volta risulta essere il sesso l’arma più potente a disposizione dei coniugi Jennings per ingannare ma anche per essere ingannati. Nei primi episodi le novità più importanti sono state senza dubbio due: il ruolo attivo di Paige nell’attività di spionaggio della famiglia e la frattura interna all’URSS, divisa tra i nostalgici e i riformatori guidati da Gorbačëv. Il confronto diplomatico che si apre tra il Presidente americano Reagan e quello russo sulla riduzione degli armamenti non sembra essere seguito da una riduzione della conflittualità per Elizabeth e Philip, anzi tutto il contrario. Lo show targato FX decide di concentrarsi sui prodromi di una guerra civile sovietica, già in atto per quello che concerne la gestione del potere ai piani alti.
In questo contesto, con i coniugi Jennings a simboleggiare le due opposte fazioni, le splendide scene delle uccisioni di Gennadi e Sofia rendono evidente come nonostante uno scenario internazionale del tutto differente, quello di agente illegale del KGB in America rimane uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo. L’evidente stanchezza fisica e soprattutto emotiva che ha già sconfitto Philip e sta per divorare anche l’irriducibile Elizabeth, in “The Great Patriotic War” si unisce al sesso come collante tra le diverse storyline che si aprono durante l’episodio.
Dopo un’apparente riconciliazione con la moglie, Philip, per perseguire i propri obiettivi, finalmente fà sesso con Kimmy, facendo però marcia indietro per quanto riguarda il suo rapimento finale. Forse colpito dalla storia della figlia, che gli ricorda come anche Kimmy non sia che in realtà una giovane ragazza piena di problemi, alla fine rinuncia al ruolo di Jim, a lungo interpretato, mettendo così fine in senso lato alla sua carriera di spia e probabilmente al suo matrimonio. Una scelta di enorme importanza che mostra come l’ex spia sovietica (ex ma non troppo) decide platealmente di seguire i propri valori, anteponendoli al dovere verso la Madrepatria. La seduzione di Kimmy è stato uno dei momenti più duri della lunga carriera dell’ex soldato russo Sascha, che unita alla dura lezione fisica che ha voluto impartire a Paige, mostrano quanto siano importanti ormai le divisioni che lo allontanano sempre più dalla pur sempre amatissima moglie.
“Rififi” riesce egregiamente a sorprendere lo spettatore con un finale che ribalta completamente quanto visto nel precedente episodio. La narrazione scorre lentamente come al solito e non ci sono grandi scene di azione e suspense che fanno salire la tensione, che tuttavia è sempre presente, quasi sotterranea e permea l’intera puntata. Dopo cinque stagioni in cui il character di Henry è stato praticamente inutile, finalmente la sua presenza all’interno dello show di Weisberg trova una ragione di esistere. Infatti è proprio il suo ritorno a casa dalla rinomata scuola St. Edward che mostra come la spaccatura interna alla famiglia sia ormai insanabile.
Se Paige è ormai parte integrante del grande inganno sui cui si posa l’esistenza stessa della famiglia Jennings, Henry rappresenta l’unica e l’ultima parte di realtà che non è sottoposta a finzione, un ragazzo americano nel modo di essere e di pensare, lontano anni luce dal mondo in cui vivono gli altri componenti del nucleo familiare. L’utilizzo della sua americanità è una scelta narrativa vincente e mostra come la realtà interna dei Jennings rappresenti un mondo diverso e a parte rispetto alla quotidianità del resto della popolazione, con Henry che sembra ormai completamente fuori luogo all’interno della propria famiglia, uno scozzese in terra inglese. La giornata di Henry e Philip sembra assurda se paragonata alla giornata tipo di Elizabeth e Paige, ma forse proprio l’amore per una famiglia ormai in pezzi suscita qualcosa in Philip che, sorprendentemente, decide di anteporre l’amore verso la moglie e la famiglia che insieme hanno costruito alle proprie convinzioni personali, scegliendo infine di rientrare attivamente nel ruolo di agente del KGB che tanto lo aveva logorato emotivamente.
Il mondo è cambiato, tutto è cambiato, ma Philip rimane una spia sovietica. The Americans è scritto talmente bene che potrebbe esistere senza una Guerra Fredda di sottofondo, sesso, omicidi, risse e visioni ideologiche del mondo, ma sono proprio tutti questi elementi dal fascino intramontabile che uniti ai drammi familiari a cui ormai gli spettatori si sono affezionati, ma non assopiti, che rendono la serie una delle più belle degli ultimi anni.
In questo contesto, con i coniugi Jennings a simboleggiare le due opposte fazioni, le splendide scene delle uccisioni di Gennadi e Sofia rendono evidente come nonostante uno scenario internazionale del tutto differente, quello di agente illegale del KGB in America rimane uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo. L’evidente stanchezza fisica e soprattutto emotiva che ha già sconfitto Philip e sta per divorare anche l’irriducibile Elizabeth, in “The Great Patriotic War” si unisce al sesso come collante tra le diverse storyline che si aprono durante l’episodio.
Dopo un’apparente riconciliazione con la moglie, Philip, per perseguire i propri obiettivi, finalmente fà sesso con Kimmy, facendo però marcia indietro per quanto riguarda il suo rapimento finale. Forse colpito dalla storia della figlia, che gli ricorda come anche Kimmy non sia che in realtà una giovane ragazza piena di problemi, alla fine rinuncia al ruolo di Jim, a lungo interpretato, mettendo così fine in senso lato alla sua carriera di spia e probabilmente al suo matrimonio. Una scelta di enorme importanza che mostra come l’ex spia sovietica (ex ma non troppo) decide platealmente di seguire i propri valori, anteponendoli al dovere verso la Madrepatria. La seduzione di Kimmy è stato uno dei momenti più duri della lunga carriera dell’ex soldato russo Sascha, che unita alla dura lezione fisica che ha voluto impartire a Paige, mostrano quanto siano importanti ormai le divisioni che lo allontanano sempre più dalla pur sempre amatissima moglie.
“Rififi” riesce egregiamente a sorprendere lo spettatore con un finale che ribalta completamente quanto visto nel precedente episodio. La narrazione scorre lentamente come al solito e non ci sono grandi scene di azione e suspense che fanno salire la tensione, che tuttavia è sempre presente, quasi sotterranea e permea l’intera puntata. Dopo cinque stagioni in cui il character di Henry è stato praticamente inutile, finalmente la sua presenza all’interno dello show di Weisberg trova una ragione di esistere. Infatti è proprio il suo ritorno a casa dalla rinomata scuola St. Edward che mostra come la spaccatura interna alla famiglia sia ormai insanabile.
Se Paige è ormai parte integrante del grande inganno sui cui si posa l’esistenza stessa della famiglia Jennings, Henry rappresenta l’unica e l’ultima parte di realtà che non è sottoposta a finzione, un ragazzo americano nel modo di essere e di pensare, lontano anni luce dal mondo in cui vivono gli altri componenti del nucleo familiare. L’utilizzo della sua americanità è una scelta narrativa vincente e mostra come la realtà interna dei Jennings rappresenti un mondo diverso e a parte rispetto alla quotidianità del resto della popolazione, con Henry che sembra ormai completamente fuori luogo all’interno della propria famiglia, uno scozzese in terra inglese. La giornata di Henry e Philip sembra assurda se paragonata alla giornata tipo di Elizabeth e Paige, ma forse proprio l’amore per una famiglia ormai in pezzi suscita qualcosa in Philip che, sorprendentemente, decide di anteporre l’amore verso la moglie e la famiglia che insieme hanno costruito alle proprie convinzioni personali, scegliendo infine di rientrare attivamente nel ruolo di agente del KGB che tanto lo aveva logorato emotivamente.
Il mondo è cambiato, tutto è cambiato, ma Philip rimane una spia sovietica. The Americans è scritto talmente bene che potrebbe esistere senza una Guerra Fredda di sottofondo, sesso, omicidi, risse e visioni ideologiche del mondo, ma sono proprio tutti questi elementi dal fascino intramontabile che uniti ai drammi familiari a cui ormai gli spettatori si sono affezionati, ma non assopiti, che rendono la serie una delle più belle degli ultimi anni.
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“The Great Patriotic War” e “Rififi” sono episodi scritti alla perfezione che accompagnano lo spettatore all’interno di un mondo fatto di sesso, inganni e guerre internazionali che teoricamente non sarebbero facili da raccontare, ma (e qui sta il grande lavoro svolto dagli autori) attraverso una narrazione lenta e machiavellica da sei anni vengono proposti in modo egregio.
A soli quattro episodi dal season finale si può affermare senza dubbio che The Americans sia uno dei migliori show in circolazione, uno dei più sottovalutati dell’interno mondo seriale, nonostante riscontri un apprezzamento degno di nota tra i critici del settore. La serie non ha mai ricevuto i premi che indubbiamente avrebbe meritato agli Emmy, riuscendo a vincerne comunque altri assegnati dalla critica professionista (Critics’ Choice Television Award, Peabody Award). La votazione non raggiunge il massimo solo perchè si è convinti che la serie possa offrire ancora di più agli spettatori, per quattro puntate finali che si confida possano essere ricordate a lungo.
A soli quattro episodi dal season finale si può affermare senza dubbio che The Americans sia uno dei migliori show in circolazione, uno dei più sottovalutati dell’interno mondo seriale, nonostante riscontri un apprezzamento degno di nota tra i critici del settore. La serie non ha mai ricevuto i premi che indubbiamente avrebbe meritato agli Emmy, riuscendo a vincerne comunque altri assegnati dalla critica professionista (Critics’ Choice Television Award, Peabody Award). La votazione non raggiunge il massimo solo perchè si è convinti che la serie possa offrire ancora di più agli spettatori, per quattro puntate finali che si confida possano essere ricordate a lungo.
Mr. and Mrs. Teacup 6×04 | 0.5 milioni – 0.1 rating |
The Great Patriotic War 6×05 | 0.5 milioni – 0.1 rating |
Rafifi 6×06 | 0.6 milioni – 0.2 rating |
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.