Con il settimo episodio di questa stagione di The Flash, gli sceneggiatori decidono di concentrare gli avvenimenti in due storylines principali. Da una parte, Frost decide di prendersi le responsabilità per i crimini di cui è colpevole commessi in passato. Il resto del minutaggio è dedicato proprio a Barry Allen e al suo rapporto con la Speed Force con il volto di sua madre, Nora Allen. In questa puntata non appaiono nè Carlos Valdes né Victoria Park, per lasciare spazio a Brandon McKnight aka Chester P. Runk, alle prese con il suo primo vero incarico affiancato a Barry nella scientifica di Central City.
La trama orizzontale avanza, anche solo leggermente, tuttavia si ha la sensazione di trovarsi davanti all’ennesimo episodio filler che non sa né di carne né di pesce. Questo è da sempre stato un grande difetto di forma, ormai radicato da anni nelle scelte di sceneggiatori e produttori, che sembra prendere il sopravvento quando si tratta di costruire una trama orizzontale complessa e ben sviluppata. Non è possibile imputare questa mancanza alle problematiche generate dall’avvento del Covid, in quanto non è una novità.
LA REDENZIONE DI FROST
La parte dell’episodio dedicata a Frost risulta un po’ piatta e ripetitiva, considerando che non era necessario tutto questo tempo per far sì che Frost si costituisse. Il suo personaggio, interpretato degnamente da Danielle Panabaker, era già riuscito nel corso delle stagioni ad evolversi e a diventare più consapevole. Per questo motivo, non stupisce assolutamente vederla prendersi le proprie responsabilitá. Inoltre, questa parte dell’episodio offre agli sceneggiatori la possibilitá di presentare Chillblaine, un personaggio non particolarmente interessante e del quale non si sentiva realmente la necessità. La sua apparizione serve soprattutto a costruire la vicenda attorno alla quale ruota Frost/Caitlin in questo episodio. Sembra esagerata e un po’ fuori luogo la scelta di vederlo a torso nudo e in slow motion sulle note di “Hot in nere” di Nelly, ma ormai da The Flash ci si può aspettare di tutto.
UNA SPEED FORCE DI CATTIVO GUSTO
Gli sceneggiatori di The Flash non hanno mai fatto un gran lavoro nello spiegare esattamente cosa sia la Speed Force e come funzioni. Lo show l’ha talvolta descritta come una forza senziente, altre volte come un luogo fisico in cui possano trovarsi imprigionate persone (Barry incluso) e ancora come un legame che unisce i diversi velocisti.
In “Growing Pains”, il confine tra ciò che si pensava fosse la Speed Force e ciò che è effettivamente diventa ancora più confuso, anche se non è la prima volta che vediamo Barry e Iris relazionarsi con la Speed Force più “fisica” con le sembianze di Nora Allen. Questo dimostra ancora di più quanto gli sceneggiatori siano incapaci di prendere una direzione definitiva, cercando di imbonire il proprio pubblico giocando sul fattore emotivo (vedere finalmente Barry ricongiungersi a sua madre) e sperando che non ci si accorga di quanto sia incoerente la definizione della Speed Force.
A livello narrativo, potrebbe funzionare l’idea che Barry trovi una sorta di connessione emotiva e genitoriale con il potere che gli ha conferito la velocità, ma non convince la scelta di trovarla rappresentata proprio dall’immagine di sua madre, anche perché non c’è (per ora) nessuna connessione tra la forza e la donna che Barry ha perso.
The Flash ha sempre messo il dolore di Barry per la morte di sua madre come una caratteristica determinante del suo personaggio: ha guidato così tanto le sue scelte da creare addirittura Flashpoint. Il fatto che lo show continui a indagare volutamente sul suo trauma, costringendolo addirittura a interagire attivamente e regolarmente con una creatura con il volto di Nora senza personalità, diventa una scelta di cattivo gusto. In “Growing Pains”, Barry sembra finalmente esternare questo suo malessere, spiegando ad Iris (che oltretutto lo spinge continuamente a riconciliarsi) che non è facile trovare la sua non-madre seduta al tavolo a far colazione con loro.
Grant Gustin si rivela molto bravo a dare un peso a ogni singola parola, con un’interpretazione malinconica che riesce a far immedesimare il suo pubblico con ciò che Barry sta realmente provando, mostrando in modo quasi tangibile scorci della vita che avrebbe potuto condurre se sua madre fosse stata ancora presente. È questo il vero punto di forza di The Flash: aver scelto un attore bravo e convincente, adatto a conferire il giusto spessore psicologico ed emotivo al personaggio. Tutto questo lavoro viene un po’ sprecato quando alla fine Barry decide di chiamare “Nora” la Speed Force, affermando che tutte le relazioni richiedono tempo per svilupparsi e crescere.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Flash sforna un ulteriore episodio poco convincente, fatto di scelte scontate da una parte e di risvolti assurdi dall’altro. L’assenza di Carlos Valdes si fa sentire e l’introduzione dei nuovi personaggi non si rivela essere vincente. Lo show ha perso una direzione da un po’ e non è ancora chiaro quale sia la vera trama orizzontale di questa stagione. Grant Gustin é il capitano di questa nave che, grazie alla sua interpretazione, riesce ad evitare il naufragio, anche se non basterà in eterno.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.