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Il dubbio, logorante, tormentoso e angosciante, è il tema intorno al quale si muove il 5° episodio di The Leftovers, intitolato “Gladys”. La Gladys del titolo, una “Colpevole Rimasta”, crede fermamente nella causa, ma da quando ha scoperto la morte del figlio, non è più la stessa; i dubbi la tormentano, ha senso allontanarsi da tutti? I vestiti di bianco sono di base soli, alla ricerca di nuovi adepti, accaniti fumatori, privati della parola, ma si può dimenticare tutto?
All’inizio dell’episodio veniamo turbati dalla cruenta e disperata sequenza della lapidazione di Gladys; il nostro occhio è bloccato lì, sul suo corpo, colpito dai sassi, intrappolato tra la paura e la disperazione della donna. Una pietra dopo l’altra. Il suo volto tumefatto. Un colpo dopo l’altro. Rivoli di sangue scorrono lungo il corpo. La sua voce, un “filo” silenzioso, chiede pietà: “Non fatelo. Vi prego, fermatevi”. Gladys era dubbiosa, l’abbiamo detto, ma non è l’unica, anche Laurie lo è. La donna, moglie di Kevin, viene colpita da un attacco di panico – qualcosa dentro non la fa stare tranquilla. Non si è mai veramente liberata dal passato, prima regola della “setta” a cui appartiene: marito e figlia sono ricordi indelebili nella sua vita da Colpevole Rimasta, continua a tornare a casa sua, anche solo per vederne le mura. Gladys, ma anche Laurie, nonostante credano fermamente nelle loro idee – entrambe, messe alla prova da Patti, non cedono, non vogliono PARLARE dei loro problemi -, si pongono domande, e questo vuol dire avere una fede ancor più consapevole. Chi dubita arde, divampa, è consumato dal di dentro, perché è questo che fa il dubbio, così simile al fuoco, fino a quando non ci si trasforma in cenere. Patti, nella “giornata di libertà” dalle sigarette (“Vietato fumare” troneggia sui muri), dagli abiti bianchi (privati dalla divisa d’ordinanza), dal mutismo (la donna parla, ed è così strano per Laurie ascoltare il suono delle parole della sua mentore), le mostra e le dimostra cosa voglia dire normalità e vivere da persone normali.
Nel frattempo il capitano della polizia Kevin, sempre più teso, iroso e addolorato – per la domanda di divorzio della moglie, tanto da confessarlo alla figlia e piangere di fronte a lei -, vuole indagare sulla morte di Gladys e salvare gli altri abitanti della città, compresi i Colpevoli Rimasti. Interessante il dialogo tra Kevin e il reverendo Jamison, in cui l’uomo di Chiesa, indagato per la morte di Gladys, un po’ per discolparsi, un po’ per spiegare in modo “religioso” ciò che è avvenuto, racconta dell’episodio di Gesù, dei suoi discepoli e di Tommaso. Si parla di pietre, con esse Tommaso sarebbe stato lapidato se avesse detto agli altri i tre insegnamenti donatigli da Gesù, e delle fiamme, nate da quelle pietre, da cui sarebbero stati divorati. L’uomo d’azione chiede al reverendo di spiegarsi meglio e quest’ultimo dice “È più facile stare in silenzio che dire la verità”; in queste parole scorgiamo oltre ad una valenza religiosa (Parola divina/cecità, Verità/Ignoranza) anche un chiaro rifermento al Vivere, in tutte le sue forme. Infatti Jamison ammette, discolpandosi, che gli uomini vestiti di bianco sono già morti, inutile ucciderli, il suo intento, tutto cristiano, è quello di donare loro la speranza – si legga anche riportarli alla vita.
Doloroso è quindi il momento in cui l’uomo improvvisa una sorta di funerale per Gladys fuori dal “quartier generale” dei Colpevoli Rimasti; nessuno vi partecipa, un altro dolore per il reverendo.
All’inizio dell’episodio veniamo turbati dalla cruenta e disperata sequenza della lapidazione di Gladys; il nostro occhio è bloccato lì, sul suo corpo, colpito dai sassi, intrappolato tra la paura e la disperazione della donna. Una pietra dopo l’altra. Il suo volto tumefatto. Un colpo dopo l’altro. Rivoli di sangue scorrono lungo il corpo. La sua voce, un “filo” silenzioso, chiede pietà: “Non fatelo. Vi prego, fermatevi”. Gladys era dubbiosa, l’abbiamo detto, ma non è l’unica, anche Laurie lo è. La donna, moglie di Kevin, viene colpita da un attacco di panico – qualcosa dentro non la fa stare tranquilla. Non si è mai veramente liberata dal passato, prima regola della “setta” a cui appartiene: marito e figlia sono ricordi indelebili nella sua vita da Colpevole Rimasta, continua a tornare a casa sua, anche solo per vederne le mura. Gladys, ma anche Laurie, nonostante credano fermamente nelle loro idee – entrambe, messe alla prova da Patti, non cedono, non vogliono PARLARE dei loro problemi -, si pongono domande, e questo vuol dire avere una fede ancor più consapevole. Chi dubita arde, divampa, è consumato dal di dentro, perché è questo che fa il dubbio, così simile al fuoco, fino a quando non ci si trasforma in cenere. Patti, nella “giornata di libertà” dalle sigarette (“Vietato fumare” troneggia sui muri), dagli abiti bianchi (privati dalla divisa d’ordinanza), dal mutismo (la donna parla, ed è così strano per Laurie ascoltare il suono delle parole della sua mentore), le mostra e le dimostra cosa voglia dire normalità e vivere da persone normali.
Nel frattempo il capitano della polizia Kevin, sempre più teso, iroso e addolorato – per la domanda di divorzio della moglie, tanto da confessarlo alla figlia e piangere di fronte a lei -, vuole indagare sulla morte di Gladys e salvare gli altri abitanti della città, compresi i Colpevoli Rimasti. Interessante il dialogo tra Kevin e il reverendo Jamison, in cui l’uomo di Chiesa, indagato per la morte di Gladys, un po’ per discolparsi, un po’ per spiegare in modo “religioso” ciò che è avvenuto, racconta dell’episodio di Gesù, dei suoi discepoli e di Tommaso. Si parla di pietre, con esse Tommaso sarebbe stato lapidato se avesse detto agli altri i tre insegnamenti donatigli da Gesù, e delle fiamme, nate da quelle pietre, da cui sarebbero stati divorati. L’uomo d’azione chiede al reverendo di spiegarsi meglio e quest’ultimo dice “È più facile stare in silenzio che dire la verità”; in queste parole scorgiamo oltre ad una valenza religiosa (Parola divina/cecità, Verità/Ignoranza) anche un chiaro rifermento al Vivere, in tutte le sue forme. Infatti Jamison ammette, discolpandosi, che gli uomini vestiti di bianco sono già morti, inutile ucciderli, il suo intento, tutto cristiano, è quello di donare loro la speranza – si legga anche riportarli alla vita.
Doloroso è quindi il momento in cui l’uomo improvvisa una sorta di funerale per Gladys fuori dal “quartier generale” dei Colpevoli Rimasti; nessuno vi partecipa, un altro dolore per il reverendo.
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Incomincia con un pugno nello stomaco “Gladys” e finisce con la stessa ferocia: il corpo di Gladys prima viene lapidato con la brutalità e la cattiveria di chi odia il diverso – forse la stessa con cui i Colpevoli Rimasti torturano “gli altri” seguendoli e osservandoli mettendo in atto una perversa violenza psicologica -, poi nel forno inceneritore brucia, forse il dubbio la ha veramente divorata. In questo quinto episodio di The Leftovers, il ritmo si spegne un po’, ma senza perdere il suo smalto, “Gladys” prende le mosse di una disamina necessaria per comprendere a fondo molte delle complesse tematiche che fanno da colonna portante di questo lancinante pianto senza speranza e senza pace.
B.J. and the A.C. 1×04 | 1.62 milioni – 0.8 rating |
Gladys 1×05 | 1.58 milioni – 0.8 rating |
VOTO EMMY
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.