The Leftovers 1×09 – The Garveys At Their BestTEMPO DI LETTURA 4 min

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Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo” così Lev Tolstoj inizia il suo libro capolavoro “Anna Karenina” e sembra essere il sottotitolo perfetto per “The Garveys At Their Best” la nona puntata di The
Leftovers. La famiglia Garvey è una famiglia normale o almeno lo era prima della Dipartita. La famiglia Garvey voleva capire, mentiva, tradiva, amava, rideva. La famiglia Garvey era il meglio che Kevin, Jill, Tommy, Laurie potevano essere o forse sapevano essere. Kevin, la mattina presto, andava a correre, fumava di nascosto, diceva “ti amo” alla moglie. Laurie beveva il caffè, andava al lavoro e teneva un segreto nascosto, protetto dentro di sé. Jill era una mammona – forse per questo vediamo tanto rancore nei confronti della madre che è entrata tra le fila dei “vestiti di bianco” -, cantava, rideva addirittura, portava l’apparecchio ai denti, era una tipica adolescente. Tommy, il Garvey meno conosciuto dal pubblico, studiava all’università e voleva saper un po’ di più sul suo padre biologico – Kevin non lo è. In tutte le famiglie ci sono errori e mancanze, liti e riappacificazioni, “lutti celati” e “gioie festeggiate” e quella rappresentata in “The Garveys At Their Best” è una famiglia normale appunto. Lindelof “spreme” il “Prima” fino all’ultima goccia, quel lento inesorabile giorno prima – quello che non sai di star vivendo e che probabilmente ti saresti goduto molto di più –, dopo il quale nulla sarà più lo stesso. Lindelof ci prende in giro con un episodio strutturato come un lungo flashback, un intenso gioco di memoria.
Ci siamo posti delle domande in questa prima stagione di The Leftovers e un po’ di risposte, o meglio di indizi di esse, le abbiamo trovate, e in “The Garveys At Their Best” vengono capiti alcuni intrecci – ad esempio scopriamo chi era Neil, il nome sulla busta che Patti tiene tra le mani -, ma soprattutto troviamo soluzione ad una domanda: come eravamo? Eravamo così, eravamo diversi, facevamo tutto quello che fanno gli Uomini, ma la normalità alle volte non basta; riecheggiano infatti le parole del padre di Kevin che parafrasando dice: “Tu hai tutto, non vuoi raggiungere nient’altro, sei soddisfatto così”. Ma non è vero, lo percepiamo chiaramente. Per Kevin l’alleanza mortifera casa-lavoro – che lo rende felice e nello stesso tempo lo ammorba -, è un cappio al collo che stringe sempre di più e toglie il fiato. È proprio lui il personaggio che, con le sue fragilità, i suoi sbalzi d’umore, quasi attacchi di panico, sentiamo più vicino: la sua “ultima sigaretta” di sveviana memoria, l’insofferenza latente piccola cosa rispetto a quelle a cui ci ha abituato. Questa stessa aura di insoddisfazione e inquieta attesa, la sentiamo intorno a Laurie, che piange per un cucciolo di cane, che porta in grembo un bambino che farà parte degli Svaniti. E se avevamo conosciuto una Patti, stoica e asettica leader dei Colpevoli rimasti, qui la vediamo sciogliersi nel pianto, distrutta dal dolore per la relazione conclusa col marito, depressa e infelice parla con il suo dottore, Laurie, di quella stretta al cuore che la mette in ginocchio, del presagio di morte che percepisce a causa di questa. Tremori in passato, ora un vero terremoto: è l’unica che sente la Dipartita in maniera netta.
Tutti i personaggi di The Leftovers sono intrappolati nella loro situazione, confusi e smarriti, nonostante siano tutti al meglio delle condizioni, proprio come il Cervo a cui Kevin “dà la caccia”: come l’uomo è imbrigliato nella sua prigione familiare così l’animale – che nella fede cristiana rappresenta Cristo – erra per tutta la città, spaventato e disorientato, attaccando gli uomini, abbattendo tutto ciò che gli si pone davanti. L’animale, proprio come Nora Durst – sorridente, in famiglia, prima l’avevamo solo immaginata moglie e madre, perché i suoi erano solo ricordi nelle parole e dolore nello sguardo -, si sente braccato: la donna vuole cambiare vita, non le basta più essere casalinga. Nora dice durante il colloquio di lavoro,“Nella prossima settimana io non ho una famiglia”, cinico e ironico presagio della sua sorte futura; sappiamo che Lindelof ama seminare indizi, per esempio abbiamo sentito cantare Jill “Without you”. Se “Dio è morto” – il Cervo prima viene investito con la macchina e poi Kevin gli spara per evitargli ulteriori sofferenze – quale potrebbe essere la sorte umana? Infelice, triste e dolorosa, ombre che sopravvivono. Del resto c’è, aleggia, nascosta da sorrisi artificiali quell’atmosfera cupa, mistica che era diventata marchio di fabbrica in The Leftovers.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La famiglia Garvey
  • Il flashback come modo per raccontare il “Prima”
  • Questo episodio è arrivato forse troppo tardi

 

“The Garveys At Their Best” è un episodio strano e straniante. Un racconto che Lindelof fa in un momento particolare della storia, alla penultima puntata, racconto che sembra quasi un’altra storia. Questa nona puntata ci mostra una sorta di peccato “originale” – tutti sbagliano, sono insoddisfatti, in procinto di fare un errore madornale – nonostante vediamo tutti i protagonisti della serie trapassati da un attimo di felicità, o comunque in qualche modo diverso rispetto a come li abbiamo conosciuti -, una sorta di hybris che non dà pace, una colpa connaturata nell’Uomo e costantemente attaccata a lui. Lindelof è bravo a stupirci sempre, portandoci in un breve istante dalla “gioia fittizia” del “Prima” al dolore “reale” del “Dopo”.

 

Cairo 1×08 1.63 milioni – 0.80 rating
The Garveys At Their Best 1×09 1.85 milioni – 0.94 rating

 

 

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