Non c’è un luogo dove si è al sicuro in The Leftovers. Ci avevano fatto credere potesse esistere, ce lo avevano sussurrato con un filo di voce, sommessamente: “si fanno miracoli a Jarden”. Invece no, non è così, lo testimonia anche il gesto finale di Michael quando strappa lo sticker che li etichettava come “salvati”. Miracoli, santi, sicurezza, sono solo parole, la cittadina dove si sono rifugiati i Garvey è come tutte le altre. In “Orange Sticker” viene esplicitato chiaramente ciò che potevamo immaginare conoscendo gli ideatori di The Leftovers.
Una scossa di terremoto – metafora di un sommovimento tellurico all’interno della serie – sveglia Nora che non trova più il compagno e il suo primo pensiero è che Kevin sia sparito come la sua “famiglia precedente”, e che l’incubo si stia riaffacciando di nuovo. Il panico e la paura si impossessano di lei, facendole perdere il controllo, e emerge la parte più fragile della donna – che in passato si è sempre mostrata dura e cinica, qui, invece, nell’incipit dell’episodio, si palesa priva di infrastrutture, disperata e spaventata. Durante questa puntata si libera dai legacci che tentano di costringerla, bloccandola all’interno del suo corpo; ma all’improvviso si risveglia dal torpore: non c’è salvezza, non ti puoi rifugiare da nessuna parte, l’inferno è alle porte. A sostegno di questo c’è il dialogo con il fratello, uomo di fede e di chiesa sui generis, che la porta a pensare che nascondersi nella religione è uno sbaglio; prima o poi si deve fare i conti con tutto quel bagaglio di emotività e credenze che ci si costruisce intorno, dentro, addosso (il credo religioso può diventare, se esasperato, un cappio al collo che si stringe sempre di più, come appare chiaro anche nella puntata precedente).
“Orange Sticker” ruota intorno a Kevin: da una parte il pensiero di Patti, una sorta di voce della coscienza, dall’altra Nora, un voltare pagina in carne ossa – nonostante le fragilità e le paure di lei -, da una parte il disagio evidente per il passato che grava ancora, dall’altra la voglia di ricominciare. Kevin è diviso tra l’angoscia per il “fantasma” (senso di colpa) che lo scuote, richiedendogli attenzione, riportandolo alla realtà, e la voglia di essere “normale” e di cancellare ciò che è stato. Patti lo incalza, gli pone domande che lui stesso dovrebbe porsi, risponde a interrogativi che fiaccano l’uomo (cosa è successo alle ragazze? sono sparite?) come lo spettatore, analizza la situazione dell’ex poliziotto (il rapporto con Nora, il tentato suicidio) come lui stesso dovrebbe. La relazione con Nora, come in realtà era apparso fin dall’inizio, è costruita per appoggiarsi l’uno all’altra, per non sentirsi più così incredibilmente e irrimediabilmente soli, per riempire i vuoti, le “lacune”. La loro storia non è un amore appassionato e spassionato, ma un voler bene perché se ne ha bisogno quando ci si sente disperati, non è una intimità profonda e commovente, ma un tenersi a galla a vicenda perché altrimenti si affogherebbe, o peggio si potrebbe sparire nel nulla. Uno dei momenti più struggenti e tristi di “Orange Sticker” è il finale di puntata, quando Nora si ammanetta al compagno creando un’unione che ci appare più quella tra due prigionieri che tra due amanti.
Questa seconda stagione ci presenta fin dal primo episodio un Kevin straziato che tenta per il bene della sua famiglia di dimostrarsi tranquillo, sereno, ma in realtà dentro porta il dramma del passato. Kevin annega in un’infinità di dubbi, incertezze, domande a cui non riesce a dare una risposta, o almeno non da solo, e, intrappolato in un delirante trip, si alterna qui tra momenti di lucidità estrema e di delirio pericoloso. Lo abbiamo conosciuto come un uomo in lotta, con sé stesso, con gli altri, con le sue ombre – nella scorsa stagione uccideva cani, passava il tempo con le amiche della figlia -, in perenne equilibrio tra bene e male, follia e “normalità”, realtà e finzione, soprannaturale e materialità, ma qui, è evidente che il suo disagio si è espanso – ha tentato di uccidersi, vede una donna morta, morte di cui in qualche modo si sente responsabile.
Corre, ascolta ripetutamente la musica, per non sentire i suoi stessi pensieri, fugge dai suoi fantasmi, per non restarne affascinato, cammina ancora nella notte fingendo di non sentire la donna vestita di bianco che tutto sa e sente. Patti si siede accanto a lui, lo pungola, gli parla come farebbe un mentore, lo risveglia da quel torpore malato che lo fa stare al di sopra di tutto. Kevin fino ad un certo punto riesce a scappare da lei, è impegnato a ritrovare il suo cellulare, a scoprire qualcosa delle ragazze sparite, a fermare John – uomo ancor più instabile di lui – che ha bisogno di qualcuno e l’ex poliziotto tenta di stargli accanto. Mentre segue John, padre straziato per la scomparsa della figlia, si sente meno schiavo di sè stesso e almeno per un istante mette da parte i lividi che porta anche adesso sul suo corpo, gli squarci che hanno slabbrato la sua vita. The Leftovers mette in evidenza che uno dei suoi protagonisti è un eroe pieno di umanità e di “normalità”, che si prodiga per gli altri, ma cade, proprio per la sua umana limitatezza, nell’errore quando si tratta della sua vita.
Momento fondamentale che segna il futuro di questa stagione è quando Kevin ammette finalmente l’esistenza della “propria coscienza” – e soprattutto non confida a Nora e a Jill l’ennesimo segreto, chi abita la sua mente; quando le rivolge la parola comprendiamo che nulla sarà più come prima: il “diluvio” è arrivato.
Sia Nora che Kevin hanno raggiunto un punto di non ritorno, entrambi hanno capito qualcosa che muterà il loro punto di vista. Su tutti, razionale e lungimirante, c’è Jill che ha sempre saputo che i miracoli non esistono.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Off Ramp 2×03 | 0.77 milioni – 0.3 rating |
Orange Sticker 2×04 | 0.52 milioni – 0.3 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.