The Man In The High Castle 2×02 – The Road Less TraveledTEMPO DI LETTURA 4 min

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My name is Juliana Crain. I work with Joe Black. I need asylum.”


Con “The Road Less Traveled” il ritmo della narrazione subisce una marcata accelerazione, non soltanto in relazione alla stagione appena cominciata, ma in generale rispetto all’andamento della serie.
Sebbene si tratti di un “secondo episodio”, categoria solitamente associabile a una situazione di temporaneo stallo narrativo, in questa occasione la tendenza subisce un evidente ribaltamento, esigenza che ha certamente a che fare con quel senso di urgenza immediatamente percepibile dallo spettatore e che, forse, potrebbe essere ricondotta anche al cambio della guardia avvenuto dietro le quinte, in seguito al quale si è dovuto salutare lo showrunner Frank Spotnitz (rimasto però come produttore esecutivo). A prescindere dalle ragioni alla base della sopracitata accelerazione diegetica, nient’altro che questioni di lana caprina utili soltanto a rimpolpare l’attacco di questa recensione, non possiamo far altro che rallegrarci nell’osservare un cambiamento in questa precisa direzione, a maggior ragione dopo quanto visto nella premiere.
Ad ogni modo, non basta soltanto questo aspetto positivo ad elevare la serie dal Save politico assegnato al termine della precedente recensione. Nemmeno in questa occasione, infatti, la serie riesce a compiere quel passo in avanti tanto atteso – soprattutto in funzione dell’incredibile colpo di scena arrivato al termine dello scorso season finale – frenata da una frammentarietà narrativa che, seppur necessaria, finisce col frammentare a sua volta l’interesse dello spettatore, disperso nel marasma diegetico tra storyline oltremodo intricate e personaggi caratterizzati ancora in maniera fin troppo approssimativa.
Se da una parte Frank, dipinto sostanzialmente come un buono a nulla nel corso della prima stagione, compie un notevole passo avanti, tirando fuori gli attributi al momento giusto e salvando il suo amico Ed da morte certa insistendo sulla sua importanza all’interno dell’operazione, dall’altra l’ispettore Kido non riesce ad uscire dal suo ruolo preconfezionato di villain, certamente contraddistinto da un’indubbia malvagità, ma ancora intrappolato in una ristretta gamma di comportamenti che impediscono al suo character di uscire dalla piatta caratterizzazione conferitagli dagli autori. Ad aumentare l’interesse nei confronti del suo segmento narrativo giunge però la liberazione di Ed, certamente utilizzata dall’ispettore per portare avanti qualche sordido retroscena.
Per quanto riguarda Joe, è impossibile non notare i limiti legati allo sviluppo del suo personaggio, difficilmente collocabile all’interno dell’universo narrativo ispirato dal romanzo di Dick e ancora ben lontano dal ruolo di “eroe” verso il quale gli autori vorrebbero certamente spingere il suo character. Tralasciando la dubbia presenza scenica di Luke Kleintank, in questa puntata si nota una spinta autoriale in direzione di un miglioramento dal punto di vista dell’approfondimento del personaggio, oramai indissolubilmente legato al suo passato da nazista e quindi impossibilitato al tanto agognato ritorno alla normalità.
Juliana, sopravvissuta – fortunatamente per l’economia della serie – all’incontro con Hawthorne Abendesen, fa ritorno a San Francisco, trovando anche il tempo di dirottare Lem e Connell verso un presunto autobus diretto a Sacramento. Con l’aiuto della madre scopriamo anche che il misterioso uomo cercato dall’uomo nell’alto castello è George Dixon, il vero padre di Trudy. Il segmento narrativo di Juliana si conferma così il vero fulcro della serie, secondo soltanto a quello di Tagomi, per il momento accantonato, appunto, a favore di una maggiore progressione del filone storico rispetto a quello sci-fi. L’accesso alla sala dei libri proibiti e l’interesse mostrato da Tagomi nei confronti di un libro in particolare, “The Varieties Of Religious Experience” di William James, pone infine l’accento sul classico dubbio “religione o scienza”. Dubbio legittimo in virtù dell’assenza di una spiegazione scientifica riconducibile alla sua capacità di trascendere le diverse dimensioni, mentre sembrerebbe basarsi solo ed esclusivamente sulla meditazione, o comunque su un sistema che esula da qualsiasi metodo fondato sulla razionalità e il rigore del metodo scientifico.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Notevole accelerazione narrativa
  • Evoluzione positiva per Frank
  • Juliana fulcro della narrazione
  • La messa in scena della sequenza finale
  • Frammentarietà narrativa 
  • Caratterizzazione approssimativa di alcuni personaggi (ad es. l’ispettore Kido)
  • L’attesa per lo sviluppo della storyline di Tagomi

 

La serie decide di dare una discreta accelerata dal punto di vista della narrazione, ma The Man In The High Castle è ancora ben lontana dal guadagnare la nostra benedizione. Gli spunti sono potenzialmente infiniti e, grazie al filone fantascientifico aperto dal misterioso viaggio interdimensionale di Tagomi, attualmente è davvero impossibile fare previsioni in merito agli sviluppi della trama. Per ora ci limitiamo a un Save, coscienti del fatto che la serie ha tutte le carte in regola per guadagnarsi un posto di riguardo all’interno del panorama seriale contemporaneo.

 

The Tiger’s Cave 2×01 ND milioni – ND rating
The Road Less Traveled 2×02 ND milioni – ND rating

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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