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È risaputo che quando George Lucas iniziò a creare la saga di Star Wars, nel lontano 1973, una delle sue fonti di ispirazione fu Kakushi toride no san akunin, film del 1958 del maestro nipponico Akira Kurosawa da noi noto come La Fortezza Nascosta. E a Kurosawa sembra guardare anche questo quarto episodio di The Mandalorian, con un’impostazione ripresa da un altro capolavoro immortale del regista di Oimachi, il celeberrimo Shichinin no Samurai del 1954. Lì si raccontava la storia di sette samurai assoldati da una comunità di contadini per difendersi dall’attacco di una banda di briganti, nel turbolento periodo Sengoku: un concept ripreso esplicitamente nell’altrettanto celebre The Magnificent Seven di John Sturges del 1960 e da quel momento ampiamente rivisitato e riproposto in tutte le salse (basti pensare solo al film della Pixar A Bug’s Life).
Ma tornando a The Mandalorian, anche qui lo schema di base è il medesimo: una pacifica comunità rurale è minacciata dai predoni e cerca l’aiuto di gente esperta nel combattimento per riconquistare la pace e la libertà. Una trama del genere potrebbe addirittura apparire fin troppo semplice e scontata, e forse lo è davvero, ma per fortuna “Sanctuary”è un episodio tutt’altro che mediocre grazie a un sapiente mix di citazionismo, momenti comici sapientemente dosati e uno scavo del personaggio interpretato da Pedro Pascal che riesce, anche con poche parole, lunghi silenzi e semplici gesti a restituire tutto il proprio travaglio interiore.
Il contatto con la pacifica comunità di pescatori di krill sul pianeta Sorgan mette infatti il nostro eroe di fronte alla possibilità di una nuova vita tranquilla, serena, senza taglie né sparatorie. Per farne parte basterebbe compiere simbolicamente un gesto all’apparenza insignificante, se non addirittura banale: togliere l’elmo davanti a un’altra persona, mostrare agli altri per la prima volta dopo anni il proprio volto invece della fredda maschera da Mandaloriano. Un solo gesto e Mando afferrerebbe quella felicità bucolica che una vita da guerriero gli ha sempre negato, e per un attimo sembra persino esitare, appare titubante, lascia che la vedova Omera gli ponga una mano sull’elmo… ma è quello che vuole davvero? L’etica apparentemente granitica del cacciatore di taglie, già incrinata profondamente dall’incontro con il baby Yoda (in attesa di un nome ufficiale per il piccoletto o per la sua specie facciamoci bastare questo) e dal conseguente sviluppo di una sorta di sentimento paterno nei suoi confronti, subisce un altro colpo che di certo avrà ripercussioni sull’evoluzione del personaggio, anche se per ora l’elmo resta al suo posto e il volto da simpatico guascone dell’ex-Oberyn continua a rimanere celato. This is the way, sì, ma per quanto lo sarà ancora?
La deviazione narrativa sul pianeta Sorgan, inoltre, permette di approfondire non di poco il contesto successivo alla caduta dell’Impero, non raccontando la grande politica ma mostrando la situazione delle periferie. Trovare un’ex-ribelle come Cara Dune sullo sperduto pianeta Sorgan ci fa capire piuttosto chiaramente come alla fase “eroica” della guerra contro Palpatine e Darth Vader, quella raccontata nella vecchia trilogia, sia seguita l’era della disillusione, dei giochi politici, la stessa in cui maturerà il Primo Ordine e si getteranno le basi per la situazione geopolitica esplorata nella più recente trilogia disneyana. Ancor più eloquente è la presenza di un AT-ST nelle fila dei briganti che minacciato la pacifica comunità di pescatori di krill: venuta meno la guida forte dei due Sith, le forze militari imperiali allo sbando si sono riciclate come mercenari o addirittura criminali, cercando anche loro di sopravvivere meglio che possono nel mondo caotico successivo alla morte di Darth Sidious. Del resto, è ormai palese la volontà di The Mandalorian di esplorare questo “sottobosco” umano, lontano dai grandi eventi bellici, che nei film cinematografici raramente ha avuto i suoi cinque minuti di gloria.
La battaglia, inutile dirlo, è ancora una volta ben girata e ancor più ben scritta: pur sapendo come andrà a finire, lo spettatore rimane col fiato sospeso mentre assiste ai tentativi di Cara e Mando di far fuori il gigantesco AT-ST, che poi è la vera minaccia visto che i predoni Klatooiniani si rivelano i classici bulli capaci di fare i prepotenti solo fintanto che non si trovano di fronte un contadino che sappia maneggiare una lancia. Molto azzeccata la scelta di rappresentarlo quasi fosse un demonio con gli occhi rossi che si muove solo di notte, sputato fuori dalle tenebre più fitte. E sarebbe altrettanto inutile dirlo, ma lo diciamo lo stesso, che il puccioso Gizmo verde regala anche a questo giro la sua solita dose di momenti teneri e nel contempo comici, stemperando i toni cupi e drammatici della storia senza scadere in quel becero umorismo infantile di cui fin troppo spesso ci si è lamentati a proposito degli episodi VIII e IX.
La battaglia, inutile dirlo, è ancora una volta ben girata e ancor più ben scritta: pur sapendo come andrà a finire, lo spettatore rimane col fiato sospeso mentre assiste ai tentativi di Cara e Mando di far fuori il gigantesco AT-ST, che poi è la vera minaccia visto che i predoni Klatooiniani si rivelano i classici bulli capaci di fare i prepotenti solo fintanto che non si trovano di fronte un contadino che sappia maneggiare una lancia. Molto azzeccata la scelta di rappresentarlo quasi fosse un demonio con gli occhi rossi che si muove solo di notte, sputato fuori dalle tenebre più fitte. E sarebbe altrettanto inutile dirlo, ma lo diciamo lo stesso, che il puccioso Gizmo verde regala anche a questo giro la sua solita dose di momenti teneri e nel contempo comici, stemperando i toni cupi e drammatici della storia senza scadere in quel becero umorismo infantile di cui fin troppo spesso ci si è lamentati a proposito degli episodi VIII e IX.
Se proprio si volesse trovare un difetto in una puntata pur così godibile e ben scritta, bisognerebbe porre l’accento sulla gestione dei comprimari: come già successo con IG-11 e Kuiil, anche Cara Dune viene liquidata troppo in fretta, perché sceglie di rimanere (almeno momentaneamente) su Sorgan. Ma forse è meglio così, il Mandaloriano rende meglio nelle vesti di novello Itto Ogami portandosi appresso solo quell’adorabile Daigoro verdastro. E poi nulla vieta all’ex-ribelle di tornare più avanti.
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Nonostante “Sanctuary” possa sembrare una deviazione dalla narrazione principale, il coinvolgimento di Mando nella difesa di una piccola comunità rurale contro predoni e AT-ST permette di approfondire ulteriormente la sua figura e di mostrare ancora una volta come l’universo di Star Wars non sia fatto solo di Jedi e Sith, di grandi giochi politici e di battaglie roboanti.
Chapter 3: The Sin 1×03 | ND milioni – ND rating |
Chapter 4: Sanctuary 1×04 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.