
Cornelius Hickey, d’altronde, si dimostra creatura progettata per sopravvivere (nello stesso senso in cui è stato detto dello xenomorfo della saga Alien) dall’inizio alla fine, cioè dal suo imbarco sotto falso nome al tentativo di diventare il nuovo sciamano, recidendosi la lingua davanti a Tuunbaq in un’altra scena molto forte. La creatura non accetta l’offerta e viene quasi istintivo approvare la sua scelta, così come il buon lavoro di Adam Nagaitis nel tratteggiare il suo personaggio di vilain.
Nel finale dello show, rispetto a quello del libro, ci sono delle differenze, come è logico pensando alla libertà artistica degli sceneggiatori. Una però lascia perplessi, ovvero la decisione di far morire Tuunbaq. Se la creatura, come Moby Dick, deve rappresentare la divinità, la natura, il destino, ognuno lo chiami come vuole a seconda di ciò in cui crede, essa non può morire. La sua uccisione sembra quasi suggerire un positivistico trionfo dell’uomo sull’ambiente circostante, a livelli non ancora raggiunti in realtà, come dimostrano i recenti terremoti e alluvioni avvenuti in Italia. A parte questo, una simile fine toglie potenza e magia alla figura dell’orso.
Forse questa scelta deriva dalla necessità di fare uscire di scena Lady Silence, di non farle coronare la sua storia d’amore col capitano Crozier e di non mettere un lieto fine ad una storia dove i momenti horror non sono mancati e sono stati anzi amplificati dalla potenza delle immagini, rispetto alla loro presentazione sulla pagina scritta.
La conclusione della vicenda è all’insegna di una serena mestizia: chi si salva rinuncia al ritorno in patria, con conseguenti sogni di gloria cullati alla partenza e decide di rimanere a vivere fra gli eschimesi, anche se è arrivata la spedizione di soccorso caldeggiata da Lady Jane Franklin con l’appoggio, fra gli altri, dell’amico Charles Dickens. I segni nel corpo e nell’anima sono troppo profondi, meglio stare fra i ghiacci ad espiare, come chi si ritirava nelle grotte per fare vita eremitica. Meglio tenere incisi nel cuore e nell’anima nomi e volti di tutti i membri dell’equipaggio periti nel “folle volo”.
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Tra i pregi di questa serie ci sono, innegabilmente, l’eleganza visiva (tanto per dire, formazioni di ghiaccio davanti alle quali si ha proprio l’idea di come l’uomo sia piccolo e venga risucchiato) e la capacità di descrivere l’evoluzione di alcuni personaggi, seguendoli con cura e rispetto. Basti pensare al cambiamento di rapporti tra Crozier e Fitzjames, da nemici ad alleati affratellati dalle traversie fronteggiate insieme, oppure alla vicenda umana di Thomas Blanky, dal “fidanzamento” con Tuunbaq che gli strappa una gamba allo scoprire il Passaggio a Nord – Ovest. Discutibile è, invece, la scelta di dare al finale un sapore di etica puritana, completamente diverso rispetto al libro. A ben guardare, infatti, le uniche vie percorribili proposte per una vita degna dell’essere umano sono l’eroico martirio o un’esistenza di eremitica espiazione, per salvarsi da un mondo dove l’uomo è veramente lupo per l’uomo. Nel complesso, comunque, una serie coraggiosa e ben realizzata.
The C, The C, The Open C 1×09 | ND milioni – ND rating |
We Are Gone 1×10 | ND milioni – ND rating |
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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).