My Brilliant Friend: The Story Of The Lost Child 4×09 – The DisappearanceTEMPO DI LETTURA 4 min

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Ad una sola puntata dalla fine, My Brilliant Friend rivela, a chi non ha letto i libri, il significato del sottotitolo di questa sua quarta stagione: Story of the Lost Child, storia della bimba perduta.
Il cold opening, infatti, si conclude con la scomparsa della piccola Tina, figlia di Enzo e di Lila. Tutto avviene all’improvviso, in un colorato mattino di festa al rione.
Fosse un romanzo morale dell’Ottocento, si potrebbe quasi vedere una punizione per la madre della bambina. La disgrazia, infatti, avviene mentre Lila se la chiacchiera bellamente con Nino. Tra i due sembra quasi esserci tensione erotica, quella che non fa dormire Lenù.
Comunque, questo è il mondo di Elena Ferrante, dove la vita è “stupida, storta e sghemba”. Di certo c’è solo che la bimba è sparita, non si sa se sia stato un rapimento o un incidente e non viene più ritrovata.

IRENE MAIORINO


La scomparsa di Tina getta i suoi genitori nella disperazione più profonda. In particolare Lila. Irene Maiorino prende il centro della scena e la sua performance innerva tutto l’episodio. Lenù può solo accompagnare, cercare di aiutare l’amica dal punto di vista soprattutto pratico, ma il dolore è immenso e sconfina nella pazzia.
Con la figlia, per Lila svanisce anche l’estrema speranza di riscatto sociale. Viene infatti ben mostrato come la bimba le somigli, soprattutto nell’intelligenza. Per chiarire meglio il concetto allo spettatore, Tina viene messa a confronto con Imma, la figlia più piccola di Elena, che invece è una bimba piena di problemi.
Se non bastasse, Lila riceve altre mazzate dalla vita: il fratello muore di droga, nel modo più squallido possibile e il figlio primogenito, Gennarino, sembra avviato a scendere la stessa china. A nulla vale il tardivo intervento del padre del ragazzo, Stefano Carracci. Questa sotto trama, dunque, ha anche la funzione di parlare di un problema sociale, la tossicodipendenza, esploso negli anni ’80.

MADWOMAN IN THE ATTIC


Davanti ai comportamenti di Lila nella puntata, alcuni commentatori in lingua inglese hanno rispolverato questa categoria: la pazza al piano di sopra.
Si tratta di un cliché il cui massimo esempio si trova nel classico Jane Eyre, di Charlotte Brontë, con l’inquietante figura della prima moglie di Mr. Rochester. Ha goduto di grande fortuna nei romanzi gotici.
Qui però non c’è solo la storia dai tocchi lievemente horror, quelli che da sempre accompagnano Raffaella Cerullo. C’è anche una narrazione sul potere dell’immaginazione e della fantasia, qualità capaci di creare così come di distorcere.
Lenù, studiando e scrivendo romanzi, ha imparato a incanalare le energie in un modo meno pericoloso per sé e per gli altri. La sua “amica geniale” no. Anche se le ragazze sono un po’ geniali tutte e due. A Lila non resta che ri-raccontarsi la propria storia, riadattandola al momento, per superare via via le difficoltà. Vedere il monologo in cui, appunto, rilegge tutte le sue vicende a partire dal negozio di scarpe.

UN FINALE DI PUNTATA TRAVOLGENTE


Un evento così cruciale come l’improvvisa scomparsa di una bambina innocente sarebbe bastato da solo a riempire degnamente l’episodio.
Invece, sul finale, arriva un altro colpo di scena. I fratelli Solara vengono freddati sui gradini della chiesa, in puro stile esecuzione mafiosa. Questo dopo aver promesso di ritrovare Tina, ma senza essere approdati a nulla. Meglio ancora, si vedono gli autori dell’attentato: Pasquale e Nadia.
Pasquale è quello che, ai tempi in cui Elena viveva con il marito Pietro, le piombava in casa, si autoinvitava a pranzo e infilava dritto il bagno per fare la doccia. Salvo poi disprezzare “gli intellettuali”. I due, attualmente, risultano rifugiati all’estero per sospetti atti terroristici. Bisogna capire se la scena rappresenta la verità o è solo una congettura di Lenù. Per questo, però, c’è ancora l’ultima puntata.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La performance di Irene Maiorino
  • Colpo di scena finale
  • La sempre puntuale colonna sonora
  • I Solara, come sempre
  • Dedé, orribile nei confronti di Lila

 

Un episodio molto potente prepara il gran finale della serie. Buona parte del merito sta nell’incisiva performance di Irene Maiorino. Riesce in modo carismatico e magnetico a rappresentare l’infinito dolore di una donna che, paradossalmente, non ha gli strumenti per dare un nome al suo dolore e capirlo. Per fare questo, c’è bisogno dell’amica di sempre.
Alle figlie di Elena, invece, la madre dovrebbe ricordare quanto fa dire Eduardo De Filippo alla sua Filumena Marturano: “Piange chi ha conosciuto il bene del mondo e non lo può avere. Io il bene del mondo nun l’aggio conosciuto mai.” Vederle essere così insensibili fa male.
Manca solo un episodio alla conclusione. Se verrà rispettato il verbo di Elena Ferrante, non tutto verrà spiegato, facendolo quadrare perfettamente. Si spera comunque in una chiusura un po’ più chiara rispetto a quella dei libri.

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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).

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