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Tra gli appassionati di cani troverete tantissime persone che hanno i loro personalissimi gusti e teorie sulla loro passione riguardante il miglior amico dell’uomo. Per quanto gli amanti della razza canina abbiamo idee e convinzioni diverse che a volte possono anche arrivare al contrasto, c’è una cosa su cui tutti sono d’accordo: i cani hanno un sesto senso per il pericolo e, like or not, lo sento sempre prima dell’uomo. La possiamo considerare
una abilità innata di esclusiva prerogativa dei cani? Perchè no! Scommetto che voi carissimi lettori di RecenSerie vi state chiedendo cosa diavolo centrino i cani con questa recensione. Beh, perchè il recensore (come lo spettatore di telefilm) una volta che è un navigato e assiduo conoscitore di serial televisivi capisce come sono certi format, certe trame e certi sviluppi, solo che non sa bene quando e come si verificheranno, anche se sa che si verificheranno. Le stesse sensazioni di pericolo e terrore le abbiamo viste in questa puntata di The Walking Dead.
Già ad inizio episodio c’era un sentore che qualcosa sarebbe andato terribilmente per il verso sbagliato, presentimento che arrivava con potenza dagli sguardi psicopatici delle sorelle Lizzie e Mica (o Mika, c’è chi lo scrive anche così) e dal perverso e insano desiderio/volontà della maggiore di trattare gli zombie come persone, come bambini appena conosciuti al parco o vittime di un cambiamento ingiusto e sfortunato. In questa quarta stagione del serial survivor horror tratto dal fumetto di Robert Kirkman sono cambiate tante cose rispetto alle precedenti stagioni, tanti nuovi aspetti sono stati introdotti e molti altri sono stati accantonati, come il fatto che The Walking Dead sia un’opera che trae le sue radici da un genere come l’horror, genere nato sopratutto per far nascere nello spettatore un senso di inquietudine costante. E’ quello che succede in questo episodio, torna l’horror, ma non l’horror che intende George Romero, è un senso di terrore più psicologico…ma, comunque, non meno incisivo.
Come si diceva prima, per l’ appunto, tutti quei discorsi deviati di Lizzie e i sorrisini psicotici di Mica/Mika mettono non solo soggezione, ma mettono lo spettatore sull’attenti attivandogli costantemente il suo Senso di Ragno. Ed è qui che arriva il colpo di austuzia e maestria narrativa; lo spettatore si sente come un qualsivoglia personaggio dell’universo narrativo di The Walking Dead: per quanto uno sta sull’attenti, per quanto uno si crede pronto a sopportare certe scene/sviluppi forti, non sarà mai pronto abbastanza. La sensazione è un pò come quando si affronta la morte di un parente stretto, che sia una Madre, un Padre o un figlio: si sa che prima o poi un momento del genere arriverà…ma questo non vuol dire 1) che si è pronti e 2) che sarà facile uscirne/sopportarlo; “The Grove/Il Bosco” ci presenta la stessa medesima situazione. Attraverso questa costante sensazione di inquietudine psicologico, la produzione ci regala uno dei migliori colpi di scena della stagione (e forse di tutte le stagioni) facendoci capire che il mondo descritto da Robert Kirkman è un mondo più fottuto di una pornostar; pure i protagonisti stessi sono pronti a sopportare certi duri colpi…ma a volte, il mondo scopre il tuo punto debole, la tua ferita aperta e ci butta sopra un quintale di sale, proprio come è successo in questo quattordicesimo episodio. Questo sviluppo narrativo probabilmente soddisferà in un certo modo anche tutti gli spettatori del telefilm che si lamentano della poca fedeltà con il mensile pubblicato dalla Image Comics e della decisione dei produttori/sceneggiatori di eliminare certi risvolti dal contenuto molto adulto in favore di un riadattamento un pò annacquato, buono per tutti e speciale per nessuno; anche se non accade nella stessa maniera e con gli stessi personaggi, complimenti alla produzione per aver portato in scena uno dei migliori momenti dell’opera originale e aver preso a calci in culo le trame politicamente corrette. Come sviluppo, ricorda molto quello dell’episodio dodici, con un inizio un pò lento ma che da i suoi risultati se si è disposti a portare pazienza. As usual, assieme a dei grandi pregi, abbiamo anche dei grandi difetti.
I contro sono gli stessi difetti di cui andiamo a lamentarci da un bel pò di puntate e che qui ritroviamo con insistenza: dove ci sta conducendo la trama principale? Esiste una trama principale? Se si, perchè se ne sbattono e non la sviluppano? Domande che, purtroppo, hanno l’infelice destino di rimanere tali (si spera solo per il momento). Un altro grande difetto, è che da questo episodio si capisce che la produzione vuole tirarsi sempre più in lungo il telefilm. Fateci caso: vedendo lo sviluppo della seconda parte della quarta stagione, sembra quasi che l’episodio undici faccia come una sorta di prologo a tutte le puntate successive, dopo che le situazioni solo presentate nella puntata citata vengono meglio sviluppate nelle successive. Un’arma a doppio taglio che danneggia più la produzione che altro: sebbene è legittimo che vogliano tirarsi in lungo la serie (del resto, è un prodotto di successo, è giusto che la AMC per guadagnare) dall’altra parte, non solo l’avanzamento di trama diventa lento, ma può scadere anche nel noioso e nel dispersivo, regalando stagioni dove potrebbe non succedere niente di niente. Altro grande, grandissimo difetto è stato il mondo in cui la scoperta dell’identità dell’assassino di Karen e David viene resa nota a Tyreese dall’assassino stesso: Carol. Dopo una prima parte di stagione passata a sputar minacce, insulti, promesse di dolore fisico e parole di maleducazione da parte di Tyreese stesso ai danni del colpevole, come se lo ritrova davanti, il tutto si risolve tutto in triste, amaro e deludente pugno di mosche; se qualcuno di voi non ha capito il perchè, ve lo dice Recenserie. Era ovvio che la soluzione migliore e che (forse) tutti aspettavano/volevano vedere era quella di vedere un confronto fisico dove Tyreese avrebbe ucciso Carol, ma la produzione non si può permettere la morte di questo personaggio perchè (piaccia o no al pubblico) la donna è diventata il Daryl femminile della situazione molto più di quanto lo sia Daryl stesso ora; non a caso, infatti, viene fatto premere a lei il grilletto che uccide l’inquietante Lizzie. Piaccia o no, è un personaggio forte che ora sa prendere decisioni forti e non ha paura di prenderle, perchè nel mondo di The Walking Dead avere pietà significa essere morti (o come Lizzie).
Già ad inizio episodio c’era un sentore che qualcosa sarebbe andato terribilmente per il verso sbagliato, presentimento che arrivava con potenza dagli sguardi psicopatici delle sorelle Lizzie e Mica (o Mika, c’è chi lo scrive anche così) e dal perverso e insano desiderio/volontà della maggiore di trattare gli zombie come persone, come bambini appena conosciuti al parco o vittime di un cambiamento ingiusto e sfortunato. In questa quarta stagione del serial survivor horror tratto dal fumetto di Robert Kirkman sono cambiate tante cose rispetto alle precedenti stagioni, tanti nuovi aspetti sono stati introdotti e molti altri sono stati accantonati, come il fatto che The Walking Dead sia un’opera che trae le sue radici da un genere come l’horror, genere nato sopratutto per far nascere nello spettatore un senso di inquietudine costante. E’ quello che succede in questo episodio, torna l’horror, ma non l’horror che intende George Romero, è un senso di terrore più psicologico…ma, comunque, non meno incisivo.
Come si diceva prima, per l’ appunto, tutti quei discorsi deviati di Lizzie e i sorrisini psicotici di Mica/Mika mettono non solo soggezione, ma mettono lo spettatore sull’attenti attivandogli costantemente il suo Senso di Ragno. Ed è qui che arriva il colpo di austuzia e maestria narrativa; lo spettatore si sente come un qualsivoglia personaggio dell’universo narrativo di The Walking Dead: per quanto uno sta sull’attenti, per quanto uno si crede pronto a sopportare certe scene/sviluppi forti, non sarà mai pronto abbastanza. La sensazione è un pò come quando si affronta la morte di un parente stretto, che sia una Madre, un Padre o un figlio: si sa che prima o poi un momento del genere arriverà…ma questo non vuol dire 1) che si è pronti e 2) che sarà facile uscirne/sopportarlo; “The Grove/Il Bosco” ci presenta la stessa medesima situazione. Attraverso questa costante sensazione di inquietudine psicologico, la produzione ci regala uno dei migliori colpi di scena della stagione (e forse di tutte le stagioni) facendoci capire che il mondo descritto da Robert Kirkman è un mondo più fottuto di una pornostar; pure i protagonisti stessi sono pronti a sopportare certi duri colpi…ma a volte, il mondo scopre il tuo punto debole, la tua ferita aperta e ci butta sopra un quintale di sale, proprio come è successo in questo quattordicesimo episodio. Questo sviluppo narrativo probabilmente soddisferà in un certo modo anche tutti gli spettatori del telefilm che si lamentano della poca fedeltà con il mensile pubblicato dalla Image Comics e della decisione dei produttori/sceneggiatori di eliminare certi risvolti dal contenuto molto adulto in favore di un riadattamento un pò annacquato, buono per tutti e speciale per nessuno; anche se non accade nella stessa maniera e con gli stessi personaggi, complimenti alla produzione per aver portato in scena uno dei migliori momenti dell’opera originale e aver preso a calci in culo le trame politicamente corrette. Come sviluppo, ricorda molto quello dell’episodio dodici, con un inizio un pò lento ma che da i suoi risultati se si è disposti a portare pazienza. As usual, assieme a dei grandi pregi, abbiamo anche dei grandi difetti.
I contro sono gli stessi difetti di cui andiamo a lamentarci da un bel pò di puntate e che qui ritroviamo con insistenza: dove ci sta conducendo la trama principale? Esiste una trama principale? Se si, perchè se ne sbattono e non la sviluppano? Domande che, purtroppo, hanno l’infelice destino di rimanere tali (si spera solo per il momento). Un altro grande difetto, è che da questo episodio si capisce che la produzione vuole tirarsi sempre più in lungo il telefilm. Fateci caso: vedendo lo sviluppo della seconda parte della quarta stagione, sembra quasi che l’episodio undici faccia come una sorta di prologo a tutte le puntate successive, dopo che le situazioni solo presentate nella puntata citata vengono meglio sviluppate nelle successive. Un’arma a doppio taglio che danneggia più la produzione che altro: sebbene è legittimo che vogliano tirarsi in lungo la serie (del resto, è un prodotto di successo, è giusto che la AMC per guadagnare) dall’altra parte, non solo l’avanzamento di trama diventa lento, ma può scadere anche nel noioso e nel dispersivo, regalando stagioni dove potrebbe non succedere niente di niente. Altro grande, grandissimo difetto è stato il mondo in cui la scoperta dell’identità dell’assassino di Karen e David viene resa nota a Tyreese dall’assassino stesso: Carol. Dopo una prima parte di stagione passata a sputar minacce, insulti, promesse di dolore fisico e parole di maleducazione da parte di Tyreese stesso ai danni del colpevole, come se lo ritrova davanti, il tutto si risolve tutto in triste, amaro e deludente pugno di mosche; se qualcuno di voi non ha capito il perchè, ve lo dice Recenserie. Era ovvio che la soluzione migliore e che (forse) tutti aspettavano/volevano vedere era quella di vedere un confronto fisico dove Tyreese avrebbe ucciso Carol, ma la produzione non si può permettere la morte di questo personaggio perchè (piaccia o no al pubblico) la donna è diventata il Daryl femminile della situazione molto più di quanto lo sia Daryl stesso ora; non a caso, infatti, viene fatto premere a lei il grilletto che uccide l’inquietante Lizzie. Piaccia o no, è un personaggio forte che ora sa prendere decisioni forti e non ha paura di prenderle, perchè nel mondo di The Walking Dead avere pietà significa essere morti (o come Lizzie).
PRO:
- Senso di terrore e inquietudine costante
- Grande colpo di scena di Lizzie e Mica (o Mika, che dir si voglia)
- Carol
CONTRO:
- Ancora nessuna traccia di un filo conduttore principale
- Tyreese VS Carol: annullato, causa scusa patetica
Pur con i suoi difetti, questo quattordicesimo episodio della quarta stagione di The Walking Dead è un diesel: parte lento e, quando parte, ci regala un gran bello spettacolo. Ancora non capiamo dove, in generale, lo show voglia andare a parare, ma prendendo questo episodio come puntata stand-alone, il serial survival horror ci regala uno dei migliori spettacoli di questa stagione.
Solo – Alone 4×13 | 12.65 milioni – 6.3 rating |
The Grove – Il Bosco 4×14 | 12.87 milioni – 6.4 rating |
VOTO EMMY
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Recensione ben fatta fin quando non hai descritto i contro. Sono opinioni personali che avresti fatto bene a tenere per te. Vuoi capire dove porta e quale sia la trama principale? Non ci vuole molto a capirlo: Terminus e ciò che comporterà ai personaggi una volta arrivati là. Se nessuno ci ha fatto caso, ve lo dico io. In un modo o nell'altro tutti i personaggi(esclusi per ora Daryl e Beth causa ignota sorte) stanno finendo tutti a terminus. E considerato che mancano due episodi al termine della stagione, la trama principale della quinta e del proseguio della storia sarà proprio questo posto ignoto. Inoltre è stata abilmente e magistralmente posta la base del medico che è a conoscenza di cosa abbia scatenato tutto ciò. Il punto è che un episodio dura 42 minuti e quindi non si possono concentrare su tutto o su una singola cosa per ogni episodio ed è normale che vengano narrate tutte le vicissitudini. Credevo che queste cose si erano capite ma vedo che ancora rimangono avvolte nel mistero. La serie non è confusa è fatta molto bene ed evidentemente non è noiosa. Lo si capisce dal fatto che in America è seconda solo al mega successo di TBBT. Ahimè sarà noiosa quando in America non la vedranno più e quindi verrà sacrificato il resto del mondo. Per il momento godiamoci questo successo ed evitiamo di dare giudizi personali basati su ciò che vorremmo vedere noi anzichè non accettare quello che ci viene proposto.
Grazie, ci hai spiegato TWD.