Too Old To Die Young 1×03 – Volume Three: The HermitTEMPO DI LETTURA 4 min

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Dopo due puntate che si potrebbero riassumere esclusivamente dal punto di vista di una pesante bellezza estetica, arriva quello che finora era stato rilevato come il grosso limite di queste serie: la narrazione.
Ciò che si poteva faticosamente intuire nei precedenti episodi qui acquisisce, infatti, più senso. Refn sta lentamente (molto) introducendo un affresco dove ogni personaggio ricopre un ruolo in un disegno più grande. Se di quest’ultimo ancora sfugge il senso, c’è da dire che intanto cominciano le interazioni tra i vari personaggi finora presentati e, con essi, le tematiche associate.
Intanto, ritorna l’agente Jones e il suo nuovo ruolo di sicario in una Los Angeles sempre più stratificata nel pantano del crimine in cui si trova. Ma ne compaiono anche di nuovi: Diana (Jena Malone), una psicologa che lavora con la procura a supporto delle vittime di abusi sessuali e, in parallelo, sfrutta questo lavoro per una personale “missione salvifica e vendicatrice” grazie all’aiuto del killer/ex agente FBI Viggo (John Hawkes), in fin di vita ma mosso da quei stessi sentimenti messianici. Nel corso dell’episodio, i tre avranno modo di incontrarsi e di confrontarsi e ogni volta la tensione la farà da padrone, rendendo questi avvenimenti le parti migliori della puntata.
Inutile dire che il comparto tecnico/registico rimane di primo livello. Forse meno spettacolare ed intenso rispetto ai primi due episodi, forse “sacrificato” per aiutare la narrazione a progredire (vedi anche un ridotto minutaggio e una presenza maggiore di dialoghi rispetto alle pure sequenze di silenzi dilatati).
In sostanza emerge, quindi, un livello più alto di scrittura e un maggiore coinvolgimento dello spettatore.
Ma qual è l’esperienza di partecipazione dello spettatore in questa serie? E’ una domanda lecita da farsi soprattutto se la scelta di Refn è così radicale e per certi versi respingente. E’ evidente la necessità per il regista di immergere letteralmente lo spettatore nelle situazione che si sta mostrando, una sorta di prima esperienza dove tutto è stupore e tutto risulta bello perché in qualche modo nuovo. Questo almeno nei primi due episodi.
Adesso il focus si sta leggermente spostando. Lentamente i personaggi da figure all’interno di un affresco stanno diventando qualcosa di più. E’ ancora presto per parlare di tridimensionalità, poiché il processo rimane lento, ma sicuramente si può dire che Refn vuole dipingere questi personaggi con pennellate nervose, senza mai spiegare cosa siano in realtà ma solo con l’idea di suggestionare.
E’ interessante vedere come in questo episodio ognuno di loro non è mai quello che sembra. Si viene ingannati da una serie di piste false, usando la tecnica di montaggi asincroni che aprono suggestioni e chiavi di lettura che, per quanto false, danno l’opportunità di percepire qualcosa di più o di diverso da quella che è la realtà. Si veda il fraintendimento sui ruoli della stessa Diana rispetto ai suoi due lavori “complementari” o sulla malattia di Viggo, precedentemente attribuibile alla madre.
Esemplare la definitiva caduta nel ruolo di sicario dell’agente Jones, ormai colluso con la gang di Damian. Dopo aver ucciso una donna, scopre che queste lascia in vita due figli piccoli, aprendo così una riflessione sul suo stato emotivo.
Splendido il confronto anticlimatico con Viggo che suggerisce tantissime risposte, mai date, a domande che ogni personaggio, e lo spettatore con loro, si pongono.
E’ evidente che il rapporto coi propri sentimenti e la maniera, faticosa, in cui vengono espressi sia un’altra chiave di lettura di ciò che viene mostrato, con un approccio molto realistico, intento che nella realtà ognuno fatica ad esprimere.
Qualcuno nell’episodio dice che le cose non vanno mai come vogliamo e si può dire che sia anche la linea guida dietro la narrazione/affresco di questa società estrema mostrata finora.
Bisognerà vedere come Refn (e Brubaker) hanno scelto di proseguire in questa indagine, col rischio di non dire molto e di farlo rimanendo troppo su un piano puramente estetico.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Di nuovo, il comparto tecnico è sempre ottimo
  • Comincia finalmente una narrazione e una profondità nella storia raccontata
  • Si intravede un affresco più complesso ed interessante
  • La visione richiede ancora un’estrema attenzione e pazienza. Meglio evitare di vederla se non si è nello stato mentale giusto

 

Questa serie è ostica. Dilatata, poco empatica, dispersiva. Possono essere difetti ma sembra che si stiano convertendo in qualcosa di positivo. Rimane comunque assolutamente da vedere e il Thank è per aver iniziato questo percorso di avvicinamento verso la sua fruibilità. Oltre ad essere semplicemente bella da vedere, sia chiaro.

 

Volume Two: The Lovers 1×02 ND milioni – ND rating
Volume Three: The Hermit 1×03 ND milioni – ND rating

 

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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