Seguendo il tracciato delle precedenti narrazioni, gli ultimi due episodi andati in onda si ramificano da una parte nel terreno calabrese delle ‘ndrine e dall’altra nelle vicende susseguitesi oltreoceano, dove il gioco si regge sui precari equilibri messicani e sulla rischiosa consegna avviata dai Lynwood.
Don Minu: “U caricu arriva. Ponnu stara tutti tranquilli.”
Don Benedetto: “E se non arriva?”
Don Minu: “Allora i nemici mei vincianu e io moro appresso a tutti chidi chi mi restano fedeli. Che saranno pochi. Pochissimi.”
Il focus sulla faida interna della cosca criminale permette di aprire uno scorcio sulla struttura e sulla tempra dell’imperscrutabile clan che domina al momento gli affari locali.
Don Minu è rimasta l’ultima garanzia di pace per le famiglie che gli fanno capo e, finché egli vive, il potere di una ancora non ben nota zona del reggino è ben saldo. Ma come spesso accade (e noi telespettatori di Gomorra lo sappiamo bene) le guerre che danno inizio a lunghi periodi di atrocità e sangue sono sempre intestine e germogliano all’interno della stessa famiglia, tra padri, figli, nonni, nipoti.
L’episodio mette brevemente in luce la storia della famiglia La Piana, ma soprattutto sfrutta l’occasione per evidenziare come il potere non conosca sangue e detenerlo significa non guardare in faccia nessuno, nemmeno il proprio figlio. In questa rappresentazione la serie riesce al meglio. L’immagine mite e debole di Don Minu è esteticamente perfetta per contrapporsi alla sua brutalità: egli stesso non ha alcun remore nell’ammettere l’omicidio del figlio, per la più importante ragion di stato, confermandosi l’uomo torvo e spietato di cui la cosca ha bisogno per sopravvivere.
La copiosa cronaca giudiziaria ha contribuito a dipingere nell’immaginario collettivo la figura del capomafia come un uomo anziano, fisicamente inadatto alla latitanza, ma arso ancora da sete di controllo e crudeltà che lo guidano in azioni disumane, assicurandogli così il rispetto e la fedeltà delle famiglie affiliate. Di fronte a tale potere, suo nipote Stefano nulla può. Il sabotaggio viene ben presto scoperto e Stefano costretto a fare un passo indietro nella rivolta contro suo nonno, non avendo evidentemente fatto i conti con la sovranità indiscussa del capofamiglia.
Se per questi versi la serie fotografa perfettamente la realtà storico-sociale, per altri si aggrappa ai falsi miti della criminalità organizzata, che vogliono, ad esempio, che donne a bambini non si tocchino. Sappiamo tutti bene che non è così, che non c’è alcun riguardo da parte degli affiliati nei confronti delle donne e dei bambini, dicerie sfatate ormai da anni dai più efferati omicidi compiuti dai clan mafiosi, a riconferma di come il potere non abbia alcuna coscienza o etica.
Il viaggio oltreoceano
Il quarto episodio concentra il suo minutaggio sulle vicende dei fratelli Lynwood ormai orfani del padre, vero faccendiere ai servigi di Don Minu.
A causa del sabotaggio, la nave della famiglia di brokers americani salpa in Senegal e nonostante un susseguirsi di intoppi di vario genere riesce a salvare il carico di coca.
Da ammettere che questo quarto episodio scorre meno velocemente dei precedenti, benché si dimostri foriero di più riflessioni.
I due fratelli sembrano trovarsi alle prese con un grosso problema, il carico è fermo e la burocrazia non permette una ripartenza inosservata; i Lynwood, tuttavia, possono contare, paradossalmente, sia sulle autorità che sulla criminalità locale per risolvere il problema. La riflessione non appare di poco conto, in una serie inchiesta che disegna il percorso della cocaina dai produttori ai venditori, non è mai scontato sottolineare come tutti siano consapevoli di quello che accade, disposti a far finta di non vedere pur di avere una fetta di torta.
La parte più interessante della produzione Sky è proprio il viaggio che vede la protagonista della serie strisciare da una parta all’altra del mondo, tra mille inconvenienti che mettono a rischio la partita in gioco, ma che mai comprometteranno la destinazione.
Risulta davvero difficile dare un giudizio critico sulla nuova serie di Stefano Sollima, soprattutto alla luce dei suoi prodotti precedenti. Il paragone con Gomorra viene spontaneo e fin troppo facile, ma è assolutamente da evitare per potersi godere una serie come ZeroZeroZero che, attualmente, si pone nello scenario televisivo come una serie inchiesta, ben lontana dal genere del romanzo criminale. La sensazione che si ha durante la visione è che tutti personaggi siano un contorno, un mezzo poco importante e necessario solamente a far emergere la vera protagonista e il suo potere.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Tampico Skies 1×02 | ND milioni – ND rating |
Miranda 1×03 | ND milioni – ND rating |
Il Trasbordo 1×04 | ND milioni – ND rating |
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.