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“Reparations” riparte dal preciso momento in cui si era concluso “The Toll”. Niente salti temporali, nessuna accelerazione: i Byrde si ritrovano ad affrontare la loro nuova posizione sociale all’interno dell’infausta comunità di Ozark, nonché a fare i conti con le cicatrici rimaste dopo il violento e confusionario finale della prima stagione.
Queste cicatrici abbracciano i due ambiti narrativi che Ozark è riuscita a portare avanti in modo sapiente e ben calibrato e che trovano, in questa prima puntata, un minutaggio disomogeneo (giustamente).
La prima cicatrice di cui si fa menzione è quella relativa al lato famigliare: Charlotte e Jonah, ormai a conoscenza di ogni più piccolo particolare della fitta ragnatela di avvenimenti occorsi, iniziano a portare in scena evidenti dubbi riguardo la propria famiglia, sentendosi minacciati sia da un punto di vista sociale (una vita da reclusi), sia da un punto di vista puramente umano (istinto di sopravvivenza e paura della morte). Nonostante Charlotte sia quella più matura dei due, risulta essere Jonah a conti fatti la mente forse più fredda e cinica, basti pensare quando, in relazione ai diecimila dollari appena trafugati dalla sorella, lascia trasparire la possibilità di una futura fuga dei due verso altri lidi. E verso, magari, una situazione sociale meno tesa e più pacifica.
La seconda cicatrice, che trova maggiore spazio e che rappresenta la vera colonna portante del racconto della serie Netflix, riguarda il lato del riciclaggio di denaro del cartello: la morte di Del ha gettato nel caos ogni singola aspettativa dei Byrde e Martin si ritrova nella (non nuova) posizione di dover mediare e cercare di riuscire nuovamente a salvare se stesso e la propria famiglia, unitamente al portare avanti i propri affari finanziari.
La delegazione del cartello, utile a portare ulteriori nuovi personaggi in scena e a rimpolpare questa porzione di trama, scopre ben presto la morte del proprio capo e va quindi alla ricerca di vendetta e di un giusto “prezzo” per controbilanciare la perdita. Ciò che colpisce forse più di tutto è la trasformazione degli Snell (relativamente al capo famiglia Jacob): nella prima stagione erano apparsi come cruenti e spietati affaristi impossibili da rallentare (basti pensare all’enigmatica scena del Reverendo) e tale elemento, nonostante venga in un certo tal senso mantenuto, si ritrova ad essere impreziosito anche da un profondo senso della parola e della lealtà. Una lealtà macchiata dal sangue della violenza e dalla più becera cattiveria, chiaramente; tuttavia, la morte di Del non era stata preventivata da nessuno ed appare chiaro a Jacob che per riequilibrare la situazione tocca a loro pagare un prezzo. Ecco quindi che dal nulla ritornano in scena gli spietati affaristi nel momento in cui Jacob prima stordisce Ash per poi ucciderlo, quasi fosse un banale insetto o un oggetto ornamentale che avesse perso di significato e valore tutto ad un tratto.
Questa seconda stagione si apre però con una particolare avvisaglia: le figure femminili in scena (Ruth e Wendy) sembrano poter ricoprire un ruolo di maggiore rilevanza in questa seconda tranche di episodi. Ruth si ritrova tra due fuochi e mentre da una parte nasconde la propria gioia per il ritorno a casa del padre, dall’altra vorrebbe poter apprendere e stringere un maggiore legame con Marty, una figura alla quale si sente indissolubilmente legata e per la quale prova un sentito affetto. Un affetto che non deve essere confuso però, perché Ruth guarda a Marty come ad un padre. Proprio da qui, infatti, il suo dilemma interiore che rispecchia la difficile situazione in cui è piombata.
Wendy dal canto suo risulta essere molto più utile in scena ed attiva rispetto alla prima stagione e questo sicuramente non può che essere un fattore narrativo positivo: l’intera trama di Ozark non poggia più sulle spalle di Bateman e, nonostante l’attore rimanga la pietra cardine del racconto, fa anche piacere poter approfondire e scoprire nuove strade in precedenza mai battute.
Queste cicatrici abbracciano i due ambiti narrativi che Ozark è riuscita a portare avanti in modo sapiente e ben calibrato e che trovano, in questa prima puntata, un minutaggio disomogeneo (giustamente).
La prima cicatrice di cui si fa menzione è quella relativa al lato famigliare: Charlotte e Jonah, ormai a conoscenza di ogni più piccolo particolare della fitta ragnatela di avvenimenti occorsi, iniziano a portare in scena evidenti dubbi riguardo la propria famiglia, sentendosi minacciati sia da un punto di vista sociale (una vita da reclusi), sia da un punto di vista puramente umano (istinto di sopravvivenza e paura della morte). Nonostante Charlotte sia quella più matura dei due, risulta essere Jonah a conti fatti la mente forse più fredda e cinica, basti pensare quando, in relazione ai diecimila dollari appena trafugati dalla sorella, lascia trasparire la possibilità di una futura fuga dei due verso altri lidi. E verso, magari, una situazione sociale meno tesa e più pacifica.
La seconda cicatrice, che trova maggiore spazio e che rappresenta la vera colonna portante del racconto della serie Netflix, riguarda il lato del riciclaggio di denaro del cartello: la morte di Del ha gettato nel caos ogni singola aspettativa dei Byrde e Martin si ritrova nella (non nuova) posizione di dover mediare e cercare di riuscire nuovamente a salvare se stesso e la propria famiglia, unitamente al portare avanti i propri affari finanziari.
La delegazione del cartello, utile a portare ulteriori nuovi personaggi in scena e a rimpolpare questa porzione di trama, scopre ben presto la morte del proprio capo e va quindi alla ricerca di vendetta e di un giusto “prezzo” per controbilanciare la perdita. Ciò che colpisce forse più di tutto è la trasformazione degli Snell (relativamente al capo famiglia Jacob): nella prima stagione erano apparsi come cruenti e spietati affaristi impossibili da rallentare (basti pensare all’enigmatica scena del Reverendo) e tale elemento, nonostante venga in un certo tal senso mantenuto, si ritrova ad essere impreziosito anche da un profondo senso della parola e della lealtà. Una lealtà macchiata dal sangue della violenza e dalla più becera cattiveria, chiaramente; tuttavia, la morte di Del non era stata preventivata da nessuno ed appare chiaro a Jacob che per riequilibrare la situazione tocca a loro pagare un prezzo. Ecco quindi che dal nulla ritornano in scena gli spietati affaristi nel momento in cui Jacob prima stordisce Ash per poi ucciderlo, quasi fosse un banale insetto o un oggetto ornamentale che avesse perso di significato e valore tutto ad un tratto.
Questa seconda stagione si apre però con una particolare avvisaglia: le figure femminili in scena (Ruth e Wendy) sembrano poter ricoprire un ruolo di maggiore rilevanza in questa seconda tranche di episodi. Ruth si ritrova tra due fuochi e mentre da una parte nasconde la propria gioia per il ritorno a casa del padre, dall’altra vorrebbe poter apprendere e stringere un maggiore legame con Marty, una figura alla quale si sente indissolubilmente legata e per la quale prova un sentito affetto. Un affetto che non deve essere confuso però, perché Ruth guarda a Marty come ad un padre. Proprio da qui, infatti, il suo dilemma interiore che rispecchia la difficile situazione in cui è piombata.
Wendy dal canto suo risulta essere molto più utile in scena ed attiva rispetto alla prima stagione e questo sicuramente non può che essere un fattore narrativo positivo: l’intera trama di Ozark non poggia più sulle spalle di Bateman e, nonostante l’attore rimanga la pietra cardine del racconto, fa anche piacere poter approfondire e scoprire nuove strade in precedenza mai battute.
Marty: “We make the pancakes, and ask the kids what’s going on with school and we just keep trying to figure out a way out of this, Wendy.”
Wendy: “We’re responsible.”
Marty: “What for?”
Wendy: “All of it.”
Marty: “No, we’re not.”
Wendy: “Another man is dead.”
Marty: “Because of his choices. He didn’t have to try to cover up a murder, okay? Just like Darlene didn’t have to kill Del in the first place, or Russ and Boyd didn’t have to decide to try to kill me, or Mason should have stayed out on the water. Should’ve stayed on the fucking water. And, you know… People make choices, Wendy. Choices have consequences. We don’t have to live under the weight of those decisions.”
Wendy: “At least admit it was good for us. If that man hadn’t died, the casino would be dead. So would we.”
Marty: “We got lucky.”
Wendy: “We’re responsible.”
Marty: “What for?”
Wendy: “All of it.”
Marty: “No, we’re not.”
Wendy: “Another man is dead.”
Marty: “Because of his choices. He didn’t have to try to cover up a murder, okay? Just like Darlene didn’t have to kill Del in the first place, or Russ and Boyd didn’t have to decide to try to kill me, or Mason should have stayed out on the water. Should’ve stayed on the fucking water. And, you know… People make choices, Wendy. Choices have consequences. We don’t have to live under the weight of those decisions.”
Wendy: “At least admit it was good for us. If that man hadn’t died, the casino would be dead. So would we.”
Marty: “We got lucky.”
Nel dialogo sopra riportato, Marty allontana da sé lo spettro della colpa, forse perché realmente convinto di quanto dice o forse perché incapace di poter sopportare un altro peso sulle proprie spalle, cerca quindi di sviare l’attenzione scaricando il barile. In maniera molto semplicistica è vero, ma molto efficace. Ogni scelta ha le proprie conseguenze e a Marty e all’intera famiglia Byrde prima o poi verrà presentato il conto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Ozark riprende lì dove tutto si era momentaneamente fermato. Sospeso nel tempo, il racconto che coinvolge la famiglia Byrde non si indebolisce, ma anzi prende nuova energia e slancio.
The Toll 1×10 | ND milioni – ND rating |
Reparations 2×01 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.