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La stragrande maggioranza delle volte si tende (giustamente) a non considerare degne le trasposizioni letterarie sullo schermo, accusandole di restringere troppo la narrazione saltando passaggi chiave.
Seppur Outlander non si può definire fedele al 100% ai romanzi di Diana Gabaldon, non si può certo accusare la serie di Ronald D. Moore di non prendersi il suo tempo nello sviluppo della storia.
Questa quinta stagione, infatti, sembra essere partita con una certa calma narrativa, presentandosi con una puntata che sembrava preparare il terreno ad eventi quasi imminenti che poi hanno iniziato a trascinarsi un po’. Basta guardare alla puntata della scorsa settimana, un intero episodio che ha dato tutta l’attenzione possibile ad un evento accaduto anche nei libri e che, forse per situazioni future, non poteva essere ignorato, ma che invece di essere solo accennato si è trasformato in uno degli episodi meglio riusciti della serie. Un modo per confermare l’assoluta capacità di Outlander di mettere in scena anche storie che si discostano dalla sua solita caratterizzazione.
Anche il quarto appuntamento non si allontana molto dal senso di procrastinazione che pervade questo inizio stagionale. Gli autori sembrano essersi impegnati in maniera accurata nel raccontare il percorso che porterà al nocciolo delle storyline, dedicando intere puntate ad eventi non specifici per l’economia della trama ma che, allo stesso tempo, servono per dare allo spettatore uno sguardo più accurato alla sfera emotiva dei protagonisti.
“The Company We Keep” infatti, se da un lato non fa scorrere in avanti la trama orizzontale, regala una visione attenta alle relazioni dei character e alle nuove vesti che essi si ritrovano ad indossare in questa stagione.
Uno tra i personaggi maggiormente sotto la lente d’ingrandimento in questo episodio era senz’altro Roger. L’uomo, che più di tutti deve abituarsi alla nuova vita in un’altra epoca, si ritrova a dover fare i conti sia con il nuovo ruolo che gli si richiede, sia con il rapporto mai davvero consolidatosi con Jamie. Nel sottolineare le difficoltà riscontrate da Roger, gli autori hanno sottolineato come un conto sia conoscere tutto a livello teorico della storia passata, un altro è ritrovarsi nel mezzo di essa. L’approccio sbagliato di Roger in questo episodio non ha fatto altro che continuare a mantenere freddo il rapporto tra lo stesso ed il suocero: che Jamie non gli abbia mai perdonato l’esitazione nei confronti di Brianna è ormai risaputo, ma non si può fare a meno di pensare che questo gelo tra i due faccia più male a Roger di quanto si possa immaginare. Quest’ultimo infatti, non è mai apparso come uno di quei personaggi magnetici che catalizzano subito l’attenzione del pubblico, e un aiuto da parte di un character come Jamie non farebbe altro che agevolarlo in tal senso.
Tra gli altri protagonisti al centro di questa retrospettiva interiore, non potevano mancare i coniugi Fraser. I due, nonostante l’arrivo di altri personaggi, il cambio di location e situazioni, rimangono sempre fortemente il perno centrale dell’intera serie. Il loro confronto riguardo il crescere insieme la bambina, o anche il sistemare tutte quelle situazioni che gli si presentano davanti (vedi la questione Beardsley della scorsa settimana o i novelli Giulietta&Romeo di quest’episodio), dimostra tutta la maturità della coppia e la forza che dopo tanti anni ancora li caratterizza.
Di tutt’altro stampo invece è la storyline dedicata a Brianna. La donna sta vivendo una crisi interiore in completa solitudine, con lo spettro di Bonnet che la perseguita. Anche in questo caso, gli autori hanno sottolineato di aver voluto mantenere viva la presenza di Bonnet in scena anche se per ora non ancora al centro della trama, proprio per rendere più reale allo spettatore l’incubo vissuto da Bree. E per ora ci sono riusciti benissimo, mostrandola sotto forma delle angosce o delle paranoie di Brianna. Aspettando sempre che anche questa storyline prenda il volo.
Seppur Outlander non si può definire fedele al 100% ai romanzi di Diana Gabaldon, non si può certo accusare la serie di Ronald D. Moore di non prendersi il suo tempo nello sviluppo della storia.
Questa quinta stagione, infatti, sembra essere partita con una certa calma narrativa, presentandosi con una puntata che sembrava preparare il terreno ad eventi quasi imminenti che poi hanno iniziato a trascinarsi un po’. Basta guardare alla puntata della scorsa settimana, un intero episodio che ha dato tutta l’attenzione possibile ad un evento accaduto anche nei libri e che, forse per situazioni future, non poteva essere ignorato, ma che invece di essere solo accennato si è trasformato in uno degli episodi meglio riusciti della serie. Un modo per confermare l’assoluta capacità di Outlander di mettere in scena anche storie che si discostano dalla sua solita caratterizzazione.
Anche il quarto appuntamento non si allontana molto dal senso di procrastinazione che pervade questo inizio stagionale. Gli autori sembrano essersi impegnati in maniera accurata nel raccontare il percorso che porterà al nocciolo delle storyline, dedicando intere puntate ad eventi non specifici per l’economia della trama ma che, allo stesso tempo, servono per dare allo spettatore uno sguardo più accurato alla sfera emotiva dei protagonisti.
“The Company We Keep” infatti, se da un lato non fa scorrere in avanti la trama orizzontale, regala una visione attenta alle relazioni dei character e alle nuove vesti che essi si ritrovano ad indossare in questa stagione.
Uno tra i personaggi maggiormente sotto la lente d’ingrandimento in questo episodio era senz’altro Roger. L’uomo, che più di tutti deve abituarsi alla nuova vita in un’altra epoca, si ritrova a dover fare i conti sia con il nuovo ruolo che gli si richiede, sia con il rapporto mai davvero consolidatosi con Jamie. Nel sottolineare le difficoltà riscontrate da Roger, gli autori hanno sottolineato come un conto sia conoscere tutto a livello teorico della storia passata, un altro è ritrovarsi nel mezzo di essa. L’approccio sbagliato di Roger in questo episodio non ha fatto altro che continuare a mantenere freddo il rapporto tra lo stesso ed il suocero: che Jamie non gli abbia mai perdonato l’esitazione nei confronti di Brianna è ormai risaputo, ma non si può fare a meno di pensare che questo gelo tra i due faccia più male a Roger di quanto si possa immaginare. Quest’ultimo infatti, non è mai apparso come uno di quei personaggi magnetici che catalizzano subito l’attenzione del pubblico, e un aiuto da parte di un character come Jamie non farebbe altro che agevolarlo in tal senso.
Tra gli altri protagonisti al centro di questa retrospettiva interiore, non potevano mancare i coniugi Fraser. I due, nonostante l’arrivo di altri personaggi, il cambio di location e situazioni, rimangono sempre fortemente il perno centrale dell’intera serie. Il loro confronto riguardo il crescere insieme la bambina, o anche il sistemare tutte quelle situazioni che gli si presentano davanti (vedi la questione Beardsley della scorsa settimana o i novelli Giulietta&Romeo di quest’episodio), dimostra tutta la maturità della coppia e la forza che dopo tanti anni ancora li caratterizza.
Di tutt’altro stampo invece è la storyline dedicata a Brianna. La donna sta vivendo una crisi interiore in completa solitudine, con lo spettro di Bonnet che la perseguita. Anche in questo caso, gli autori hanno sottolineato di aver voluto mantenere viva la presenza di Bonnet in scena anche se per ora non ancora al centro della trama, proprio per rendere più reale allo spettatore l’incubo vissuto da Bree. E per ora ci sono riusciti benissimo, mostrandola sotto forma delle angosce o delle paranoie di Brianna. Aspettando sempre che anche questa storyline prenda il volo.
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Con dodici episodi a disposizione, Outlander se la prende comoda. La sua fortuna è di riuscire comunque a regalare episodi ben fatti e che non annoiano mai, tuttavia, giunti oltre il quarto episodio, un’accelerata alla trama non guasterebbe di certo.
Free Will 5×03 | 0.77 milioni – ND rating |
The Company We Keep 5×04 | 0.76 milioni – 0.1 rating |
Sponsored by Outlander Italy
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.