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“Things fall apart. The center cannot hold.”
Si era deciso di aprire la scorsa recensione con una breve dissertazione sulla figura di Prometeo e la sua contrapposizione con quella di Forest, capo assoluto di Amaya, nonché determinismo fatta persona.
Appare quindi corretto aprire quest’ultima recensione riguardante Devs con un’altra contrapposizione, questa volta non più riguardante uno personaggi in scena, quanto piuttosto la serie stessa.
Considerato il contorto e non convincente (forse perché eccessivamente semplicistico sotto molti punti di vista) finale di stagione, la figura mitologica di riferimento è Icaro: la serie di Alex Garland, allo stesso modo del celebre figlio di Dedalo, secondo il mito, si ritrova per troppa cupidigia, troppa libidine a volare eccessivamente vicino il Sole. Il risultato è una sciagurata e fragorosa caduta nel vuoto nel preciso istante in cui le risposte che la serie cerca di fornire al proprio spettatore si dimostrano pressapochiste ed insufficienti.
Quello che era lecito attendersi era sicuramente un finale criptico e di difficile interpretazione: la narrativa di Devs, le tematiche chiamate in causa, gli elementi filosofici-scientifici a cui girava attorno facevano presupporre ad un finale aperto o libero a varie interpretazioni. Da una parte viene rispettata questa possibilità dal momento che il finale si attesta su alti livelli di cripticismo (vuoi per complessità degli argomenti, vuoi per una sceneggiatura aggrovigliata all’inverosimile); tuttavia buona parte dell’episodio si regge su elementi ben poco convincenti ed il dolce-amaro happy ending conclusivo finisce per svilire quanto di buon fin qui portato in scena.
Andiamo con ordine.
L’intera serie è stata abilmente costruita attorno allo scontro ideologico tra determinismo e libero arbitrio, appare quindi chiaro che proprio il finale era atteso in quanto “chiarificatore” da questo punto di vista: ciò che una persona compie è veramente determinato, ossia dettato da un insieme di concause? Oppure il libero arbitrio esiste veramente e una persona ha la libertà di decidere da sé il proprio personale cammino? Garland decide di fare la cosa più antipatica, dal punto di vista dello spettatore, decide di non rispondere e, anzi, fa spallucce riguardo l’intera questione: Lily, a cui era stato mostrato il proprio “destino”, lancia via la pistola compiendo un vero atto di libero arbitrio, eppure il risultato non cambia in alcun modo dal momento che sia lei, sia Forest muoiono malauguratamente poco dopo. Insomma, Garland abbozza la possibilità dell’esistenza del libero arbitrio ma subito dopo ne svilisce il fine ultimo inficiando quanto mostrato.
La gestione delle proiezioni risulta ancora una volta ottimamente gestita, anche se con alcune scene decisamente eccessive da questo punto di vista. La sequenza di Lily e Forest che osservano ciò che da lì a pochi minuti sarebbe avvenuto è un’immagine terribilmente accattivante e narrativamente bellissima, ma ancora una volta ecco che si ri-palesa Icaro: in una scena tra l’onirico ed il reale Katie inizia a dialogare con Forest (diventato parte della proiezione, del sistema, di Devs) in tutta tranquillità, un qualcosa mai avvenuto fino a questo punto della serie e che rappresenta il fatidico battito di ali di troppo verso il Sole. Il dialogo tra i due amanti è compassato, sincero e carico di dolore da una parte (Katie che deve dire addio per sempre a Forest) e di gioia dall’altra (Forest che potrà riabbracciare la propria famiglia in una realtà idilliaca del multiverso; sì, multiverso perché è proprio lì che la serie trova conclusione: il dialogo tra Lily e Forest in conclusione di puntata, fuori dalla struttura di Devs, chiarisce proprio questo punto della storia. I Lily e Forest che vengono mostrati in scena sono quelli della simulazione, che Katie cercherà ora di mantenere accesa per più tempo possibile) e parallelamente a quanto viene mostrato ci sono versioni di loro che non hanno modo di poter dire di vivere in una realtà felice (Lily e Forest nel cupo buio ed in solitudine che appaiono per pochi secondi).
La serie quindi trova la conclusione raccontando la realtà “positiva” del multiverso, celando le realtà “negative” e ponendo quindi l’attenzione sull’eterna impossibilità di una felicità piena, completa e totale dal momento che, secondo la logica di Devs, la nostra momentanea felicità è il prodotto del disagio e della precarietà di altre versioni di noi in chissà quale realtà. Un finale difficile da inquadrare e che svilisce lo sviluppo del personaggio di Lily: se da una parte la conclusione con happy ending della parabola narrativa di Forest riesce ad avere senso (il suo obiettivo era quello di riunirsi con la famiglia), Lily si ritrova nuovamente bloccata in una realtà controllata da altri nonostante rappresenti, a conti fatti, l’unico personaggio in scena ad aver compiuto, come in precedenza appuntato, un vero e proprio atto di libero arbitrio.
Messa da parte la vera e propria conclusione, la costruzione di questo ottavo episodio risulta come di consueto ben trasposta: l’intero girato viene concentrato all’interno della struttura di Devs, senza troppi allungamenti inutili e portando in scena la corretta dose di dialoghi (elemento d’eccellenza all’interno di questo prodotto).
Come nota a margine conclusiva, e giusto per chiudere con il rimando di Icaro con il quale si era scelto di aprire questa recensione, va ovviamente citato il famoso passaggio in cui Forest specifica che “Devs” sarebbe un gioco di parole con “Deus”, nome originario da lui pensato all’intero progetto. Se non si può intendere questa come una grossolana esagerazione, allora tutto è concesso.
Appare quindi corretto aprire quest’ultima recensione riguardante Devs con un’altra contrapposizione, questa volta non più riguardante uno personaggi in scena, quanto piuttosto la serie stessa.
Considerato il contorto e non convincente (forse perché eccessivamente semplicistico sotto molti punti di vista) finale di stagione, la figura mitologica di riferimento è Icaro: la serie di Alex Garland, allo stesso modo del celebre figlio di Dedalo, secondo il mito, si ritrova per troppa cupidigia, troppa libidine a volare eccessivamente vicino il Sole. Il risultato è una sciagurata e fragorosa caduta nel vuoto nel preciso istante in cui le risposte che la serie cerca di fornire al proprio spettatore si dimostrano pressapochiste ed insufficienti.
Quello che era lecito attendersi era sicuramente un finale criptico e di difficile interpretazione: la narrativa di Devs, le tematiche chiamate in causa, gli elementi filosofici-scientifici a cui girava attorno facevano presupporre ad un finale aperto o libero a varie interpretazioni. Da una parte viene rispettata questa possibilità dal momento che il finale si attesta su alti livelli di cripticismo (vuoi per complessità degli argomenti, vuoi per una sceneggiatura aggrovigliata all’inverosimile); tuttavia buona parte dell’episodio si regge su elementi ben poco convincenti ed il dolce-amaro happy ending conclusivo finisce per svilire quanto di buon fin qui portato in scena.
Andiamo con ordine.
L’intera serie è stata abilmente costruita attorno allo scontro ideologico tra determinismo e libero arbitrio, appare quindi chiaro che proprio il finale era atteso in quanto “chiarificatore” da questo punto di vista: ciò che una persona compie è veramente determinato, ossia dettato da un insieme di concause? Oppure il libero arbitrio esiste veramente e una persona ha la libertà di decidere da sé il proprio personale cammino? Garland decide di fare la cosa più antipatica, dal punto di vista dello spettatore, decide di non rispondere e, anzi, fa spallucce riguardo l’intera questione: Lily, a cui era stato mostrato il proprio “destino”, lancia via la pistola compiendo un vero atto di libero arbitrio, eppure il risultato non cambia in alcun modo dal momento che sia lei, sia Forest muoiono malauguratamente poco dopo. Insomma, Garland abbozza la possibilità dell’esistenza del libero arbitrio ma subito dopo ne svilisce il fine ultimo inficiando quanto mostrato.
La gestione delle proiezioni risulta ancora una volta ottimamente gestita, anche se con alcune scene decisamente eccessive da questo punto di vista. La sequenza di Lily e Forest che osservano ciò che da lì a pochi minuti sarebbe avvenuto è un’immagine terribilmente accattivante e narrativamente bellissima, ma ancora una volta ecco che si ri-palesa Icaro: in una scena tra l’onirico ed il reale Katie inizia a dialogare con Forest (diventato parte della proiezione, del sistema, di Devs) in tutta tranquillità, un qualcosa mai avvenuto fino a questo punto della serie e che rappresenta il fatidico battito di ali di troppo verso il Sole. Il dialogo tra i due amanti è compassato, sincero e carico di dolore da una parte (Katie che deve dire addio per sempre a Forest) e di gioia dall’altra (Forest che potrà riabbracciare la propria famiglia in una realtà idilliaca del multiverso; sì, multiverso perché è proprio lì che la serie trova conclusione: il dialogo tra Lily e Forest in conclusione di puntata, fuori dalla struttura di Devs, chiarisce proprio questo punto della storia. I Lily e Forest che vengono mostrati in scena sono quelli della simulazione, che Katie cercherà ora di mantenere accesa per più tempo possibile) e parallelamente a quanto viene mostrato ci sono versioni di loro che non hanno modo di poter dire di vivere in una realtà felice (Lily e Forest nel cupo buio ed in solitudine che appaiono per pochi secondi).
La serie quindi trova la conclusione raccontando la realtà “positiva” del multiverso, celando le realtà “negative” e ponendo quindi l’attenzione sull’eterna impossibilità di una felicità piena, completa e totale dal momento che, secondo la logica di Devs, la nostra momentanea felicità è il prodotto del disagio e della precarietà di altre versioni di noi in chissà quale realtà. Un finale difficile da inquadrare e che svilisce lo sviluppo del personaggio di Lily: se da una parte la conclusione con happy ending della parabola narrativa di Forest riesce ad avere senso (il suo obiettivo era quello di riunirsi con la famiglia), Lily si ritrova nuovamente bloccata in una realtà controllata da altri nonostante rappresenti, a conti fatti, l’unico personaggio in scena ad aver compiuto, come in precedenza appuntato, un vero e proprio atto di libero arbitrio.
Messa da parte la vera e propria conclusione, la costruzione di questo ottavo episodio risulta come di consueto ben trasposta: l’intero girato viene concentrato all’interno della struttura di Devs, senza troppi allungamenti inutili e portando in scena la corretta dose di dialoghi (elemento d’eccellenza all’interno di questo prodotto).
Come nota a margine conclusiva, e giusto per chiudere con il rimando di Icaro con il quale si era scelto di aprire questa recensione, va ovviamente citato il famoso passaggio in cui Forest specifica che “Devs” sarebbe un gioco di parole con “Deus”, nome originario da lui pensato all’intero progetto. Se non si può intendere questa come una grossolana esagerazione, allora tutto è concesso.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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In conclusione Devs si può tranquillamente incasellare come prodotto mistery, sci-fi, thriller ben riuscito e condito non solo da ottime interpretazioni (Nick Offerman), ma anche da interessanti dialoghi e dissertazioni su argomenti controversi, intellettualmente stimolanti anche se oggetto narrativo di numerose pellicole e/o prodotti televisivi (si fa qui riferimento all’annoso dibattito determinismo vs libero arbitrio). Il finale, purtroppo, si ritrova a fare i conti con un Garland affetto dalla sindrome di Icaro che decide di volare troppo alti inficiando quanto di buono fin qui presentato. In parte o nella sua totalità? Dipende dal tipo di spettatore e dal peso che si decide di dare ad un finale rispetto alla totalità della serie.
Episode 7 1×07 | ND milioni – ND rating |
Episode 8 1×08 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.