Black Mirror 5×02 – SmithereensTEMPO DI LETTURA 5 min

/
0
(0)
Black-Mirror-5x02Dopo aver analizzato, anche se in maniera decisamente abbozzata all’interno dello scorso episodio, la dipendenza dal porno, Black Mirror si sofferma su una dipendenza che investe qualsiasi persona che si trova in possesso di uno smartphone: la dipendenza dalle notifiche.
Nonostante l’attenzione venga posta sul forte attaccamento che le persone hanno ormai con il proprio cellulare, quasi si vivesse in simbiosi con l’apparecchio, l’intera vicenda narrata e la sua risoluzione circolano attorno al peso che oggi giorno una banale notifica riesce ad avere sulla nostra vita.

 

“I used to use Smithereen all the time. I mean, constantly. Like, my phone was glued to my hand. I was the whole cliché, you know, first thing I saw in the morning, last thing I saw at night. Tamsin was… Tamsin was the same. She was my fiancée. […]
She was asleep. She was tired and I’m just driving her home. And it was boring. I got bored. I got bored every ten seconds back then, I think and I’m on this A road. It was very quiet, straight and my phone lights up and I check it.
I just glanced at it, you know. There’s this little notification thing saying someone liked a comment that I made about some photo of theirs. I just glanced at it, you know. That’s all the time it took. It took her two months to die.”

 

Com’è prevedibile la morale, o comunque il messaggio che si cerca di far trapelare dall’ora e più di puntata, risulta abbastanza banale, non innovativo ma soprattutto privo di qualsiasi aspetto che faccia percepire allo spettatore il desiderio di Brooker di “spingersi oltre” nella critica sociale. Tutto si circoscrive alla banalissima frase di “alzate i vostri sguardi dagli schermi”. Insomma, anche volendo ignorare la retorica del “ai miei tempi si parlava con le altre persone, non si fissavano schermi”, il resto della puntata non riesce a reggersi in solitudine. Quello che ha sempre reso Black Mirror interessante all’occhio dello spettatore, ancora quando bazzicava su Channel4, era il desiderio di voler raccontare qualcosa di nuovo; a volte la realtà enfatizzata, altre volte ancora si trattava di realtà distopiche e terribili. Ma, sempre, veniva mantenuto un messaggio lanciato allo spettatore, un monito.
Da alcuni anni Black Mirror ha perso questa verve e si è spesso andata a nascondere dietro la riscoperta della cultura pop anni ’80-’90 (“San Junipero”), oppure dietro “scene di merda di baci di merda” (“Hang The DJ”). Il suo depotenziamento narrativo era in incubazione, ma è sempre riuscita a non far dispiacere troppo allo spettatore (nonostante le crescenti critiche) i suoi rinnovi. Con “Bandersnatch”, Brooker ha deciso di abbandonare la sua volontà di mandare un messaggio allo spettatore preferendo la strada della sperimentazione: l’episodio interattivo ha colpito per certi versi, ma ha evidenziato ulteriormente una sempre più calante vena narrativa.
Volendo essere onesti, considerando il primo episodio di questa quinta stagione, “Smithereens” non è nemmeno una puntata malvagia: accantonata la questione della “morale” della narrazione per un attimo, ciò che rimane è una puntata forse piatta su diversi fronti ma che riesce a tenere alta l’attenzione dello spettatore. A coinvolgerlo aiuta sicuramente la tematica del rapimento ed una drammaticità dell’amore che ricorda “Be Right Back” (uno degli episodi più rappresentativi di cosa ha rappresentato Black Mirror in passato per il media seriale). Anche l’influenza dei social (quando la notizia della pistola falsa inizia a diffondersi sulla rete) nella puntata rappresenta una tematica di cui si è già fatto uso: in “The National Anthem” oppure in “Hated In The Nation” (con cui “Smithereens” condivide il regista).

 

“This is my last day. This is my last day. This is my last day.”

 

La storia, quindi, condivide con “Be Right Back” la sua struttura: una giovane coppia che si ritrova divisa a causa del male avverso ed imprevedibile della tecnologia. Perché allora se definiamo “Be Right Back” come episodio più rappresentativo stiamo (a nostro avviso giustamente) attaccando “Smithereens”? Il contesto della storia.
Ciò che manca a questo episodio per essere considerato alla stregua dell’altro episodio è un valido e funzionale contesto alla storia che riesca a fare da cassa di risonanza. Non può bastare l’elemento narrativo del rapimento per colpire lo spettatore, soprattutto se, escluso il personaggio principale, gli altri si rivelano ben presto essere delle misere comparse. Lo stesso filantropo-magnate-capo industriale che viene in fretta e furia chiamato al telefono non si capisce bene che ruolo abbia svolto all’interno della storia se non quello di semplice espediente per dare un motivo a Christopher (uno splendido Andrew Scott) di spiegare allo spettatore cosa fosse accaduto alla sua fidanzata.
Altro elemento completamente senza senso è la forzatissima introduzione della mamma in lutto alla ricerca di una spiegazione per il suicidio della figlia: a parte l’ultimo gesto di gentilezza di Christopher, cosa ha esattamente rappresentato per la storia?
Un finale enigmatico ed una retorica a tratti nauseante e stucchevole condannano Black Mirror alla seconda sufficienza (regalata) di seguito. Una stagione evitabilissima? Manca solo un episodio per poter dare un giudizio completo.

 

Easter Eggs
La puntata, come le altre, cela molti collegamenti a quelle precedenti:
– nel pannello delle parole che sono maggiormente utilizzate sull’account di Christopher compaiono Michael Callow (“The National Anthem”), Victoria Skillane (“White Bear”) e Space Fleet (“USS Callister“);
– tra i vari hashtag che compaiono all’interno di una scena ci sono #SeaOfTranquilityReboot (“Nosedive“) e due come richiamo alla Saito Gemu, la casa di giochi di “Playtest“;
– in alcuni articoli che compaiono durante l’episodio viene fatta menzione dei cookies (“White Christmas“) e delle api robotiche (“Hated In The Nation“);
– nella mappa del cellulare di Christopher compare un Bandersnatch Theatre (“Black Mirror: Bandersnatch“);

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Andrew Scott
  • Il rapimento
  • “Be Right Back” come fonte narrativa primaria
  • Lo spunto narrativo
  • Personaggi secondari
  • Il caso fortuito del poliziotto con la radio della polizia accesa al massimo volume così che tutti sentano
  • C’era davvero bisogno di dire che la pistola era finta? Christopher avrebbe potuto tranquillizzare il suo ostaggio in mille modi diversi
  • Lo stucchevole messaggio che l’episodio cerca di lanciare
  • Ancora una volta un episodio non innovativo
  • La donna in lutto: utilità non pervenuta

 

Un interessante spunto non può bastare se viene a mancare la cassa da risonanza che possa rendere a tutti gli effetti “Smithereens” un episodio da ricordare.

 

Striking Vipers 5×01 ND milioni – ND rating
Smithereens 5×02 ND milioni – ND rating

 

Quanto ti è piaciuta la puntata?

0

Nessun voto per ora

Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

Precedente

Billions 4×11 – Lamster

Prossima

The Hot Zone 1×03 – 1×04 – Charlie Foxtrot – Expendable

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.