“The power is in the palm(er) of your hand.”
DC’s Legends Of Tomorrow rilascia un finale di stagione perfettamente in linea con il Pride Month appena passato, di fatto anticipandolo di poco.
Non è un mistero, infatti, la presa di posizione netta che ha da sempre caratterizzato l’opera di Gerg Berlanti e soci in questo campo e che da anni caratterizza un po’ tutto l’Arrowverse.
È difficile non vederci tutto questo dietro il messaggio del “volemose bene” e del “non giudicare gli altri dall’aspetto fisico” di cui sono impregnate queste ultime due puntate. Allo stesso tempo, è evidente la critica nei confronti del sovranismo e della cosiddetta “politica della paura”, qui rappresentata dal demone Neron (un “Donald Trump degli inferi”) e dalla sua app.
Una morale certamente importante e che si rifà all’aspetto di prodotto per famiglie che caratterizza (da un po’ di tempo) questa serie; il problema è che tutto questo viene inserito in un contesto talmente demenziale e retorico che si fa veramente fatica a prenderlo sul serio e a recepirlo.
In particolare, il finale vero e proprio (quello di “Hey, World!”), è una lunga carnevalata dell'”orgoglio-mostro” con musical annesso (altra fissazione che da un po’ di tempo accompagna le produzioni berlantiane) che fa leva unicamente sull’uso dei sentimenti infantili per suscitare un minimo di tenerezza (perché nessuno pensa mai ai bambini!), anche se poi il risultato finale lascia sempre la sensazione di assistere ad un video di gattini su Youtube che, alla lunga, farebbe salire il nazismo anche a Gandhi. I momenti seri, dunque, non funzionano proprio per via di questa retorica insistente (comunque inadatta ad una serie che si presenta come leggera), mentre i momenti comici si ritrovano fin troppo legati ad un tipo di comicità slapstick e demenziale.
Ma, dal momento che parlare male di DC’s Legends Of Tomorrow equivale ormai a sparare sulla Croce Rossa, è bene evidenziare anche quanto di buono presentano in queste ultime due puntate.
Tanto per cominciare, è da segnalare tutta la sequenza di John Constantine (l’ottimo Matt Ryan) all’inferno, che era stato il geniale cliffhanger dell’episodio precedente. Questa storyline si rifà ai cliché narrativi dell’hard boiled e del noir poliziesco, immaginando un Inferno simile alla New York anni ’30 (con tanto di Astra-femme fatale, unico e vero plot twist narrativo veramente efficace). Una scelta che si abbina perfettamente al personaggio e che permette una rappresentazione del Diavolo veramente originale (considerando che questo è stato anche l’anno di Good Omens).
Una sequenza questa che permette, inoltre, di rilasciare comunque un cliffhnager valido per la quinta stagione dello show e che reintroduce un personaggio molto amato dal pubblico, ossia il Vandal Savage interpretato da Casper Crump, primo e forse unico vero villain di sempre della serie.
Va detto che, soprattutto in questo final season, sono soprattutto i villain ad emergere più che le Leggende. A partire proprio dal già citato Neron, interpretato da Brandon Routh, il quale dovrebbe considerare seriamente la possibilità di accettare sempre più spesso ruoli da villain, che gli riescono decisamente meglio invece di distruggere ottimi franchise. Allo stesso modo, ottimo appare il personaggio della Fata Madrina che qui ha un’evoluzione incredibile rispetto alla sua prima apparizione e diventa un villain tutt’altro che banale.
Viceversa, i “buoni” fanno più fatica ad emergere positivamente, in particolare le due new entry Gary (Adam Tsekhman) e Mona (Ramona Young) che non sono mai riusciti a discostarsi dall’essere delle mere macchiette comiche. Il primo, poi, sembra essere uscito a tutti gli effetti da una puntata di Sensualità a corte e il suo percorso evolutivo (da villain a buono) è quanto di più sconclusionato e raffazzonato si potesse scrivere.
Con queste premesse, non ci si può dunque stupire se la battaglia finale si conclude “a tarallucci e vino”, con un drago in CGI (leggasi “un tremendo live-action fatto dalla Dingo Pictures di Dragon Trainer“) ed una vera e propria sfilata “monster-Pride” sulla Waverider.
Elementi che concludono degnamente una pessima stagione in cui si è cercato (senza successo) una via di mezzo tra il genere fantasy-esoterico e la sci-fy dei viaggi nel tempo, un esperimento che non sembra aver dato i frutti sperati. Si spera che, dalla prossima stagione, si torni a concentrarsi sui viaggi nel tempo che hanno fatto la fortuna dello show, dimenticando gli orchi e gli unicorni stregati e riservando maggiore attenzione soprattutto al crossover con il resto dell’Arrowverse e alla storyline di Crisis, qui solo vagamente accennata (tra l’altro sempre in maniera orrenda e raffazzonata).
Che l’Arrowverse torni a fare l’Arrowverse, dunque, e non l’imbarazzante parodia di sé stesso (vedi foto sopra).
“Ladies and gentlemen, please don’t call them heroes, call them Legends. Now, let’s see what daring do the Legends of Tomorrow get into today.”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nip/Stuck 4×14 | 0.94 milioni – 0.3 rating |
Terms Of Service 4×15 | 0.99 milioni – 0.3 rating |
Hey, World! 4×16 | 1.05 milioni – 0.3 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!