Iniziamo questa recensione con un’altra informazione di servizio. Nella tabella sottostante che riporta i dati di ascolto, è indicato, come episodio precedente, “Kunuk Uncovered“. Come già riferito nella precedente recensione, dopo un cambio di programmazione, tale episodio è stato invertito con “DRONEZ: The Hunt For El Chingon“, causa tristi fatti di cronaca. Si è scelto, in sede di stesura delle recensioni di riportare il tutto con la programmazione originale in quanto “DRONEZ” era già stato reso disponibile in rete. Per questa ragione gli ascolti di tale episodio (non riportati qui, ma da considerare come vero e proprio episodio precedente al 1×04) sono stati relativamente bassi: parliamo di 0.11 milioni.
Ma veniamo a questa ennesima brillantissima parodia. “The Eye Doesn’t Lie” riprende il documentario a sfondo poliziesco “The Thin Blue Lie”, datato 1988 (ecco il link per il lungo originale). La storia narra di una ingiusta condanna per omicidio e di come il caso in questione sia stato rivisitato per poter svelare così l’innocenza di Randall Dale Adams. Come non cogliere l’occasione al volo per realizzare un’altra elegantemente demenziale parodia?
Bill Hader e John Mulaney (autori dell’episodio) riescono contemporaneamente a essere dissacranti e leggeri. Essere condannati per un crimine che non si è commesso non è cosa da poco, soprattutto quando, in certi paesi, la pena per l’omicidio è la morte. Eppure, la storia delirante, che con grande coerenza viene portata avanti per 20 minuti, riesce ad alleggerire il tema, grazie alle solite interpretazioni di Hader, Armisen e relative guest star. Dal protagonista ingiustamente incarcerato, ma capace di rendersi insopportabile per ogni minimo particolare, ai detective incompetenti che, condizionati dalla scarsa sopportazione per l’uomo, fanno di tutto per incriminarlo, trascurando alibi inattaccabili. La descrizione del crimine e le prime testimonianze possono inizialmente far sorridere (complice anche la ripetuta assurda immagine della vittima), salvo poi diventare ripetitive, senza regalare veri e propri momenti di sonore risate. Ma, come poi era avvenuto anche in “Kunuk Uncovered”, i primi 10 minuti servono a creare i presupposti per la comicità ben più incisiva dei secondi 10. Senza cambiare ritmo, la narrazione in stile documentario procede, arrivando alla descrizione del processo del povero malcapitato.
La caratterizzazione di Armisen regala, con un minutaggio limitato, delle caratteristiche ben definite al suo personaggio: un po’ il Furio di “verdoniana” memoria, con l’ingenuità di Mimmo, lo svampito ragazzone sempre interpretato da Carlo Verdone. Patito di jazz e frutta secca, rende nonsense ed esilarante qualsiasi descrizione del suo processo. Se a questo poi si aggiunge la reazione della difesa… La donna dell’hotel (suo alibi) lo insulta, il proprio avvocato – affetto da primi sintomi di demenza, secondo la figlia – lo aggredisce credendolo un simpatizzante nazista.
Si capisce subito, poi, dal momento in cui viene descritto l’episodio della musicassetta che quello sarà il vero motore di tutto il grande “equivoco” poliziesco. Eppure ciò non rende meno esilarante la dichiarazione finale sul risentimento da parte dell’autostoppista di non aver potuto ascoltare i Poison. Capiamoci: il termine esilarante è assolutamente relativo. Ciò che caratterizza Documentary Now! in generale non è l’esplosiva risata, bensì un incredulo e sorpreso sorriso costante, magari condito da qualche risatina, assolutamente da non considerarsi di minor valore in una eventuale scala umoristica.
Sarebbe un errore non tornare a citare Woody Allen, come riportato nella precedente recensione. Se “Zelig” è stato a tutti gli effetti uno dei primi “Mockumentary d’epoca” – dove alla finzione del documentario si aggiungeva la rappresentazione di un’altra epoca storica – il primo vero Mockumentary “alleniano” si è avuto con “Take The Money And Run” (in Italia “Prendi I Soldi E Scappa”), del 1969, opera prima di Woody Allen come regista. Con la formula del documentario, viene narrata la vicenda del ladruncolo Virgil Stakwell e l’insieme di descrizioni da parte degli intervistati non può non essere stata d’ispirazione per gli autori di Documentary Now!. Nelle battute finali del film, ad esempio, è presente un testimone che, nel narrare la sua versione dei fatti, si dilunga con dettagli assolutamente superflui ai fini del racconto. Caratteristica, questa, di gran parte degli intervistati in “The Eye Doesn’t Lie”, tra cartelli con su scritto “Kid Sister” e motivetti jazz. Sempre citando il buon Woody, anche il suo secondo lungometraggio – “Bananas” – contiene un’intera sequenza che potrebbe essere stata evocata in questo quarto episodio di DN!: sempre nelle battute finali il protagonista si trova ad affrontare un processo, alternando così deliranti gag (eccone un esempio). Facile quindi pensare alla descrizione del processo in questo quarto episodio.
C’è da riconoscere, con grande merito per autori ed attori, che gran parte delle scene più divertenti sono semplicemente narrate dagli intervistati (ciò era avvenuto anche in “Kunuk Uncovered”). Si va così ad intaccare la struttura estremamente seriosa e fedele del documentario, suscitando ilarità. Che poi fu il vero e proprio proposito di Woody Allen nel realizzare “Take The Money And Run” e “Zelig”.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Kunuk Uncovered 1×03 | 0.25 milioni – ND rating |
The Eye Doesn’t Lie 1×04 | 0.09 milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.