Documentary Now! 4×04 – How They Threw RocksTEMPO DI LETTURA 4 min

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Recensione Documentary Now 4x04Continua il purtroppo breve percorso stagionale di Documentary Now! e questa settimana, giunto alla sua 53esima stagione, lo show presenta “How They Threw Rocks”, mockumentary ispirato a “When We Were Kings“, documentario del 1991 vincitore del Premio Oscar nella sua categoria nell’edizione del 1996.
Il 30 Ottobre 1974, a Kinshasa nello Zaire, si è svolto uno dei più famosi match del campionato dei pesi massimi: la “Rumble in the jungle” tra il campione George Foreman e lo sfidante Muhammad Ali. Attraverso filmati di repertorio e interviste inedite, questo documentario (quello vero) esplora il rapporto che intercorre tra afroamericani e continente africano ai tempi del Black Power, in termini sia di cultura popolare che di politica internazionale, inclusa la brutalità dell’allora dittatore Mobutu Sese Seko.
E quindi, partendo dal suddetto materiale, quale poteva mai essere l’idea di Armisen, Hader e colleghi? Che domande. Ma naturalmente un incontro tra campagnoli gallesi a colpi di “rocce sulle gengive” (il Craig Maes) che un po’ rievoca lo spirito goliardico della palla avvelenata e un po’ le esecuzioni pubbliche in Sudan.

DUE PROTAGONISTI DI PESO


A gentleman never has a girlfriend.

A fare da contraltare alle due pesanti figure di George Foreman e Muhammed Ali, troviamo Alwyn Lewis-Ifans, campione locale del villaggio di Llagoelwyn on Wrst col vizietto del gioco d’azzardo, e Sior Strawboss, bestione indistruttibile con evidenti problemi cerebrali dovuti probabilmente alle tonnellate di pietre ricevute nelle gengive. Già da sola, questa premessa basterebbe per portare a casa il capolavoro. A tutto ciò, però, si aggiungono anche le vite degli abitanti di Llagoelwyn on Wrst e i problemi personali e fisici del campione in carica, come al solito esposti con la giusta dose di demenza e credibilità, così da rendere il prodotto finale effettivamente credibile.
Se poi, in tutto ciò, spuntano pure Jonathan Pryce (Game Of Thrones, The Crown) e John Rhys-Davies nel ruolo di giornalisti e Tom Jones, totalmente a caso, nel ruolo di ex capo della polizia del villaggio, cos’altro mai potrebbe aspettarsi un umile spettatore per ritenersi soddisfatto? Beh, naturalmente la vittoria inaspettata dell’oramai flaccido campione locale, questa volta ottenuta grazie al suo cervello (“No one thinks a fighter can count.”) e non grazie alla forza bruta.
Un’ottima morale anche per un pubblico meno adulto. Certo, se si sceglie di ignorare la squalifica volontaria e i 20 anni di carcere ai quali il beniamino di Llagoelwyn on Wrst è stato condannato per aver tentato di truccare l’incontro.

“YOU WOULD NOT STEAL A SHEEP.”


Come al solito sono i piccoli particolari a fare la differenza. Le foto (finte) di repertorio, il tabellone delle statistiche dove, dopo i dati relativi a lanci e falli, campeggia la voce pints (un 6.5 forse un po’ deludente), i tentativi dei cittadini di rimettere in forma il proprio campione ingozzandolo di cibo, i bambini più agili di lui e il già citato plot twist riguardante la straordinaria abilità di contare anche sotto la costante pioggia di sassi scagliati dall’avversario. Sono tutte minuzie che, come è sempre stato per lo show di Armisen, Hader, Meyers e Thomas, contribuiscono a rendere il prodotto finale una piccola perla destinata ai pochi fortunati che (probabilmente per puro caso) hanno incontrato Documentary Now! sulla propria strada.
Qui il parallelo con l’opera originale non è sottile e non deve neppure esserlo: nel creare, seppur in maniera assurda, uno sport ancora più brutale della boxe, il cui obiettivo è letteralmente quello di spegnere il cervello dell’avversario dandogli un cazzottone dritto nei denti più forte che si può, lo scrittore Seth Meyers sottolinea abilmente l’assurdità dell’intellettualizzare uno sport fondato sulla violenza cruda e feroce.
Che è esattamente ciò che esperti di boxe come Norman Mailer e George Plimpton hanno fatto così frequentemente nel corso degli anni, in particolare proprio nel documentario originale “When We Were Kings”. E così, mentre Jonathan Pryce e John Rhys-Davies, nei panni di due commentatori di Craig Maes, rievocano vecchi dissapori e creano poesie su “The Melon And The Felon“, sullo sfondo è possibile sentire il suono delle rocce che si frantumano su casse toraciche e teste di granito, ricordando allo spettatore che sì, si tratta di uno sport barbaro e sanguinario, ma di una versione particolarmente idiota.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Lo sport più idiota di sempre
  • I due lottatori, che ovviamente non potevano che essere due idioti
  • Come sempre realismo e demenza viaggiano a braccetto
  • Grandi guest star e dialoghi geniali
  • Plot twist finale: anche i lottatori possono contare
  • Difficile gestire un documentario sportivo in 20 minuti

 

Unico piccolo difetto della puntata: davvero difficile gestire in meno di mezz’ora un documentario sportivo. Il risultato è più che ottimo ma, e non è questo il primo caso, sarebbe stato bello avere un po’ più di tempo a disposizione per impreziosire ulteriormente il geniale lavoro degli autori.

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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