“Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: “Alzati, va’ a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me”. Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore. Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi.”
(Vecchio Testamento, Libro di Giona, Incipit).
Nella tradizione biblica Giona è ricordato come “il profeta riluttante”, poiché fino all’ultimo cerca di sottrarsi al proprio dovere di annunciare la misericordia di Dio ai non-credenti, poiché egli stesso poco convinto che questi la meritino davvero. La sua riluttanza però gli si ritorce contro con numerosi supplizi che Dio stesso gli invia ripetutamente per essersi rifiutato di compiere il proprio dovere.
Questa premessa è importante per capire il background culturale in cui si muovono gli autori di Hunters e per capire lo stesso protagonista della storia, il moderno Jonah (nomen omen traslitterato in inglese dall’ebraico), interpretato dall’ottimo Logan Lerman. Così come il profeta biblico, infatti, Jonah si trova catapultato in una “missione per conto di Dio” in cui ancora fatica ad inserirsi, soprattutto perché ancora poco convinto della “bontà d’animo” che anima il gruppo dei Cacciatori.
D’altra parte Jonah è il più giovane (e ultimo arrivato) membro del gruppo e, come tale, deve ancora compiere quel cammino di formazione che lo potrebbe portare (o forse no, dipende come si svilupperà la narrazione) ad abbracciare in pieno il progetto di Meyer e soci. Per il momento si trova costretto ad interpretare la parte dello “sfigato” del gruppo provocando più guai che altro.
Anche perché in questo episodio protagonisti a pieno titolo sono i restanti componenti del gruppo dei Cacciatori, qui presentati uno per uno con una straordinaria sequenza in stile WWE, grazie alla quale facciamo finalmente conoscenza del gruppo capitanato dall’ancora misterioso magnate Meyer Hoffman (Al Pacino). Salta subito all’occhio Sister Harriet (Kate Mulvany), suora tenace e per nulla politically correct, già diventata iconica ancora prima di proferire parola (e insultare il povero Jonah). In ordine d’apparizione si ha poi la star di Hollywood e mago dei travestimenti Lonny Flash (Josh Radnor), l’attivista black-power nonché falsaria e scassinatrice Roxy Jones (Tiffany Boone), il reduce del Vietnam Joe Torrance (Louis Ozawa Changchien), i coniugi Mindy (Carol Kane) e Murray (Saul Rubinek), sopravvissuti all’Olocausto ed esperti in armi da fuoco.
La presentazione del gruppo dei Cacciatori ha un che di tarantiniano nella sua estetica estremamente pop da B-movie anni 70. Estetica che si adatta alla perfezione a questo sgangherato gruppo multi-etnico di “supereroi” e che si ritrova nelle continue citazioni a film e serie tv del periodo, nella fotografia e regia volutamente “retrò”, nonché nella stupenda soundtrack che accompagna ogni episodio.
La descrizione dei vari personaggi (essenziale per ogni serie corale) è sintetica ma allo stesso esaustiva per ciascuno dei characters presentati e si può tranquillamente affermare che ciascuno di loro, a fine episodio, è ormai diventato familiare allo spettatore.
Allo stesso modo “The Mourner’s Kaddish” fa luce anche sui villains stagionali: in particolare introduce, in maniera magistrale, il personaggio del Colonnello (Lena Olin) che sembrerebbe essere la vera mente per quanto riguarda la presenza dei nazisti negli USA. Si tratta certamente di un personaggio particolare che riserverà non poche sorprese nelle prossime puntate.
L’episodio mostra, inoltre, il “modus operandi” dei Cacciatori e la prima missione di Jonah, inaugurando così quella che potrebbe essere la struttura verticale degli episodi dello show, in cui ogni puntata è incentrato sulla “caccia” ai vari gerarchi nazisti espatriati sotto mentite spoglie. Questa volta tocca a Karl, produttore discografico di successo, in realtà ex-gerarca di Buckenwauld appassionato di musica che costringeva i deportati a cantare per la radio del campo, uccidendo di volta in volta chi stonava o andava fuori tono. Il che potrebbe quasi essere ispirato alla realtà: il bello di Hunters è il fatto che, nonostante l’universo narrativo sia inventato, molti aneddoti sui campi di concentramento sono reali, in una “verosimiglianza” anch’essa debitrice della lezione tarantiniana. Non si sa se il personaggio di Karl sia più o meno ispirato ad un personaggio realmente vissuto (almeno per quanto riguarda le conoscenze storiche di chi scrive, ndR), fatto sta che la descrizione del personaggio, il suo background e le scene ambientate nel campo di concentramento sembrano essere usciti direttamente da La banalità del male di Hannah Arendt, da cui la domanda fatidica lanciata dall’episodio e dallo show stesso: chi è il vero mostro? I nazisti che obbedivano semplicemente a degli ordini? O chi si comporta esattamente come loro (pur combattendoli)?
Storia, filosofia, cultura e folklore ebraico (la “combinacoppie” Hilda e la sede dei cacciatori rinominata l’Arca) ed estetica pop, il tutto mixato insieme in un’unica serie che diverte e fa pensare allo stesso tempo. E con episodi che durano più di un’ora, ma con un ritmo talmente sostenuto da non far percepire minimamente lo scorrere del tempo.
In attesa di vedere, quindi, ulteriori “bar mitzvah” e altri “scalpi nazisti”, non si può che non ammirare il lavoro di David Weil dopo soli due episodi!
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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In the Belly of the Whale 1×01 | ND milioni – ND rating |
The Mourner’s Kaddish 1×02 | ND milioni – ND rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!