“Life imitates art far more than art imitates life.”
Oscar Wilde
“The End” è un episodio perfetto che si prende il suo tempo per far scoprire gli ultimi tasselli e portare lo spettatore verso una conclusione più che soddisfacente del percorso di Alice.
Come già detto, il perdersi di Alice è proprio nella sua mente e quindi ci si ritrova a immergersi totalmente in quest’ultima tappa del viaggio grazie alla resa parallela di più piani temporali: il passato più remoto, che si divide tra scene del film e avvenimenti in corso di svolgimento durante le riprese in flashback; un passato più vicino, con la conferenza stampa; un presente, momento successivo all’uscita del film con il festival del cinema e la premiazione, unitamente all’immaginazione di Alice, che sembra quasi sognare Sophie e desiderare la sua presenza mentre sta per recarsi al 78 CASSIS.
Ogni singolo momento di questo episodio è stato studiato da Sigal Avin che ha costruito un impianto narrativo volto a mostrare la doppiezza della psiche della sua protagonista, così umanamente incarnata da Ayelet Zurer, la quale, con grande maestria, è riuscita a rendere vero e autentico un personaggio di finzione. I gesti comuni del toccare il proprio viso e provare degli abiti per sentirsi ancora attraente e confermare che, nonostante tutto, è ancora in grado di sedurre, emergono con più forza proprio ora che Alice ha trovato ciò che cercava, anche se più grande è quello che ha perso.
L’incontro con Nomy sul treno non fa che aggiungere una tragica drammaticità, cosa che rende ancora più importante e difficile da giudicare il lungo percorso di Alice come donna, madre, moglie e come regista.
LE LUCI DELLA RIBALTA
Hoffman: “This is a question for you, Alice. It’s been a while since your last film. What made you decide to direct ‘Room 209’?”
Alice: “I think the only reason to make a movie is if you can’t help it. And I read the script and I just didn’t have a choice. It was an act of survival for me.”
Hoffman: “You’re a woman, a mother of three. What do you believe it takes to direct a film nowadays?”
Alice: “I believe that in order to create, you need to be able to… sacrifice… different parts of yourself. You need to be able to let go of everything you have. And don’t believe anyone who says you can have it all. Because you can’t. And sometimes, people you love… I’m sorry. Sometimes the people you love get hurt on the way and I guess it’s all part of the ride. And you just hold on tight and you pray to God that it will be worth it at the end.”
Hoffman: “And with everything that happened during this production, do you think it was worth it? Make sense?”
Dopo aver mostrato tutte le fasi di realizzazione di un film, Sigal Avin racconta anche quello che succede dopo e sfrutta il momento della conferenza stampa come uno spazio di riflessione e introspezione aggiuntivo. La metacinematografia viene portata nuovamente in scena con attori che rispondono alle domande dei giornalisti rivolte ai loro personaggi. Inevitabile è dunque la reazione di Alice che dopo aver sacrificato tanto è riuscita a mettere insieme i pezzi che le restavano.
La grande domanda del giornalista Gregg Hoffman sullo scopo di tutto ciò fa quindi riflettere ognuno degli interessati: Alice, il team, ma anche lo spettatore. Il desiderio di cambiamento e la crisi vissuta da Alice l’hanno portata fin lì e ciò che ne ha ricavato è sicuramente un riscatto a livello lavorativo messo in dubbio, però, da tutto quello che è venuto meno.
CALEIDOSCOPICI CAMBIAMENTI
Sicuramente il maggior cambiamento che si è visto nel corso della stagione è quello di Alice che da agnello, ovvero madre e moglie perfetta, immagine angelica e rassicurante, diventa lupo e scopre il suo lato più oscuro. La sceneggiatura di “Camera 209” ha portato la protagonista a scavare dentro un aspetto così profondo e ben nascosto di sé stessa, dopo anni di repressione, che non poteva non esplorare in qualche maniera. Del resto chi rimane in silenzio troppo a lungo poi grida e urla anche più forte di chi può farlo abitualmente.
Dal lato opposto, ma in qualche modo in una situazione simile, c’è Sophie che da cattiva ragazza sembra salvare la sua immagine anche se rimane in una zona grigia. Anche per la co-protagonista è il lungo silenzio a muovere le sue azioni nel corso degli episodi presentati. I due personaggi sono agli antipodi ma partono da due situazioni fin troppo simili e in “The End” è estremamente visibile.
Per questo il dialogo/scontro tra Alice e Sophie in bagno è uno dei momenti culminanti, tanto atteso sin dal precedente episodio. Per Sophie infatti, la vena sadica e distruttrice di chi le gravita intorno era chiara da subito, in particolare dalla serata iniziata con il corso di Gaga e il succedersi di situazioni al limite in “The Bond”. Queste due figure che sono sembrate sempre così antitetiche sono in realtà più vicine che mai, almeno nella zona di mezzo. Entrambe cercano di mantenere la propria identità e le proprie pulsioni, oltre al desiderio di emergere e affermare loro stesse. Entrambe cercano la legittimazione per le azioni che compiono ma nessuna delle due immagina la conclusione.
Centrale risulta però la figura di Nomy, non ancora vista nei precedenti episodi, che ribalta la situazione. Rivelatasi come un deus ex machina, non dà supporto ma complica ulteriormente il quadro e mischia le carte: il gioco non è ancora finito, anzi è appena iniziato e ciò viene sottolineato dall’autrice con la realizzazione di una scena analoga al pilot con le due donne nel treno che si conoscono, con una perfetta costruzione ad anello.
GIRO DI BOA
Alice, dunque, dopo aver inseguito quella che sembrerebbe una follia, sembra aver ormai superato la crisi di mezza età. Ma a quale costo? Anche la felice riunione famigliare fortemente voluta da David nasconde qualche ombra. Ormai il guscio si è rotto e non si può più aggiustare: la gerarchia dei ruoli è saltata perché Alice si è tirata fuori da questa dinamica e l’ha fatto nel modo più violento.
A questo punto, se ci sarà una seconda stagione, Sigal Avin dovrà mostrare l’evoluzione del rapporto di Alice e David e il destino della loro famiglia con il lavoro di entrambi e i rispettivi desideri personali.
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Finale di stagione sorprendente che non ha deluso le aspettative. Sigal Avin è riuscita a delineare in maniera tridimensionale una donna, una madre, una moglie e una regista nel momento peggiore della sua vita e a rendere un personaggio di finzione così autentico e vero da bucare lo schermo e far rabbrividire in ogni momento. Alice non ha assolutamente nulla da invidiare a grandi personaggi maschili al limite della legalità e della moralità perché è autonoma e, per certi versi, già classica.
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La notte sognivaga passeggia nel cielo ed il gufo, che mai dice il vero, sussurra che sono in me draghi ch'infuocano approdi reali e assassini seriali, vaghi accenti d'odio feroce verso chiunque abbia una voce e un respiro di psicosfera che rende la mia indole quanto mai nera. Però sono simpatica, a volte.