“One batch, two batch, penny and dime.”
Una delle caratteristiche di Marvel’s Daredevil che ha sempre affascinato di più è stata la mancanza di una netta separazione tra buoni e cattivi. Nella prima stagione il nemico di Matt Murdoch era Wilson Fisk, un uomo che, seppur con metodi molto discutibili, cercava di migliorare Hell’s Kitchen (la situazione è cambiata nelle ultime puntate ed è culminata con la scena nel season finale, quando si notò definitivamente la sua trasformazione in Kingpin). In questa stagione è stato introdotto The Punisher, che può essere considerato l’evoluzione del Diavolo di Hell’s Kitchen.
In questa “Penny And Dime” si approfondisce la figura del Punitore e, grazie ad una spettacolare scena in un cimitero in cui si rivelano molti aspetti della sua vita privata di quando era soltanto un ex marine, Punisher diventa Frank Castle e Frank Castle diventa umano. Come si poteva intuire, dietro le sue azioni c’è una natura fortemente personale, oltre che vendicativa, e questa puntata non fa che confermarlo.
Quando si guarda il trailer di un film d’azione, spesso un voice-over dice “Cosa saresti disposto a fare per salvare la tua famiglia?”. Se mai ci dovesse essere una serie incentrata su The Punisher (come auspicato, tra gli altri, dallo stesso Jon Bernthal) la frase dovrebbe essere “Cosa saresti disposto a fare per vendicare la tua famiglia?”. Quello che distingue Red (soprannome datogli da Castle à la Cisco Ramon) da Frank è proprio la forte componente privata che lo spinge ad agire e ad eliminare in maniera permanente le mele marce della società.
Matt non vuole diventare un eroe e non vuole neanche punire qualcuno in particolare: il suo unico desiderio è quello di prevenire le ingiustizie e difendere i più deboli (attitudine che mostra anche di giorno, quando accetta molti casi da parte di persone che non potranno mai pagargli la parcella); inoltre l’intera situazione del Punitore lo ha fatto riflettere sul fatto che anche la sua, per quanto giusta e sempre senza alcuna morte, non sia vera giustizia. I cittadini non si sentiranno mai al sicuro fino a quando un uomo con un costume rosso (e nero) dovrà vegliare su di loro, perché ciò indica implicitamente l’impotenza del corpo di polizia. Dopo aver visto lui, chiunque si può sentire autorizzato a farsi giustizia da solo, causando un’anarchia difficilissima da controllare.
Daredevil: “You caught him, not me. It can’t be me, it has to be you.”
Sergent: “Why?”
Daredevil: “To protect the Kitchen. For law, for order.”
Sergent: “You’re telling me how to file a report now?”
Daredevil: “Yeah. Take the collar. Take the credit. Get a promotion, if you can. You’ve earned it.”
Sergent: “Bullshit.”
Daredevil: “No, people have to know the system works. Not his justice and not mine. Vigilante days are done in this town. The police are in charge.”
Sergent: “That’s not how it happened.”
Daredevil: “Then make it how it happened.”
Detto questo, seppur non condividendo i suoi metodi, Matt non esita neanche un momento ad andare in soccorso di Castle dopo aver saputo del suo rapimento da parte degli irlandesi e a commuoversi ascoltando il suo racconto al cimitero, esattamente il momento in cui Punisher toglie quel velo di invincibilità che aveva cucito addosso e diventa umano sia agli occhi di Matt che agli occhi di noi spettatori. Ciò che ha segnato il gap tra Daredevil e tutte le altre serie che trattano di supereroi è l’approfondimento psicologico con discorsi sul bene e sul male e su come sia consono combattere i criminali: tutti di altissimo livello. La convinzione di Matt di non uccidere nessuno e la sua fiducia nel sistema giudiziario trovano le fondamenta nel pensiero di illuministi quali Cesari Beccaria, mentre la rabbia di Frank ricorda la natura più primordiale dell’essere umano con quegli impulsi reconditi nella mente che possono mostrarsi con forza dopo un determinato avvenimento. Nella realizzazione di questo scontro ideologico Marvel’s Daredevil raggiunge il suo pieno compimento.
“One batch, two batch, penny and dime”, a questo proposito, svolge un lavoro importantissimo nella mente dell’uomo perché gli ricorda, prima di premere il grilletto, il motivo per cui lo sta facendo e l’affetto verso la sua famiglia che gli è stato negato per sempre. Quella filastrocca serve anche a rendere sempre vivo il suo senso di colpa per aver avuto troppo sonno per leggere il libro alla figlia, esattamente l’unica volta in cui non l’ha fatto. Per questo motivo, la sua azione non conosceva soste.
In una serie che si è sempre contraddistinta per personaggi non apertamente schierati tra i “buoni” o i “cattivi” si aggiunge, nel finale, Elektra, interpretata da Élodie Yung. Il suo personaggio, legato da un rapporto controverso con Matt, rappresenta la seconda new entry più attesa della stagione ed avrà di sicuro un ampio spazio nella narrazione quindi posticipiamo i commenti a riguardo.
Anche se è già stato scritto nelle precedenti recensioni, è opportuno sottolineare le grandissime interpretazioni dei protagonisti, soprattutto di Jon Bernthal, che ha smentito i dubbi su di lui (forse dovuti al fatto che tutti odino Shane Walsh di The Walking Dead) dovuti anche al fatto di non aver mai avuto un ruolo centrale recitando sempre nel ruolo del personaggio secondario (non che ora sia il protagonista principale, ma il suo ruolo è cruciale all’interno della narrazione) e, soprattutto, sta cercando di essere all’altezza della performance del Vincent d’Onofrio nella prima stagione (l’ex Palla di lardo gli è superiore, ma lui non sta di certo sfigurando).
- Il personaggio che compare a fine episodio è Elektra Natchios: ninja, mercenaria prezzolata ed ex-ragazza di Matt Murdock. Nel prossimo episodio avremo sicuramente modo di conoscerla meglio, per tanto, rimandiamo ogni approfondimento li.
- Fa la sua prima e ultima apparizione Finn Cooley, avversario del Punitore nonché uno dei capoccia della mafia irlandese. Non ci sono grandi differenze tra la sua versione televisiva e quella cartacea, se non nell’aspetto, dove nei comics è orribilmente sfigurato. Prima apparizione: The Punisher #7 del 2004. Ultima apparizione: The Punisher #12 del 2004.
- Come avete visto il Punitore usa come mezzo di spostamento/abitazione mobile un van. Nei fumetti è uno dei suoi tratti più distintivi quello di avere un van con cui spostarsi, vivere e pianificare attacchi, mezzo che egli stessi (e i lettori) soprannomineranno “Battle Van”. Col progredire della sua crociata, il van sarà armato e dotato di molti gadget come radio della polizia e altri strumenti di ricognizione.
- La maglia corazzata che Melvin Potter “fa vedere” a Devil riprende pari pari quella che ha nei fumetti, che non è nient’altro che il logo del costume che indosserà quando diventerà il Gladiatore.
- Nello stesso punto della stagione scorsa, potete osservare nel laboratorio di Melvin Potter le gambe della corazza di Stilt-Man.
- Nella puntata viene detto che Frank Castle è stato premiato con la Navy Cross. Dal 1943 è la più alta onorificenza che può essere assegnata dal dipartimento della Marina degli Stati Uniti ed è seconda solo alla Medaglia d’Onore.
- Il frame in cui Devil osserva dall’alto il cimitero è una citazione alla copertina di Daredevil #3 del 1999.
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New York’s Finest 2×03 | ND milioni – ND rating |
Penny And Dime 2×04 | ND milioni – ND rating |
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.