Sorrisi e non risate. Questo, se proprio si volesse un breve enunciato descrittivo, è Miracle Workers. E questa terza stagione sembra non discostarsi troppo da tale paradigma.
Come si appuntava nella precedente recensione, lo show mette in mostra un chiaro desiderio di far ridere il proprio pubblico a volte riducendosi a banali scenette di comicità gretta (le flatulenze attorno al falò), oppure puntando a qualcosa di più articolato (se così lo si può definire) come i giochi di parole, i dialoghi volutamente ironici o, ancora, sequenze al limite del paradossale (la lotta all’ultimo sangue per decidere chi sacrificare).
Benny: “Oh, come on! No one willingly dies for no reason! What are you getting out of it?”
Ezekiel: “Nothing! I just… It’s being selfless.”
Benny: “Self what?”
Ezekiel: “Selfless. Like, when you do something for someone else with no personal gain for yourself? Just out of the goodness of your heart?”
Benny: “You know, I did save a guy from a fire once. Yeah. But I mean, that was just to rob him. I shot him right after.”
Ezekiel: “Oh, no. That’s not it, then.”
NON CI RESTA CHE SORRIDERE
Esattamente come era stato per la scorsa stagione, lo show porta in campo svariati elementi che nell’immaginario collettivo rappresentano il “far west” e tenta di ridicolizzarli a spron battuto. Una scelta che si era rivelata funzionale con Dark Ages e che anche con Oregon Trail riesce a rendere lo show più godibile ed ironico. Ciò che risulta doveroso appuntare, però, è la ripetitività dello schema narrativo che ricopia pedissequamente proprio il secondo ciclo narrativo andato in onda lo scorso anno.
Radcliffe ricopre il ruolo del reverendo Ezekiel, un personaggio che progressivamente si tramuterà in una persona con maggior confidenza in sé stesso e nelle sue capacità riuscendo a trasmettere maggior fiducia al prossimo che a sua volta inizierà a rispettarlo. Esattamente come accaduto al principe Chauncley.
Viswanathan, Prudence, è la copia identica di Alexandra con l’unica accortezza di essere ora sposata, ma comunque desiderosa di avventura, cambiamento e rivoluzione. La miccia che farà scattare Ezekiel.
Steve Buscemi, a conti fatti, porta in scena il personaggio più diverso: Eddie era un semplice uomo del popolo, ignorante, con idee tipiche dell’idea collettiva che si ha del medioevo, una buona spalla comica, ma spesso fuori dalla scena; Benny The Teen è invece un personaggio che muove le masse, unitamente alla narrazione. E, sotto certi aspetti, ricorda forse più la rappresentazione di Dio portata in scena dallo show durante la prima stagione.
Karan Soni non compare in questo secondo episodio, riducendo, e anche di molto, l’impatto dell’elemento comico dell’intera puntata, lasciandolo concentrato al duo Buscemi-Radcliffe e poche altre intromissioni esterne in grado di movimentare la storia.
PARADOSSALE O GROTTESCO: TUTTI E DUE
Altro elemento su cui la serie punta è sicuramente il grottesco, tentando di mescolare elementi della quotidianità attuale a qualcosa di tipico del periodo portato in scena. È così, per esempio, per i due influencer dell’Oregon incontrati da Prudence e dal marito, sovraccarichi di elementi tipicamente non del periodo: il termine #selfie, il van con uso smodato di oppio. Molteplici le similitudini ed i richiami da questo punto di vista, per questo ultimo elemento, con la vicenda presentata dal documentario Netflix Wild Wild Country dove viene narrata la storia della cittadina di Rajneeshpuram di Wasco County, proprio in Oregon.
Insomma, altri piccoli elementi che insieme ai precedenti fanno sorridere. E il punto è proprio lì: sorrisi, ma non risate, esattamente come si appuntava ad inizio recensione.
Lo show non ha chiaramente l’intento di tramutarsi in un must watch, eppure sembra continuare a sopravvivere grazie a sketch a metà tra il paradossale e il grottesco senza una spina dorsale comica tale da spingere lo spettatore verso fragorose risate. L’obiettivo, sembrerebbe, è quello del puro e semplice sorriso. Tanto basta per portare a casa il proprio compitino settimanale. Ma può essere uno schema in grado di sopravvivere a lungo termine?
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Seconda puntata e già i sorrisi iniziano ad essere forzati.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.