Due anni fa, la prima stagione di Miracle Workers fu una piacevole sorpresa: una miniserie comica a suo modo dissacrante, incentrata su un Dio superficiale e capriccioso interpretato da un ottimo Steve Buscemi, una simpatica Geraldine Viswanathan e un Daniel Radcliffe perfettamente a suo agio nei panni del personaggio goffo e impacciato catapultato in un contesto più grande di lui (cosa che ha già dimostrato in tante altre occasioni, da A Young Doctor’s Notebook a Guns Akimbo). Senza dimenticare Karan Soni, altra gradita scoperta di questa miniserie.
Il prodotto funzionava benissimo da solo, ma evidentemente chi c’era dietro pensò di tirare ancora la corda, e così arrivò la seconda stagione, sottotitolata Dark Ages. Nuova ambientazione, un Medioevo che più stereotipato e irrealistico non si può, e nuovi personaggi, interpretati però sempre da Buscemi, Radcliffe, Viswanathan, Soni e altri del vecchio cast.
Il risultato finale non fu completamente da buttare via, ma tra luoghi comuni abusatissimi, comicità sottotono, dinamiche in parte già viste nella prima stagione e soprattutto la mancanza di un qualsiasi collegamento con la storia precedente e con il concetto stesso di “lavoratori nel settore dei miracoli” lasciarono perplessi più di uno spettatori (e più di un recensore).
IL CARO VECCHIO FAR WEST
Miracle Workers: Oregon Trail conferma il trend di quella che ormai si può definire una serie antologica: cambia lo scenario, cambia l’epoca, cambiano i personaggi, ma non gli attori né il desiderio di far ridere. Che poi ci si riesca anche è un altro discorso, come si vedrà più avanti.
L’ambientazione, questa volta, è il selvaggio West. Due secoli di romanzi, film, serie televisive, videogiochi, fumetti hanno ormai radicato nell’immaginario collettivo l’idea di una frontiera impervia e insidiosa, popolata da tribù bellicose e da animali feroci, da tagliagole e briganti, ma anche da cacciatori di taglie e vigilanti solitari, un luogo in cui è sempre bene avere un’arma a portata di mano.
In televisione questo mondo è stato esplorato da decine di prodotti seriali, ma tra i più recenti basta citare la leggendaria e sfortunata Deadwood, Hell on Wheels e la miniserie Godless. Miracle Workers non sembra voler omaggiare questi prodotti, quanto piuttosto prendere l’idea stereotipata del Far West, quella nota a tutti, e ridicolizzarla il più possibile attraverso meccanismi già collaudati.
La storia ruota attorno, almeno in questo primo episodio, a una comunità di frontiera sotto la guida del giovane ma entusiasta reverendo Ezekiel Brown, che patisce la fame e gli stenti di una vita in una terra tanto sterile. Le cose cambiano quando il reverendo si mette in testa di raggiungere l’Oregon, dipinto come la terra promessa, e dal cielo sembra arrivare un miracolo: l’avventuriero Jim Nobody, che si dice capace di raggiungere l’Oregon. Ma Jim in realtà è il bandito Benny the Teen, e ovviamente le autorità sono sulle sue tracce.
SQUADRA VINCENTE NON SI CAMBIA
Dal punto di vista del cast e dei personaggi, Oregon Trail non riserva troppe sorprese. E questo non è necessariamente un male, se è vero, come dice un noto proverbio, che “squadra vincente non si cambia”.
Daniel Radcliffe è chiamato ancora una volta a interpretare un personaggio goffo ma di buon cuore, in qualche modo in contrasto con la mentalità tipica della sua epoca. Nella precedente stagione era un principe che rifuggiva la violenza e le crudeltà del Medioevo; qui è un reverendo con una forte coscienza civica, come dimostra quando scopre la vera identità di Jim Nobody e rimane scandalizzato dall’accondiscendenza dei suoi compagni nei confronti del bandito, così come lo dimostra quando consegna Benny al cacciatore di taglie di turno. Certo, poi Ezekiel è lo stesso che va a liberare Benny, ma ancora una volta si tratta sempre di qualcosa di già visto: anche nelle passate stagioni Radcliffe interpretava un personaggio poco incline a rompere le regole e le abitudini, finché non arrivava il personaggio della Viswanathan a spingerlo a infrangerle.
Steve Buscemi, invece, veste i panni del famigerato Benny the Teen. Anche in questo caso, come già nella prima stagione, gli viene dato il ruolo di un personaggio temibile e inquietante sulla carta, ma portato in scena con un chiaro intento parodico: Benny non ha nulla a che fare con figure leggendarie del calibro di Billy the Kid, Calamity Jane, Wild Bill Hickok o Wyatt Earp, al massimo ne è la loro caricatura, un buontempone che a ogni scena porta lo spettatore a chiedersi “Ma questo come fa a essere un bandito ricercato?”.
Sullo stesso tipo di contrasto si basa la figura del cacciatore di taglie interpretato da Karan Soni e per il momento senza nome (anche se Benny l’ha ribattezzato Dingus). Il personaggio di Soni rappresenta una novità, visto che finora l’attore di origini indiane è sempre stato usato per il ruolo del lacché (prima di Dio, poi del principe Chauncley), ma non ha nulla di minaccioso o di lontanamente compatibile con la figura del pistolero che va a caccia di banditi: anzi, molta della sua comicità si basa proprio sul contrasto tra il suo ruolo sulla carta e i suoi modi gentili e pacati, poco adatti a un contesto come il Far West.
Nulla di nuovo sotto il sole, invece, per Geraldine Vishwanathan. La sua Prudence è l’ennesima figura femminile imprigionata in una situazione esistenziale che le va stretta, anche se non ha ancora dimostrato la stessa carica eversiva e ribelle dell’Eliza della prima stagione o della Alexandra della seconda: ma è questione di tempo, anche perché è evidente che il matrimonio con Todd (intepretato dal solito Jon Bass, altra presenza fissa di Miracle Workers) non la soddisfa affatto.
SORRISI, MA NON RISATE
Una volta abituatisi all’ennesimo cambio di location, epoca storica e personaggi, la prima puntata di Miracle Workers: Oregon Trail scorre senza problemi. Quello che davvero manca alla creatura di Simon Rich è un guizzo comico che faccia sganasciare dalle risate come succedeva nella prima stagione, ma forse il problema era strutturale: fare comicità su una versione ridicolizzata di Dio e del Paradiso è spassoso fin dal concetto stesso, parodiare il selvaggio West funziona solo se le battute sono veramente ispirate. E le battute di “Hittin’ the Trail” non sempre lo sono.
Sia chiaro, l’episodio strappa non pochi sorrisi, e siamo anni luce da show comici magari ben più sponsorizzati ma ancor meno divertenti. Va anche detto che siamo solo all’inizio: Oregon Trail potrebbe carburare lentamente e riservarsi il meglio per i prossimi episodi, come in parte successo già in Dark Ages.
Va anche detto che, allo stato attuale delle cose, è impossibile prevedere la direzione che prenderà la stagione: si concentrerà solo sul viaggio verso l’Oregon o anche sull’insediamento della comunità? Quale sarà l’effettivo ruolo del personaggio di Steve Buscemi? I rapporti tra Ezekiel e Prudence si evolveranno nella solita sottotrama amorosa? Insomma, è presto per sbilanciarsi.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Miracle Workers è tornato, anche se al momento non è possibile dire se sarà all’altezza della prima stagione o un’altra mezza stagione. Il cast storico c’è e funziona, tutto dipende dalla scrittura delle prossime puntate.
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.