Come una lama lucente che pende sopra il collo di Luigi Capeto il 21 gennaio 1793, così il finale di stagione attende show come From che hanno la necessità o di chiudere il cerchio dando (e motivando) risposte oppure di allargarlo ulteriormente sollevandone di ulteriori, a cui si dovrà tentare di dare giustificazione con il prosieguo dello show.
E From abbozza qualche risposta ma preferisce sospendere ancora una volta le spiegazioni spingendo lo spettatore ad un nuovo “atto di fede”: seguirlo verso una probabile (ed auspicata) seconda stagione ed osservare.
Il risultato? Un finale criptico, carico di interrogativi, ma che non si può non preferire al precedente episodio ben più compassato, incline all’attendismo, bloccato nella narrazione.
Ethan: “I wish Victor was here. I bet he’d really like this.”
Jim: “Well, I’m sure, wherever he is, he’s okay.”
Ethan: “Oh, I know. He’s got to do his part right now.”
Jim: “His part?”
Ethan: “Of the quest. He’s probably doing something pretty important right now. That’s his part. Doing this is our part.”
Jim: “That’s right.”
IL FARO
Risolto il problema dell’elettricità, sfruttando la peculiarità del luogo, Jade e Jim si ritrovano a coordinare gli abitanti della città nel reperimento degli strumenti necessari per costruire la torre radio. Una costruzione ultimata in maniera abbastanza veloce e che rappresenta il fulcro narrativo centrale della puntata dal momento che proprio dalla trasmissione radio che verrà effettuata sorgono ulteriori domande visto e considerato che il messaggio di Jim sembra in qualche modo essere intercettato da persone che conoscono lui e la sua situazione (essere bloccato nella città). Come è possibile? Sono ancora le creature notturne che riescono in qualche modo a fare da scudo anche alle onde radio oppure tutto fa parte di qualcosa di ben più grande e articolato?
Domanda che sorge spontanea anche dopo la comparsa di un faro in mezzo alla foresta. Costruzione inusuale, ma considerato il contesto narrativo non risulta nemmeno troppo strana.
Volendo continuare con i richiami a Lost occorre obbligatoriamente una riflessione sulla torre radio, paragonabile per importanza sul morale e sulla storia alla zattera costruita durante la prima stagione; ma anche il faro richiama alla mente lo show della ABC, visto che anche lì ne compariva uno utilizzato da Jacob per monitorare a distanza i suoi Candidati mentre non erano sull’Isola.
VICTOR E I RAGNI
Una puntata carica di pathos e di ulteriori domande, come detto, che tuttavia non inficiano su quanto di buono messo in scena nell’episodio. “Oh, The Places We’ll Go” procede per la propria direzione portando a conclusione la costruzione della radio e permettendo al gruppo di tentare una trasmissione all’esterno.
Come l’Idra, però, tagliata una testa eccone spuntare un’altra: le ragnatele trovate nel fitto della foresta da Boyd e Sara richiamano alla mente The Mist, esattamente come i ragni che assalgono Boyd; del faro e dell’intromissione radio si è già detto, ma giusto farne menzione nuovamente; Victor ricompare sotto la casa dei Matthews asserendo che “the Boy in White, he said that you would come, that I should wait”, lo stesso bambino che suggerisce a Sara dove nascondersi per la tempesta in arrivo, ma che era già stato visto da Ethan al bordo della foresta. Interessante poi come Victor, scomparso dopo aver salvato Julie, asserisca che quel tetro luogo “it’s not safe here, this is where they sleep”.
Le creature, quindi, effettivamente trovano rifugio sottoterra all’interno della foresta? C’è un collegamento tra la città e dove risiedono? Difficile poterlo dire con certezza ora. Sicuramente il personaggio di Victor necessita di maggiore spazio per essere approfondito visto il naturale collegamento con la cittadina ed il suo passato.
PERDITE DI TEMPO NON NECESSARIE
“Whoa, whoa, slow down. Is this Jim? Jim Matthews? Your wife shouldn’t be digging that hole, Jim.”
Considerate le domande sollevate avrebbe fatto piacere vedere in scena qualche risposta in più rispetto ai quesiti rimasti aperti ormai da tempo. Invece no, John Griffin ha preferito dedicare ampio minutaggio alle varie storyline romantiche (o presunte tali): Kenny e Kristi su tutti, ma anche Ellis e Fatima. Dialoghi pressoché inutili ai fini della trama, ma che vanno a sottrarre minutaggio prezioso a quello che cattura l’attenzione durante la visione di From, ossia il lato mistery, il pathos narrativo attorno alla narrazione delle creature ed al tentativo di mettersi in contatto con l’esterno della città. Danno doppio, quindi.
Da annotare poi che costruire il tavolo-radio all’esterno della colony house non rappresenta sicuramente un’idea da Nobel: lasciandolo all’addiaccio la radio è esposta agli attacchi notturni delle creature senza contare, come succede proprio all’interno dell’episodio, le intemperie. Sarebbe mancato solo un fulmine per mandare in frantumi definitivamente il piano di Jim e Jade.
La chiusura della puntata segna l’arrivo in città di un pullman dando il là, quindi, ad un nuovo giro di arrivi in città per movimentare ulteriormente le cose. Anche la casualità degli arrivi e la motivazione degli stessi sarà un argomento che prima o poi From dovrà tentare di affrontare.
Fun fact: il pullman reca la scritta “Grand Rapids Runner” e potrebbe riferirsi alla Grand Rapids Marathon che si svolge ogni ottobre in Michigan (USA), proprio lo Stato americano da cui proviene Kristi. Facile immaginare, quindi, che sopra il bus possa nascondersi qualche vecchia conoscenza della ragazza, magari proprio la fidanzata.
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…a quando la seconda stagione?
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.