A volte ritornano. Anche se hanno quasi cent’anni. Come Mel Brooks, classe 1926, la mente geniale dietro capolavori della comicità come Frankenstein Junior, Balle spaziali, Mezzogiorno e mezzo di fuoco e tanto altro.
E’ un ritorno per certi versi inaspettato, per via della veneranda età del regista, ma per altri prevedibile, perché le nuove piattaforme streaming offrono infinite potenzialità di cui sempre più cineasti stanno approfittando. Ma invece di dedicarsi a un progetto completamente nuovo, Brooks ha messo mano al seguito di una delle sue opere più discusse, La pazza storia del mondo, che ai suoi tempi guadagnò persino una candidatura come Peggior film agli Stinkers Bad Movie Awards.
E’ interessante notare che il film in lingua inglese si intitolava History of the World, Part I, senza quel “pazza” aggiunto dai traduttori italiani e con l’aggiunta di quel “part I” che faceva presagire un sequel. In realtà Brooks non aveva intenzione di girare un secondo film e stava solo trollando gli spettatori, come avrebbe fatto qualche anno dopo anche in Balle spaziali. Ma, ironia della sorte, a poco più di quarant’anni di distanza il sequel è arrivato davvero. E adesso dobbiamo scoprire se è davvero all’altezza della fama di Brooks.
DISSACRARE LA STORIA
Com’era prevedibile, History of the World, Part II mantiene la stessa struttura del suo predecessore: una serie di sketch ambientati in diverse epoche storiche, incentrati su personaggi più o meno famosi e famigerati. Cambia solo il fatto che i singoli sketch non siano organizzati in senso cronologico, ma secondo un ordine casuale: una scelta che rimanda a programmi televisivi come il Monty Python’s Flying Circus e ha il merito di garantire maggiore varietà.
Si parte subito col botto, con Hitler pattinatore sul ghiaccio per una notte che rimedia un sacco di zeri dalle nazioni a lui ostili, per ovvi motivi, e va a suicidarsi per la delusione. E si prosegue con la spassosa presa in giro di due eroi della guerra di secessione, Ulysses Grant e Abraham Lincoln, di cui si esagerano fino all’estremo i problemi di alcolismo e l’altezza. C’è spazio anche per la rappresentazione di William Shakespeare come un pigro borioso che fa lavorare uno stuolo di ghostwriters al suo posto e se ne prende il merito, oppure per una gustosa rivisitazione della nascita del Kamasutra.
Ma le parti meglio riuscite sono probabilmente quelle sulla rivoluzione russa, sia perché è intuibile il richiamo all’attualità, sia perché hanno una sorta di unità all’interno del libero flusso di sketch. E poi Danny De Vito nei panni dello zar Nicola II Romanov è impagabile, con buona parte della somiglianza andata a farsi benedire.
UNA COMICITA’ “CLASSICA” EPPURE ATTUALE
Lo stile di Brooks è inconfondibile e si ritrova appieno anche in questo primo episodio. Il regista newyorkese non ha paura di prendere personaggi storici e dissacrarli senza pietà, e questo vale tanto per un’icona nazionale come Abraham Lincoln quanto per una figura molto meno “nobile” come Hitler, sulla quale però è sempre difficile fare comicità. Anzi, sicuramente qualcuno là fuori nel web starà già urlando contro il cattivo gusto di Brooks. Ma poco importa: la maniera migliore per prendere le distanze da un orrore come quello nazista è metterlo in ridicolo e Brooks ci riesce, peraltro senza fare battute sul presunto unico testicolo di Hitler che vanno tanto di moda in altri prodotti americani (vero The Man in the High Castle?).
Da un lato, quindi, siamo di fronte a un prodotto che viaggia sui binari già rodati della comicità brooksiana. Dall’altro, però, il quasi centenario regista si dimostra capace di mettere alla berlina atteggiamenti moderni e probabilmente lontani dalla sua quotidianità, come il fenomeno delle influencer ben rappresentato (e deriso) dalla figura di Anastasia fashion blogger mentre la sua famiglia viene sterminata dai bolscevichi.
Lo sketch sul Kamasutra, invece, prende di mira i malcostumi della macchina editoriale, in cui spesso sono gli editori a imporre la direzione che un libro deve prendere, a scapito della visione dell’autore. E su un terreno simile si muove la parentesi shakesperiana, che gioca pure sulla cosiddetta questione shakesperiana, ossia il sospetto che a scrivere tutte quelle opere immortali sia stato un altro personaggio (o più personaggi, come in questo sketch).
PUNTI DEBOLI
Non tutti gli sketch, purtroppo, sono allo stesso livello. L’invenzione del fuoco, ad esempio, è decisamente sottotono, complice anche il fatto che per metà del tempo le cavernicole (che in realtà non hanno mai abitato in una caverna, lo dicono loro stesse) si esprimono con gesti e mugugni. Va bene che la comicità “fisica” può far ridere tanto quanto quella “parlata”, ma qui Brooks toppa decisamente.
Così come evitabile poteva essere il siparietto musicale in chiusura, per quanto coerente con il vissuto artistico di Brooks, assai attivo anche a Broadway e vincitore di 3 Tony Awards.
Si tratta di piccole macchie in un certo senso inevitabili, perché non è possibile sfornare sketch tutti allo stesso livello, e che comunque non cancellano le ottime impressioni di questo ritorno di Brooks alla regia.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Mel Brooks torna a dirigere un progetto dopo anni e dà seguito a uno dei suoi film più discussi. Il risultato finale è complessivamente soddisfacente, qualche sketch meno solido degli altri non cancella il fatto che il regista newyorkese si sia confermato un maestro delle parodie. Personaggi storici di tutti i tempi, tremate, perché Brooks è pronto a mettervi alla berlina.
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.