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Sex Education 3×07 – Episode 7TEMPO DI LETTURA 5 min

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Sex Education 3x07 - recensioneDopo una stagione di alti e bassi, emotivi quanto narrativi, in questo settimo episodio confluiscono praticamente tutte le singole storyline messe in piedi fino ad ora. Non a caso “Episode 7” è il più corale di tutto questo terzo capitolo della serie, in quello che è evidentemente il suo climax e in cui ognuno dei protagonisti trova il proprio ruolo, nonché l’apice del proprio percorso, tanto individuale quanto e soprattutto, come si vedrà, nelle relazioni con gli altri.

LET’S TALK ABOUT SEX


La trama stagionale appartenente al liceo Moordale e alla rivoluzione “conservatrice” della neo-preside Hope (mai nome fu più ironicamente adottato, in pieno stile Sex Education) occupa allora lo spazio principale, l’evento della prima parte d’episodio che regala i momenti corali migliori, sicuramente i più divertenti. Tutto, dal video mostrato in proiezione fino all’incredibile performance musicale è una lezione di memorabile montaggio, raggiungendo vette di epicità estreme, in cui perfino Ruby trova la sua rivalsa personale. Ecco, la “scazzottata” con la preside, magari lievemente giustificata dalla sua giovane età (e a proposito di sagace ironia, quanto diverte Jemima Kirke in questo ruolo, ricordandola in vesti totalmente opposte nell’iconico Girls?), è comunque la scena in cui la sospensione d’incredulità raggiunge il suo limite massimo, ma tutto viene soppiantato dalla bellezza dell’intera sequenza e soprattutto dal suo valore narrativo.
Perché dopo le divisioni interne, dopo una stagione in cui la diversità, di caratteri e di opinioni, tra i protagonisti è stata così centrale, mostrandoli mai così distanti tra di loro (specie in relazione ad Otis), ecco che finalmente li si vede lottare insieme per la propria libertà di pensiero e di essere, di poter rivendicare la propria individualità. Specie in un periodo storico come questo, dove il progresso, culturale e scientifico, è costantemente (e pericolosamente) messo in discussione. Ma soprattutto, come detto, viene messa in luce l’importanza del “consultorio” di Otis e Maeve per tutta la loro piccola comunità. Dall’operato dei due protagonisti, d’altronde, muoveva di fatto la serie e con la sua “cancellazione” (la distruzione del loro “ufficio) era invece cominciata questa stagione, segnando in tal modo una circolarità perfetta e pregna di significato.

YOU’RE GREAT. JUST THE WAY YOU ARE


Nella seconda parte, ossia dopo aver risolto la questione “comunitaria”, l’attenzione si sposta sulle mura “domestiche”, a quelle problematiche interne che affliggono i diversi (e numerosi) protagonisti da tutta una stagione, aventi un unico filo conduttore (come anticipato): la consapevolezza di aver bisogno di aiuto, di non potercela fare da soli, di avere il coraggio di potersi affidare agli altri.
Accade per il personaggio forse più “individualista” e dichiaratamente indipendente della serie, ossia Jean, che si ritrova in sala parto, da sola, chiedendosi continuamente dove sia finito Jakob, il quale a sua volta trova la forza di fidarsi di lei, nonostante tutto, e raggiungerla. È anche il caso della scelta che fa Maeve, che chiede sostegno ad Aimee per lasciare andare finalmente sua madre, e sempre in lei trovare la famiglia che non ha mai avuto (quell’abbraccio al suono di “Thanks, Mom”, “You’re welcome, Mom” è invece tra i momenti più toccanti, per il percorso di entrambe). Di tutt’altro stampo all’apparenza, ma in qualche modo comunque legati al tema del riconoscere se stessi negli altri, sono lo sfogo del Preside Groff ai danni di suo fratello e la confessione di Eric ad Adam. Per entrambi, infatti, si tratta di fare affidamento su quell’immagine di sé diversa dal solito, ancora celata dietro tante insicurezze e che, in modi diametralmente opposti, i personaggi riescono in qualche modo a tirar fuori, regalandogli finalmente le luci della ribalta.
Ma è soprattutto il discorso di Otis a Lily a dare il senso a tutto l’episodio, volendo all’intera stagione (con il suo fatidico ritorno alle “vecchie abitudini”), e sicuramente al cammino interiore del protagonista. Otis è infatti lo specchio di un mondo che grida al culto dell’eccessiva individualità, all’auto-miglioramento e all’auto-determinazione, ma che nel farlo, come da sua stessa (e bellissima) ammissione, si dimentica dell’esistenza dell’altro, di quello spirito altruistico che invece può migliorarlo, con la stessa se non con maggiore efficacia e soddisfazione. E di potergli direyou’re great. Just the way you are, quando magari quel qualcuno non ha la forza di convincersene da solo.

FINALMENTE OTIS E MAEVE


Gli ultimi cinque minuti, infine, non possono allora che essere dedicati a loro, ossia alla risoluzione delle risoluzioni. Poiché in questo circuito fatto di oneste e sincere ammissioni, così facili dall’esterno ma così maledettamente complicate per ogni persona, Otis e Maeve riescono finalmente a trovare il coraggio di rivelarsi reciprocamente, di affidarsi ciecamente l’uno all’altra, mettendosi a nudo e smettendo di mentirsi a vicenda sui propri sentimenti: praticamente, quanto di più difficile (appunto) si possa chiedere a entrambi. Il climax narrativo raggiunge qui, e non poteva essere altrimenti, il suo massimo vertice, l’estrema sintesi di tutto il suo discorso psicologico, sociale ed emotivo. E che si parteggi per Ruby o Maeve, è davvero impossibile non emozionarsi davanti a quel “non era solo per i soldi. Anch’io volevo starti vicino” che si aspettava da ben tre stagioni.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Finalmente Otis e Maeve
  • La presentazione “scolastica” e la performance musicale: la rivoluzione sessuale di Moordale
  • “Thank you, Mom”, “You’re welcome, Mom” 
  • Il discorso di Otis a Lily 
  • Lo sfogo del Preside Groff al fratello 
  • La confessione di Eric ad Adam 
  • Il climax stagionale, perfettamente circolare, orchestrato e ben scritto
  • Il plot twist finale, e tragico, su Jean
  • La “scazzottata” tra Ruby e la preside Hope: forse troppo anche per il tono grottesco della serie

 

Un episodio che, nel raggiungere le vette più alte tanto per ciascun protagonista, quanto per l’intera comunità descritta, potrebbe benissimo valere anche come season finale (con tanto di cliffhanger su Jean). Ha quindi perfino il merito di non esserlo e di riservare dell’altro. Difficile, perciò, chiedergli di più.

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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