In questo secondo episodio del sesto – ed ultimo – ciclo di The Good Fight fa la sua comparsa un personaggio amatissimo dallo zoccolo duro dei fan.
Rivedere Alan Cumming nelle vesti di Eli Gold è sempre un piacere per gli occhi data l’importanza del character nella serie madre, ma anche per le sempre notevoli doti recitative dell’attore scozzese.
Nel restante minutaggio, The Good Fight porta avanti lentamente le varie sotto-trame che saranno il fil-rouge di questa stagione, oltre a presentare un caso giudiziario intriso di critica sociale e politica tanto cara ai King.
Dopo sei anni è fisiologico che la serie abbia perso un bel po’ di smalto (come era già successo per The Good Wife) e che ormai i personaggi girino in tondo ripetendo sempre le stesse azioni e pattern comportamentali.
Per fortuna il sipario verrà calato al momento giusto, senza compromettere troppo uno show che, per essere uno spin-off, si è sempre difeso bene.
DIANE, ELI, ALICIA E PETER
Il punto di forza di questo secondo episodio è senza dubbio il ritorno di Eli Gold. Per i fan della prima ora, Eli Gold non è solo il padre di Marissa, ma è un personaggio fondamentale che ha più volte alzato l’asticella dello show originale.
Ovviamente i coniugi King non potevano esimersi dal far riunire due protagonisti storici di The Good Wife e così il pubblico assiste ad un piccolo dialogo tra Eli e Diane che profuma di ricordi e malinconia. Anche perché, oltre a questa piccola reunion, gli autori decidono di calare l’asso nella manica nominando anche Alicia e Peter, così da mandare letteralmente in visibilio gli spettatori più affezionati. Si viene, pertanto, a scoprire che Peter Florrick indossa di nuovo la divisa arancione e si trova dietro le sbarre per qualche reato non specificato, mentre Alicia ha aperto un suo studio legale a New York. I due, inoltre, hanno finalmente divorziato.
D’altronde, Eli e Diane avevano ed hanno come unica cosa in comune proprio il rapporto con questi due personaggi, quindi era scontato che ci fosse un aggiornamento sulle loro vite. Questa passeggiata sul viale dei ricordi ha un retrogusto da puro fan-service ma, essendo questa la stagione finale, va benissimo così.
“YOU DON’T FUCK WITH CHINA”
Naturalmente Eli Gold si interfaccia anche con un altro comprimario di The Good Fight, ovvero sua figlia Marissa.
La giovane, infatti, sembra faticare nel suo nuovo ruolo di avvocato e il padre arriva in suo soccorso quasi come un deus ex-machina. Quasi. Perché, come si scoprirà sul finale, le intenzioni di Eli sono ben altre.
Se si potesse riassumere l’intera puntata con due sole parole, queste sarebbero: ipocrisia e compromesso. Il caso giudiziario riguarda la scelta di una famosa cantante di non includere Israele nel suo tour promozionale, per via della questione palestinese.
Ironia della sorte, a sostenere questa posizione nettamente in favore dei Palestinesi viene chiamata proprio Marissa, supportata (ed anche rimproverata) dal padre come secondo difensore.
Il minutaggio dedicato alla parte procedurale si prefigge di smantellare, con ironia e sagacia tipica dei King, l’ipocrisia latente di certe posizioni e di certe opinioni riguardo questi temi caldi. La famosa cantante, infatti, sembra utilizzare due pesi e due misure, senza avere la benché minima cognizione di causa e cedendo ai ricatti in favore di una carriera assicurata.
LIZ, RI’CHARD E DIANE
Il restante episodio viene riempito dalle storylines riguardanti Liz, Ri’chard e Diane, nonostante il loro svolgimento non brilli di certo per originalità.
Diane è ancora alle prese con gli allucinogeni legali prescritti dal Dottor Lyle Bettencourt, interpretato da un John Slattery (Mad Men) che trasuda sex appeal da tutti i pori, nonostante i sessant’anni.
Questa porzione di trama, pur regalando momenti surreali come l’erezione elfica o la levitazione di Diane, sembra riportare la Lockhart indietro alla seconda stagione, quando assumeva microdosi di LSD.
Certo, vedere Diane canticchiare in ascensore e poi scoppiare in una fragorosa e riconoscibilissima risata guadagna già molti punti, ma per adesso l’avvocato siede ancora in terza fila.
A voler occupare le poltrone migliori è, invece, Ri’Chard, il nuovo socio dello studio legale che ha le fattezze dell’attore con la voce più suadente di tutti: Andre Braugher (Brooklyn Nine-Nine).
Ri’Chard per adesso oltre a mostrare eccentricità, carisma e autostima non fa molto altro. Chiamato a movimentare le acque, ancora non è chiaro se il suo personaggio sia positivo o negativo.
Infine, senza infamia e senza lode è la storyline di Liz Reddick: un piccolo intermezzo non necessario e puramente riempitivo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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A salvare questo secondo episodio ci pensa un bel tuffo nel mare dei ricordi: i nomi di Alicia, Peter e la comparsata di Eli Gold mandano in brodo di giuggiole il fandom. La mancanza di una trama orizzontale si fa sentire e gli autori, per adesso, sembrano navigare senza bussola ma si accontentano di raccontare squarci di vita reale con tanta ironia e surrealismo.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.