Dopo una season premiere che, come già detto, ha affrontato un passato che sarebbe stato meglio affrontare nella scorsa stagione, The Mosquito Coast finalmente riprende da dove era terminato, ovvero da qualche parte tra Messico e Centro America sulla barca che ha concesso a tutti una via d’uscita nello scorso season finale.
L’obiettivo da raggiungere non è chiarissimo e, soprattutto, non è meglio identificato su una cartina, il che è un fattore molto di comodo per i protagonisti e gli sceneggiatori che possono vivere sogni tranquilli senza avere l’ansia di dover spiegare qualcosa che tutti vorrebbero sapere. Sarcasmo a parte, questa “Least Concern Species” continua incredibilmente un trend positivo inaugurato con la season premiere e che qui viene portato avanti grazie ad un’ottima intro nel mezzo della tempesta e ad una tensione galoppante che non si disdegna per niente. Il tutto, ovviamente, sempre farcito da una buona dose di soluzioni geniali e di eventi che non vengono spiegati per non far cadere il fragile castello di carte su cui si erge la sceneggiatura della serie.
#TENSIONEGALOPPANTE
Partendo con basse aspettative c’è il rischio di rimanere positivamente sorpresi qualora qualcosa di buono emergesse, ed è esattamente questo il caso. Con un buonissimo intro ed una prima parte di puntata che mette la famiglia Fox nuovamente alla prova pescando dal mazzo diverse carte “imprevisto”, Neil Cross riesce nell’intento di ripristinare una certa fiducia nello show dopo la burrascosa prima stagione.
Ecco, quindi, che la tempesta che finisce per creare un buco nello scafo della barca dei Fox è un piacevole diversivo per aumentare i problemi, il tutto piacevolmente ricreato con una regia di Stefan Schwartz che piace parecchio.
A suggellare il tutto c’è poi la puntura di una zanzara che passa una malattia quasi mortale ad Allie ignorando qualsiasi altro membro della famiglia che invece, tra bagni nel fiume e ore di traversata nella giungla, sono completamente immuni a qualsiasi incontro indesiderato. E qui comincia a tremare il castello di carte altresì noto come “sceneggiatura”.
#CASTELLODICARTE
Pur avendo basse aspettative per quanto riguarda lo show, la coerenza narrativa continua a rimanere un punto focale su cui, chi scrive, non può e non vuole soprassedere.
La struttura dell’episodio ben evidenziata la scorsa stagione ritorna evidente in questa puntata in cui tutti i problemi emergono e vengono risolti magicamente nell’arco di 45-50 minuti. Alla puntura di zanzara si trova subito un rimedio nel bel mezzo di un accampamento abbandonato a causa di una strage compiuta da un non meglio precisato gruppo; la cura e la diagnosi della malattia sono ovviamente note a Charlie “Enciclopedia” Fox che ha mangiato un Bignami proprio su questo argomento; il viaggio nella giungla equivale praticamente come fare una vasca per il centro storico per Charlie e Margot che conoscono a menadito ogni albero e cespuglio della giungla tropicale tanto da poter andare e tornare con le medicine senza fare troppi sforzi, sforzi che comunque sono saggiamente fatti passare in sordina da un salto temporale coincidente con il risveglio di Allie post-cura miracolosa.
Al solito non si vuole trovare il pelo nell’uovo ma un minimo di realismo e coerenza narrativa mentre si scrive una sceneggiatura sarebbe gradito.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Ad una buona prima metà dell’episodio segue una seconda parte non propriamente all’altezza e penalizzata da un ritmo piuttosto blando. In generale, comunque, The Mosquito Coast riesce a portarsi a casa una sufficienza piena che, visti i precedenti, è come oro colato.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.