Them: The Scare è la seconda stagione della serie horror antologica creata da Little Marvin e prodotta da Lena Waithe. Nonostante una campagna di marketing quasi nulla, lo show può contare su un comparto tecnico di qualità e meriterebbe più riconoscimenti.
Questo secondo ciclo pesca a piene mani dal genere crime, proponendo la storia di un serial killer e di una scia di omicidi dai tratti sovrannaturali con delle vibes di possessione demoniaca.
Ad indagare viene chiamata la detective Dawn Reeve (Deborah Ayorinde), una donna con parecchi scheletri nell’armadio e la volontà di sopravvivere in un mondo – lavorativo e non – dominato da razzismo e maschilismo.
D’altronde, anche i protagonisti della prima stagione, la famiglia Emory, erano perseguitati da entità maligne, poi rivelatesi come personificazioni di Hiram Epps, un prete che aveva stretto un patto con il diavolo.
Them: The Scare, però, gioca in maniera spinta su questa sottile linea che divide il male vero da un male fittizio: le vittime degli omicidi hanno davvero incontrato un demone oppure l’animo umano è capace di abominevoli crudeltà?
L’INIZIO DELL’INFERNO PER EDMUND
L’altro protagonista di questa seconda stagione di Them è il giovane Edmund Gaines (Luke James), un aspirante attore costretto a sbarcare il lunario lavorando alla Five Nights At Freddy’s.
Gli sceneggiatori della puntata, Scott Kosar e Sarah Cho, decidono di inoltrarsi in un territorio grigio e dipingono Edmund con caratteristiche sia positive che negative. Il ragazzo è indubbiamente fragile, ingenuo e segnato da molti traumi; la sua sensibilità e la sua gentilezza (soprattutto nei confronti di Rhonda e suo figlio) nascondono un abisso buio e profondo, dove si sta, a poco a poco, insinuando qualcosa di malvagio.
Luke James è superlativo nella parte di Edmund, con una mimica facciale che farebbe accapponare la pelle persino allo spettatore più cinico e indifferente. La sua capacità di passare da un sorriso empatico ad uno sguardo perso nel vuoto è magistrale e rende giustizia alle sue doti recitative.
Il culmine di questa parabola discendente si raggiunge con il disastroso appuntamento tra Rhonda ed Edmund e il provino di quest’ultimo per la parte del killer: un’immedesimazione troppo reale per il ragazzo che sembra accogliere il male dentro di sé.
UN ALTRO OMICIDIO
In questo terzo episodio la detective Dawn Reeve deve indagare su un terzo omicidio, quello di due sorelle coreane perseguitate dalla stessa entità – o serial killer – delle altre due puntate.
Anche queste due ragazze mostrano gli stessi segnali di paranoia di Curtis e Bernice, come l’aver paura di addormentarsi e coprire gli specchi con delle coperte per evitare di scorgere qualcuno o qualcosa. Un tassello in più si aggiunge all’indagine, dato che, in un video registrato dalle due sorelle, quest’ultime indicano come “the man with the red hair” la persona che le sta perseguitando.
La detective e il suo nuovo partner – il detective Diaz – sono ancora ben lontani dalla verità e sta alla bravura degli autori quello di non sbilanciarsi sulla vera natura dei crimini commessi. Demone o essere umano? Possessione demoniaca o semplice psicopatico?
Il comparto tecnico aiuta, inoltre, a conferire all’episodio un alone di mistero ed inquietudine, con una fotografia dai toni caldi, quasi opprimenti e rugginosi, l’utilizzo preponderante delle ombre e dei primi piani.
RAZZISMO E ORRORE
A fare da collante ai vari pezzi del puzzle che compongono la trama principale c’è la tematica del razzismo, già affrontata nella prima stagione.
Dopo Jordan Peele, che con i suoi film ha voluto fortemente denunciare un preciso pattern del suprematismo bianco, utilizzando la variante horror solo come mezzo, anche Little Marvin ha deciso di intraprendere la stessa strada.
Nella prima stagione, infatti, l’orrore si celava soprattutto dietro la finta perfezione di Compton e i suoi abitanti bianchi dai finti sorrisi e dalle maniere gentili.
Anche in questa seconda stagione c’è una forte connotazione di critica sociale, come il fatto che le vittime facciano parte di minoranze, l’atteggiamento di alcuni poliziotti nei confronti di Dawn e lo stesso McKinney. Il detective, infatti, si mostra sempre più crudele, arrivando a spaventare il figlio di Dawn e minacciare quest’ultima in una sequenza creepy e claustrofobica.
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Them: The Scare porta a casa un altro episodio eccellente, grazie ad un comparto tecnico che rende giustizia al senso di inquietudine e oppressione della storyline, a interpretazioni di ottimo livello (soprattutto quella di Luke James) e una trama ancora immersa nel dubbio e nell’incertezza.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.