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Essendo Star Trek: Discovery un prequel ambientato una decina di anni prima della serie classica e dei film ad essa legati è inevitabile che qualche personaggio già noto ai fans vi compaia, in parte per sottolineare la continuità tra le opere e in parte, inutile negarlo, per offrire del puro e semplice fanservice. Nei primi due episodi si era visto Sarek, il padre di Sybok e di Spock; in “Choose Your Pain”, invece, l’onore spetta ad Harcout Fenton “Harry” Mudd, figura ben nota a chi ha seguito le avventure di Kirk e Spock nella loro missione quinquennale. Il truffatore interpretato all’epoca da Roger C. Carmel fece la sua comparsa nel terzo episodio della prima stagione, “Mudd’s Women”, nelle vesti di un venditore di mogli diretto al pianeta Rigel XII; ricomparve poi nel dodicesimo episodio della seconda stagione, “I, Mudd”, come signore di un pianeta di androidi; una terza apparizione del personaggio si ebbe nella serie animata del 1973.
Se nelle opere degli anni ’60 e ’70 Mudd era una figura comica, quasi caricaturale, una divertente macchietta con cappello da cowboy, baffi a manubrio e un vistoso orecchino, nel 2017 si presenta in una veste ben più seria e drammatica, oltre che esteticamente più sobria, considerando anche il diverso contesto in cui compare: la prigione dell’incrociatore Klingon di L’Rell, in cui anche il capitano Gabriel Lorca finisce dopo un agguato mentre era di ritorno da un meeting con gli altri ufficiali della Federazione. Mudd diventa così un personaggio vile e meschino, non più una simpatica canaglia che fa sorridere ma un uomo che non si fa problemi ad andare contro i suoi compagni di prigionia e a tradirli pur di non essere torturato dai Klingon. Nel contempo, proprio Mudd diventa portavoce di quella terza forza coinvolta nella guerra tra Klingon e Flotta Stellare: la gente comune, i pacifici cittadini dei pianeti della Federazione, i mercanti, i civili, i milioni di esseri umani e non costretti a subire passivamente gli orrori del conflitto, perché privi di forza militare per difendersi dai primi e della protezione della seconda. Per Mudd (ma non c’è dubbio che questo sia il punto di vista del “popolo”) a causare la guerra è stata l’arroganza della Flotta Stellare di potersi spingere laddove nessuno era mai giunto senza pensare alle conseguenze che l’incontro con una civiltà aliena avrebbe potuto scatenare. L’entusiasmo per la scoperta e per la ricerca che ha sempre animato la saga deve scontrarsi con una realtà molto meno utopica e perfetta, in cui non sempre venire in pace e proporre un dialogo può essere sufficiente per evitare lo scontro.
Lorca, dal canto suo, continua a essere un personaggio sfuggevole, carismatico e a tratti degno persino di ammirazione per le sue indubbie qualità, ma anche inquietante nel suo essere al di sopra delle regole e disposto a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo, come si è visto a proposito dell’uso del tardigrado per fini bellici e dell’arruolamento di Michael Burnham nel proprio equipaggio. In “Choose Your Pain” lo spettatore viene a conoscenza di un ulteriore, importante dettaglio sul passato del capitano meno “trekkiano” finora visto in televisione: quando la sua precedente nave, la USS Buran, fu assalita dai Klingon l’uomo preferì fuggire via, non prima di averla fatta saltare in aria per risparmiare all’equipaggio le sofferenze e le torture a cui sarebbe stato sottoposto durante la prigionia. Chi è davvero Gabriel Lorca? Un codardo che abbandona il campo di battaglia? Un megalomane che si ritiene così unico e fondamentale per le sorti del conflitto da anteporre la propria sopravvivenza ai suoi doveri di capitano? Un uomo tormentato che ha compiuto una scelta difficile per altruismo? Più probabilmente tutte queste cose insieme.
Il terzo prigioniero sulla nave Klingon è Ash Tyler, interpretato dall’unico membro del cast principale che ancora mancava all’appello, ossia Shazad Latif. Su questo personaggio si può dire ancora poco, a parte che riscuote un certo successo tra le donzelle Klingon al punto che oltre alle torture deve pure subire gli stupri di L’Rell, in barba agli insegnamenti di T’Kuvma sulla purezza dei Klingon bellamente violati da questi rapporti interrazziali.
Se nelle opere degli anni ’60 e ’70 Mudd era una figura comica, quasi caricaturale, una divertente macchietta con cappello da cowboy, baffi a manubrio e un vistoso orecchino, nel 2017 si presenta in una veste ben più seria e drammatica, oltre che esteticamente più sobria, considerando anche il diverso contesto in cui compare: la prigione dell’incrociatore Klingon di L’Rell, in cui anche il capitano Gabriel Lorca finisce dopo un agguato mentre era di ritorno da un meeting con gli altri ufficiali della Federazione. Mudd diventa così un personaggio vile e meschino, non più una simpatica canaglia che fa sorridere ma un uomo che non si fa problemi ad andare contro i suoi compagni di prigionia e a tradirli pur di non essere torturato dai Klingon. Nel contempo, proprio Mudd diventa portavoce di quella terza forza coinvolta nella guerra tra Klingon e Flotta Stellare: la gente comune, i pacifici cittadini dei pianeti della Federazione, i mercanti, i civili, i milioni di esseri umani e non costretti a subire passivamente gli orrori del conflitto, perché privi di forza militare per difendersi dai primi e della protezione della seconda. Per Mudd (ma non c’è dubbio che questo sia il punto di vista del “popolo”) a causare la guerra è stata l’arroganza della Flotta Stellare di potersi spingere laddove nessuno era mai giunto senza pensare alle conseguenze che l’incontro con una civiltà aliena avrebbe potuto scatenare. L’entusiasmo per la scoperta e per la ricerca che ha sempre animato la saga deve scontrarsi con una realtà molto meno utopica e perfetta, in cui non sempre venire in pace e proporre un dialogo può essere sufficiente per evitare lo scontro.
Lorca, dal canto suo, continua a essere un personaggio sfuggevole, carismatico e a tratti degno persino di ammirazione per le sue indubbie qualità, ma anche inquietante nel suo essere al di sopra delle regole e disposto a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo, come si è visto a proposito dell’uso del tardigrado per fini bellici e dell’arruolamento di Michael Burnham nel proprio equipaggio. In “Choose Your Pain” lo spettatore viene a conoscenza di un ulteriore, importante dettaglio sul passato del capitano meno “trekkiano” finora visto in televisione: quando la sua precedente nave, la USS Buran, fu assalita dai Klingon l’uomo preferì fuggire via, non prima di averla fatta saltare in aria per risparmiare all’equipaggio le sofferenze e le torture a cui sarebbe stato sottoposto durante la prigionia. Chi è davvero Gabriel Lorca? Un codardo che abbandona il campo di battaglia? Un megalomane che si ritiene così unico e fondamentale per le sorti del conflitto da anteporre la propria sopravvivenza ai suoi doveri di capitano? Un uomo tormentato che ha compiuto una scelta difficile per altruismo? Più probabilmente tutte queste cose insieme.
Il terzo prigioniero sulla nave Klingon è Ash Tyler, interpretato dall’unico membro del cast principale che ancora mancava all’appello, ossia Shazad Latif. Su questo personaggio si può dire ancora poco, a parte che riscuote un certo successo tra le donzelle Klingon al punto che oltre alle torture deve pure subire gli stupri di L’Rell, in barba agli insegnamenti di T’Kuvma sulla purezza dei Klingon bellamente violati da questi rapporti interrazziali.
Michael: “Are you really afraid of me?”
Saru: “I am not. I am angry at you. Angry because of how much you stole from me. I am deeply jealous that I never got the chance you had. To be Captain Georgiou’s first officer. You stood by her side and learned everything she had to teach. The anticipated scenario, you would move up and out. Captain your own starship. And I would take your place. I never got that chance. If I had, I would’ve been more prepared for today.”
Saru: “I am not. I am angry at you. Angry because of how much you stole from me. I am deeply jealous that I never got the chance you had. To be Captain Georgiou’s first officer. You stood by her side and learned everything she had to teach. The anticipated scenario, you would move up and out. Captain your own starship. And I would take your place. I never got that chance. If I had, I would’ve been more prepared for today.”
La cattura del capitano Lorca da parte dei Klingon mette l’equipaggio della USS Discovery di fronte a scelte difficili, responsabilità inaspettate per le quali ci si sente impreparati e dilemmi morali che dimostrano come la nuova serie non si riduca solo a tanta azione ed effetti speciali che raramente si vedono in televisione. Se già lo sfruttamento di una creatura vivente come il tardigrado extra-large pone dei seri problemi etici in un futuro così progredito e illuminato come quello di Star Trek, ancora più difficile è giustificare tale atto quando emerge la possibilità che possa trattarsi di un essere senziente. Prima ancora che nella difficoltà ad esercitare un comando per il quale non è mai stato preparato a dovere, il dramma personale che Saru deve vivere consiste nella scelta tra la morte del capitano Lorca e il suo salvataggio al prezzo delle sofferenze di un’altra creatura; e non bisogna dimenticare che i Kelpiani, la razza di cui Saru fa parte, erano allevati e uccisi come bestiame, per cui non è a cuor leggero che il primo ufficiale divenuto capitano ad interim prende le decisioni che prende. Il goffo e pavido alieno che finora sembrava utile solo come contraltare e opposto della protagonista Michael si rivela un personaggio ben più complesso. Character schiacciato dal peso di decisioni difficili e costretto ad assumere un ruolo per il quale non è mai stato preparato a dovere, al punto da cercare aiuto nel computer di bordo e nei profili dei grandi capitani del passato. Il dialogo con Michael dopo il salvataggio di Lorca fa emergere un lato del Kelpiano forse non totalmente inaspettato, perché l’idea che potesse essere geloso del rapporto tra Philippa e Michael era nell’aria, e tuttavia sembra anche gettare le basi per un avvicinamento graduale tra i due.
L’eroe della giornata, però, è indubbiamente il tenente Paul Stamets, che arriva a iniettarsi il DNA del tardigrado (che nel frattempo era andato in criptobiosi) per trasformare se stesso in un navigatoredella Gilda delle spore e permettere alla Discovery di compiere l’ennesimo salto. Stamets è il genio euforico e incosciente che si getta a capofitto nella propria ricerca, incurante dei rischi, e la risata che prorompe dalle sue labbra quando rinviene dopo il salto è quella di chi ha osato l’inosabile, ha compiuto l’impossibile ed è penetrato nel mistero stesso che indaga, avendone un fugace assaggio. Le scene che lo vedono nell’intimità della propria cabina col medico Hugh Culbert sembrano offrire un po’ di pace e di tranquillità al termine di un episodio intenso e drammatico, ma il comportamento del suo riflesso nello specchio (Universo Specchio in arrivo?) rende decisamente inquietante la chiusura. Piccola curiosità: Stamets è il primo personaggio ufficialmente gay della saga, se si esclude la discussa retcon del tenente Sulu nel film Star Trek Beyond
L’episodio, purtroppo, è ancora una volta azzoppato da qualche forzatura di troppo: la cattura di Lorca in pieno territorio federale; la facilità con cui lui e Tyler riescono a evadere e a mettere al tappeto i Klingon, che dopo il restyling sembravano molto più forti fisicamente; l’assenza totale di telecamere o sistemi di sicurezza a bordo della nave Klingon; il succitato comportamento di L’Rell che da braccio destro di T’Kuvma si trasforma in un’amante degli umani. Si potrà anche affermare che sono sviste volute per esigenze di trama, ciò non toglie che un po’ di cura in più e un migliore lavoro degli sceneggiatori su questi dettagli non avrebbero fatto male a nessuno, anzi.
L’eroe della giornata, però, è indubbiamente il tenente Paul Stamets, che arriva a iniettarsi il DNA del tardigrado (che nel frattempo era andato in criptobiosi) per trasformare se stesso in un navigatore
L’episodio, purtroppo, è ancora una volta azzoppato da qualche forzatura di troppo: la cattura di Lorca in pieno territorio federale; la facilità con cui lui e Tyler riescono a evadere e a mettere al tappeto i Klingon, che dopo il restyling sembravano molto più forti fisicamente; l’assenza totale di telecamere o sistemi di sicurezza a bordo della nave Klingon; il succitato comportamento di L’Rell che da braccio destro di T’Kuvma si trasforma in un’amante degli umani. Si potrà anche affermare che sono sviste volute per esigenze di trama, ciò non toglie che un po’ di cura in più e un migliore lavoro degli sceneggiatori su questi dettagli non avrebbero fatto male a nessuno, anzi.
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Con “Choose Your Pain” la nuova incarnazione di Star Trek mostra ancora una volta le proprie potenzialità e la propria capacità di coniugare una splendida veste visiva e un lato più action a una certa profondità di tematiche e di contenuti. Non sarà Asimov né Dick e avrà pure i suoi difetti, ma è pur sempre una fantascienza di buon livello come raramente se ne vede in televisione. SyFy, prendi un po’ esempio!
The Butcher’s Knife Cares Not for the Lamb’s Cry 1×04 | ND milioni – ND rating |
Choose Your Pain 1×05 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.