“We have to be torchbearers, casting the light so we may see our path to lasting peace. We will continue exploring, discovering new worlds, new civilizations. Yes! That is the United Federation of Planets!”
“Will You Take My Hand?” è chiamato a un compito tutt’altro che facile: chiudere degnamente e adeguatamente la grande trama stagionale della guerra tra la Federazione e i Klingon, preparando nel contempo il terreno per una seconda annata. Purtroppo, se da un lato si riesce effettivamente a dare una risoluzione al conflitto e a proiettare Michael e compagni verso nuove avventure, dall’altro lato lo si fa in maniera piuttosto discutibile, confezionando un potpourri di ingenuità, buonismo e fanservice. Parole troppo dure? Forse, ma non si può negare il senso di delusione, se non addirittura di frustrazione di fronte ad un finale che poteva essere gestito diversamente.
La prima parte del season finale è tutt’altro che disprezzabile e anzi ha tutti gli ingredienti per dar vita a un episodio memorabile: c’è la tragedia della Federazione, messa con le spalle al muro e costretta a calpestare i propri ideali di pace e di diplomazia per sopravvivere; c’è l’adrenalina della missione di una manciata di eroi su Qo’Nos, territorio ostile e sconosciuto; ci sono i contrasti tra la mirror Georgiou e Michael, sempre più consapevole che le conseguenze di un’azione compiuta in buona fede le si stanno ritorcendo contro; e ovviamente c’è il dramma personale di Tyler, ben lungi dall’essere risolto nonostante la soppressione della coscienza di Voq. All’inizio dell’episodio gli autori calcano un po’ troppo la mano sui suddetti contrasti, mettendo in piedi un ridicolo siparietto tra la neo-promossa capitana Saru e la Burnham a base di frecciatine e tentativi di mettere in difficoltà l’impostora: va bene far capire allo spettatore che sulla plancia di comando non è tutto rose e fiori, ma è ridicolo che individui così intelligenti litighino come dei ragazzini in un momento così delicato! Per fortuna si tratta solo di un paio di minuti e le cose migliorano notevolmente quando ci si sposta su Qo’Nos, in un malfamato insediamento orioniano che offre uno spaccato di vita lontana dalle luci e dai lustrini della Federazione, tra bische e strip club. L‘ex-imperatrice decaduta domina la scena col suo carisma ma anche con la sua sensualità, grazie a una sempre convincente Michelle Yeoh che oltre a offrire la solita ottima performance recitativa dimostra di portare più che bene i suoi cinquantacinque anni; Tilly dona qualche momento comico con la sua adorabile goffaggine, allentando la tensione; c’è persino spazio per un piccolo e gradito easter egg, visto che l’interprete del pusher orioniano è una vecchia conoscenza dei trekker, l’inconfondibile Clint Howard alla sua quarta comparsa in una serie della saga. La rivelazione sul vero piano di Philippa e dell’ammiraglia Cornwell è un brutale pugno nello stomaco per lo spettatore, che vede la Federazione, lo schieramento dei “buoni”, arrivare a pianificare un genocidio planetario pur di sopravvivere: una scelta estrema, eppure drammaticamente verosimile, considerando lo scenario militare delineato nel precedente episodio.
A questo punto avviene il crollo. La necessità di chiudere in mezzo episodio il conflitto con i Klingon porta gli autori a sfoderare una serie improbabile di eventi e di colpi di scena, uno peggiore dell’altro, che chiudono in maniera puerile e troppo semplicistica un conflitto di portata galattica, come se si trattasse una litigata tra vicini che si può risolvere con una stretta di mano. Basta un breve discorso retorico e piuttosto banale di Michael perché l’ammiraglio Cornwell, ossia la persona così disperata da arrivare a tradire gli ideali della Federazione e pianificare la distruzione di Qo’Nos, cambi idea e torni sui suoi passi, così come basta che L’Rell sventoli un telecomando sotto gli occhi dei capi Klingon, millantando la presenza di una bomba nel cuore del pianeta (lo spettatore sa che c’è davvero, ma i Klingon no), per ottenere il comando. Il ricatto, tra l’altro, è quanto di più lontano ci sia dall’onore Klingon e dagli insegnamenti di T’Kuvma di cui L’Rell si è sempre fatta portavoce. Non si capisce nemmeno perché Tyler, che non ha più la personalità di Voq dentro di sé ma al massimo l’accesso ai suoi ricordi, debba andar via con L’Rell, a meno che la Klingon non abbia sviluppato una passione per l’interracial spaziale. La ciliegina sulla torta è la cerimonia in onore dell’equipaggio della USS Discovery, in cui il conferimento delle medaglie a Saru, Tilly e Stamets (il resto dell’equipaggio ovviamente non esiste) è inframmezzata da commenti della Burnham ancora una volta tremendamente retorici e forzati, che trasudano buonismo e politically correctness da ogni singola sillaba. Sia chiaro, è un bene che la Federazione Unita dei Pianeti abbia ritrovato la propria bussola morale ed etica; il problema è che non è stato il frutto di ripensamenti, incertezze o conflitti interni ma semplicemente dei pipponi verbali della sorellastra di Spock.
E a proposito di Spock, negli ultimi momenti della puntata (e della stagione) gli autori decidono di piazzare una scena che riscrive completamente il concetto di fanservice in televisione: l’incontro tra la USS Discovery, su cui viaggia anche Sarek, e la USS Enterprise del capitano Pike e di Spock, seguita dai titoli di coda accompagnati dalla sigla della prima storica serie. E’ difficile al momento valutare la portata di questa scelta e tutto dipenderà da quello che succederà nella prossima stagione: se l’incontro tra le due astronavi non porterà a nessuno sviluppo di trama si tratterà di una semplice ruffianata per i fan, un viscido colpo basso per colpire dritti al cuore gli spettatori; se invece l’intenzione è di sviluppare la trama dell’anno prossimo a partire da qui, bisognerà trovare il modo di non andare contro la continuity della saga, evitando un incontro tra Spock e Sarek che secondo quanto detto nella serie classica non può verificarsi a quest’altezza cronologica.
Un grosso problema con la continuity è offerto anche dal motore a spore, che nelle serie ambientate cronologicamente dopo Discovery non è mai citato, men che meno utilizzato. Era lecito aspettarsi entro la fine della prima stagione un qualche evento catastrofico che portasse all’interruzione del progetto, se non addirittura alla messa al bando di una tale tecnologia, e invece la questione viene liquidata con un paio di frasi di Stamets sul fatto che la Federazione voglia trovare un’interfaccia di navigazione non-umana prima di riprendere i lavori. Toccherà alla prossima (o prossime?) stagione chiudere in maniera soddisfacente questa trama scientifica.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The War Without, The War Within 1×14 | ND milioni – ND rating |
Will You Take My Hand? 1×15 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.