The Good Fight sembra approfittare del notevole ridimensionamento del parco personaggi per rendere ancora più netta la separazione tra la componente strettamente di attualità e la satira volta a creare situazioni surreali e grottesche.
Che poi questa seconda abbia comunque di mira questioni di natura socio-politica, quindi di attualità, crea poche differenze nella sostanza, ma grandi differenze nella forma, quindi nello stile dello show, di conseguenza nella capacità dello spettatore di usufruire di porzioni di puntata, con maggiore o minore coinvolgimento.
IL PROCESSO VERO: LIZ E DIANE
Indubbiamente l’episodio potrebbe guadagnarsi la sufficienza già soltanto per lo stato di tensione verso cui si dirige la questione del processo affrontato da Liz e Diane. Non si può certo negare che la questione razziale che coinvolge le forze dell’ordine negli USA non tocchi la recente attualità. La scelta dei King di mostrarla nella sua forma più cruda già è vincente di per sé. Aggiungere poi la loro classica porzione di ambiguità (arrivare ad uccidere il poliziotto ancora sotto processo è un gesto estremo che porta più problemi che altro), la capacità di mettere tutto in discussione, di vedere tutte le facce della stessa medaglia, tutto ciò arricchisce e non di poco la questione affrontata.
Il siparietto con il giudice, riguardo la presente relazione omosessuale tra Diane e Liz, fa capire come a partire da un certo punto i King inizino a scherzare. Sicuramente in maniera brillante, ma pur sempre a scherzare. Se da un lato si sceglie di deridere le continue speculazioni su relazioni nascoste, dall’altro si deride l’immediato bisogno di solidarietà e complicità fornita da una figura notoriamente schierata dai tempi di The Good Wife, come il giudice Abernathy. Non si poteva poi esimersi dal far sì che le due protagoniste, avvocatesse esperte senza troppi scrupoli, utilizzassero la cosa a loro vantaggio.
IL PROCESSO FINTO: MARISSA
Appare chiaro, dal precedente paragrafo, che le due principali storyline abbiano al loro interno entrambi i tratti stilistici di cui si è parlato nell’introduzione. Se però Liz e Diane solo alla fine si trovano di fronte ad un qualcosa per cui “sorridere”, l’intera vicenda con Marissa protagonista subisce il processo inverso.
L’intero falso tribunale e tutti i risvolti ad esso connessi sono costituiti da un DNA fondamentalmente satirico, grottesco e surreale.
L’abilità finora mostrata nel costruire questa porzione di storia è stata quella di andar aggiungendo un po’ alla volta quella percentuale di grottesco in più utile a rendere piano piano l’intera storia meno surreale e più inquietante.
Il tribunale già da un po’ di tempo a questa parte assume una funzione di palcoscenico da reality show. In precedenza aveva avuto modo di essere finanziato da una figura tanto facoltosa quanto ambigua, fino ad arrivare a mettere a disposizione un carcere. Quella che viene narrata in maniera illusoriamente leggera è una nuova giustizia fai-da-te, figlia della sfiducia della popolazione verso le istituzioni ufficiali. Solo sullo sfondo, quindi, questioni di recente attualità come le discriminazioni razziali e il movimento del MeToo all’interno del mondo dello spettacolo.
Ancora più sullo sfondo il personaggio di Marissa, che forse viene tanto messa in scena quanto poco fatta crescere. Come se si fosse detto “facciamole fare l’avvocato perché tanto piace al pubblico”, senza sforzarsi troppo di attribuirle un percorso narrativo degno di questo nome.
SURREALISMO VS. REALISMO: QUANTO FUNZIONA
Solo al termine della stagione sarà possibile tirare le somme e capire se la quinta stagione avrà avuto un bilancio positivo e una direzione narrativa ben chiara. Allo stato attuale è possibile notare, come detto all’inizio, un binomio continuo tra questioni affrontate seriamente e questioni affrontate tramite una surreale satira che permette al team creativo di mettere in scena momenti freschi e leggeri, sempre efficaci nell’immediato.
Nel frattempo, come già detto per Marissa, sta venendo un po’ meno la solidità di personaggi che hanno avuto i loro momenti di gloria per poi venire scansati di punto in bianco, per poi, chissà, essere messi nuovamente al centro delle scene appena ciò risulterà conveniente.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Episodio sicuramente positivo che si lascia guardare grazie a sottotrame ben delineate e che suscitano la curiosità dello spettatore. Anche le aspettative create per il futuro aggiungono merito a questa 5×07. Tutto sta a vedere se quanto mostrato porterà a svolte di trama degne di questo nome, togliendo il dubbio che si voglia solo raccontare ciò che succede agli Stati Uniti al giorno d’oggi, utilizzando un format già collaudato.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.