Finisce la quinta stagione di The Good Fight, finisce la quinta stagione di uno spin-off che non ha mai avuto un vero e proprio centro nevralgico, se si fa eccezione di Diane, ma ha impostato sempre la sua narrazione sulla coralità. Coralità che, però, non ha avuto dalla sua una continuità nel parco personaggi.
Assistere ad un episodio, così come ad una stagione, di The Good Fight, si è detto spesso, è un qualcosa di estremamente godibile seguendo un hic et nunc, ma che non lascia grandi tracce una volta sedimentato il tutto. In che direzione si sta andando? Esiste un macro-storia?
Il finale della quinta stagione non fa che confermare questa triste realtà.
COSA SUCCEDE REALMENTE?
Si può forse delineare un tracciato degli eventi della quinta stagione e di eventuali risoluzioni in “And The Violence Spread”? Si è potuto osservare un punto A di partenza e un punto B di arrivo?
- Il tribunale di Wackner subisce una deriva estremista e “diffonde il verbo” sulla modalità processuale casalinga;
- Diane decide di dimettersi da name partner e realizza di essere più stimolata dalle battaglie e dalle arrampicate di carriera, piuttosto che da una posizione in cui viene vista come privilegiata e non parte di una minoranza;
- Marissa ha ricoperto un ruolo funzionale allo show di Cord e al tribunale di Wackner ma il suo personaggio non ha ottenuto grandi sviluppi;
- Carmen ambigua e caratterizzata pochissimo rispetto alle premesse e promesse iniziali;
- Liz pure abbastanza immobile;
- Kurt sembra essere stato coinvolto in un evento abbastanza grave, salvo poi far rientrare tutto e sgonfiare;
- Jay ha avuto il Covid e quindi ha le visioni.
Per un insieme di personaggi così numeroso, ma soprattutto dal potenziale non indifferente, la stagione si è alla fine rivelata discontinua, frammentata e peggio ancora inconcludente. Capitava anche durante The Good Wife che alcune situazioni venissero lasciate sfumare in corsa, privilegiando risvolti di trama di altro tipo. La differenza è che comunque una linea di massima veniva tracciata.
Quale potrebbe essere in questo caso la “macro-trama” della quinta stagione? Qualunque venisse eletta sopra le altre non sarebbe abbastanza.
SCHEMI PRECOSTITUITI
Per il resto, cambiando l’ordine degli addendi il risultato non è cambiato. Lo scenario che tendono a voler dipingere i King è costituito da punti di riferimento fissi: dinamiche interne allo studio legale, dinamiche esterne ma concernenti lo studio legale (con approfondimenti su politica, attualità e criminalità), vita privata dei personaggi.
In questo scenario si colloca Rivi, boss del narcotraffico che, esattamente come Lemond Bishop nella serie madre, mette lo spettatore nella difficile posizione di parteggiare per i suoi avvocati difensori, di conseguenza per lui. Tutto ciò non può che essere un’enorme occasione mancata, considerando che nei primi episodi veniva presentata Carmen Moyo, fresca fresca di abilitazione, che si rivelava avvocato prediletto di una figura così spietata e temuta. Salvo poi ridurre nettamente il minutaggio e lo spazio dedicato a questa porzione di storia, prediligendo reality e tribunali amatoriali.
MESSAGGIO FINALE SUL CAOS VAGAMENTE AMBIGUO
Indubbio che l’investimento maggiore sia stato quello inerente Wackner e il concetto di giustizia fatta in casa. Il capolavoro dei King è stato quello di prendere il personaggio del finto giudice e “negativizzarlo” in maniera graduale. Da figura naif, quasi tenera, piano piano l’ottusità inizia a prendere il sopravvento, così come la palese vacuità di contenuti del suo progetto. Sì, ok, i tempi della giustizia ufficiale sono lenti, ma da qui a creare un reality show, un carcere privato e occuparsi di reati di una certa caratura ce ne vuole.
Ciò che crea un’ambiguità è cosa effettivamente i King vogliano far passare come messaggio. Sulla loro filosofia che non esiste bianco o nero si hanno pochi dubbi, ma la sequenza di chiusura di episodio e stagione lascia dei dubbi. Si ridicolizza un sistema del genere (addirittura si assiste ad un mini-processo di paracadutisti in caduta), oppure alla fine si esprime un piccolo elogio verso uno spunto che porta le persone ad aumentare il dialogo e la capacità di discutere e di accordarsi?
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“And The Violence Spread” esprime nel suo titolo inevitabilità, la stessa inevitabilità di trovarsi di fronte ad un finale di stagione che, vista la dispersione di sotto trame, non poteva essere decisivo e stravolgente.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.