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Brida: “If you are now a Dane, you must undo the past.”
Uhtred: “Undo the past? How?”
Brida: “You must destroy Alfred.”
Che Uhtred sia una testa calda che non ci mette molto a cacciarsi nei guai è risaputo. Che nonostante sia battezzato e serva un re cristianissimo ma sia di fatto ancora un pagano, anche. Che non gli vadano a genio i preti, Beocca a parte, pure. Ma ciò non sminuisce la gravità di quanto si consuma nella prima metà dell’episodio, ossia la rottura (definitiva o riparabile non si sa) tra Uhtred e Alfred, figlia a sua volta delle macchinazioni di Æthelwold. Il principino sassone non ha mai fatto mistero di vedere il trono del Wessex come suo di diritto né ha mai negato lo scarso affetto nei confronti dello zio Alfred, ma finora non era mai riuscito a rappresentare una vera minaccia per la corona; adesso, invece, le sue parole cosparse di miele ma intrise di veleno mettono la Chiesa contro Uhtred, spronano il signore di Mercia alla ribellione e all’uxoricidio, indicano ai danesi la via da seguire per distruggere il sogno di un’Inghilterra unita e libera. Æthelwold è pericoloso non solo perché sa come ingannare e circuire, ma anche e soprattutto perché sta scatenando forze troppo al di là del suo limitato controllo, ed è meschino oltre ogni misura perché è disposto a lasciare che il Wessex bruci, in nome di un semplice pezzo di metallo da indossare sul capo e di uno scranno su cui sedersi, ammesso che i pagani onorino la parola data.
Uhtred, dal canto suo, quando è condotto al cospetto del re e messo sotto accusa (per aver profanato la terra consacrata del cimitero dove è sepolta Gisela) fa esplodere una rabbia che non è rivolta soltanto ad Alfred, ma all’intero mondo cristiano. Il sovrano è colpevole di ingratitudine ed ingiustificata severità nei confronti di un uomo che lo ha servito nei suoi migliori anni ricevendo poco e niente in cambio, ma altrettanto colpevoli sono i preti, la regina, i membri della corte, che non sanno andare al di là dei loro vuoti pregiudizi: per loro Uhtred non è un uomo di cui rispettare dignitosamente il dolore, ma un pagano da aggredire con vili accuse e insinuazioni, da colpire là dove la ferita è più aperta, infangando senza ritegno la memoria della moglie da poco morta. Questo ovviamente non limita le responsabilità di Uhtred quando gli eventi precipitano: la sua cocciuta ostinazione a non prestare giuramento al figlio di Alfred, in nome di un ideale di libertà tutto vichingo e nient’affatto cristiano, lo condanna tanto e più dell’uccisione di Godwin, che gli sarebbe stata perdonata proprio in cambio di tale giuramento.
Eppure, nonostante tutto, Uhtred si sente ancora un uomo del Wessex e di Alfred anche quando fugge da Winchester, diretto a Durham dal fratello adottivo Ragnar. Le apparizioni della buonanima di Leofric, peraltro graditissime visto che il burbero anglosassone aveva una presenza scenica che i successivi comprimari non hanno saputo eguagliare, servono proprio a far capire allo spettatore il dissidio interiore che sta vivendo il nostro eroe, scisso tra la legittima rabbia verso un signore irriconoscente e la consapevolezza di aver tradito non solo un re, ma anche l’intero popolo sassone. E quando Leofric fa notare che con le sue azioni Uhtred ha trasformato anche suo nipote Osferth in un traditore, è Uhtred stesso che si accusa di aver coinvolto nella propria rovina anche i suoi seguaci, loro sì fedeli al proprio signore contro tutto e tutti. Oltre che psicologico, il malessere di Uhtred diventa anche fisico, aprendo le porte alla possibilità di giocare con la presunta maledizione che Skade avrebbe scagliato sul prode guerriero: ciò che conta non è tanto sostenere l’effettiva presenza di una componente sovrannaturale, anche perché lo spettatore ci mette poco a capire che Uhtred sta male per la ferita ricevuta durante la fuga da Winchester e la conseguente infezione, quanto piuttosto sviscerare la mentalità superstiziosa dell’epoca e mostrare il potere che le credenze magiche potevano avere sulle menti tanto cristiane quanto pagane.
Arrivati a Durham, le cose sembrano mettersi meglio. Riabbracciare Ragnar e Brida è come una panacea per i mali del nostro eroe, nonché un ritorno alle origini, alla famiglia, a quel mondo danese con cui non ha mai reciso totalmente i legami. Nemmeno le frecciatine del diffidente Cnut riescono a scalfire l’atmosfera felice che si respira nella sala di Ragnar. Eppure, proprio in questa momentanea serenità Uhtred è chiamato alla scelta più difficile e le parole di Brida che chiudono l’episodio, riportate in apertura della recensione, sottintendono un aut aut a cui è impossibile sottrarsi e negano la possibilità di qualsiasi via intermedia: o si è con i danesi contro Alfred o con Alfred contro i danesi. E benché Uhtred sia al momento giustamente infuriato con Alfred, non abbiamo dubbi sul fatto che sarà una scelta assai difficile da prendere, più di quanto si possa pensare.
Eppure, nonostante tutto, Uhtred si sente ancora un uomo del Wessex e di Alfred anche quando fugge da Winchester, diretto a Durham dal fratello adottivo Ragnar. Le apparizioni della buonanima di Leofric, peraltro graditissime visto che il burbero anglosassone aveva una presenza scenica che i successivi comprimari non hanno saputo eguagliare, servono proprio a far capire allo spettatore il dissidio interiore che sta vivendo il nostro eroe, scisso tra la legittima rabbia verso un signore irriconoscente e la consapevolezza di aver tradito non solo un re, ma anche l’intero popolo sassone. E quando Leofric fa notare che con le sue azioni Uhtred ha trasformato anche suo nipote Osferth in un traditore, è Uhtred stesso che si accusa di aver coinvolto nella propria rovina anche i suoi seguaci, loro sì fedeli al proprio signore contro tutto e tutti. Oltre che psicologico, il malessere di Uhtred diventa anche fisico, aprendo le porte alla possibilità di giocare con la presunta maledizione che Skade avrebbe scagliato sul prode guerriero: ciò che conta non è tanto sostenere l’effettiva presenza di una componente sovrannaturale, anche perché lo spettatore ci mette poco a capire che Uhtred sta male per la ferita ricevuta durante la fuga da Winchester e la conseguente infezione, quanto piuttosto sviscerare la mentalità superstiziosa dell’epoca e mostrare il potere che le credenze magiche potevano avere sulle menti tanto cristiane quanto pagane.
Arrivati a Durham, le cose sembrano mettersi meglio. Riabbracciare Ragnar e Brida è come una panacea per i mali del nostro eroe, nonché un ritorno alle origini, alla famiglia, a quel mondo danese con cui non ha mai reciso totalmente i legami. Nemmeno le frecciatine del diffidente Cnut riescono a scalfire l’atmosfera felice che si respira nella sala di Ragnar. Eppure, proprio in questa momentanea serenità Uhtred è chiamato alla scelta più difficile e le parole di Brida che chiudono l’episodio, riportate in apertura della recensione, sottintendono un aut aut a cui è impossibile sottrarsi e negano la possibilità di qualsiasi via intermedia: o si è con i danesi contro Alfred o con Alfred contro i danesi. E benché Uhtred sia al momento giustamente infuriato con Alfred, non abbiamo dubbi sul fatto che sarà una scelta assai difficile da prendere, più di quanto si possa pensare.
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The Last Kingdom non perde tempo e con un gran bel colpo di scena scombussola gli equilibri, facendo pregustare una terza stagione avvincente e movimentata.
Episode 1 3×01 | ND milioni – ND rating |
Episode 2 3×02 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.