Eh, boh. Mica si capisce com’è questo finale. È bello? È brutto? Chiude discorsi aperti durante questa stagione? Ne apre altri per la prossima stagione? Sì e no. Procediamo con ordine e cerchiamo di capire cosa si possa salvare e cosa no.
Prendiamo le migliori serie che ci possano venire in mente e pensiamo: come erano i loro season finale? Aperti, senz’altro; spesso con cliffhanger micidiali (basti pensare al finale della terza stagione di Breaking Bad), eppure sono sempre indirizzati a porre un punto su questioni presentate e sviluppate nello svolgersi della stagione. E per le prime due stagioni questo è successo anche in The Walking Dead. Il finale della prima rimandava alla chiusura di un discorso introduttivo (come la prima stagione della sua sorella di emittente: BrBa); il finale della seconda, invece, chiudeva la parentesi della fattoria proiettando gli spettatori verso altre ambientazioni, teoricamente imprevedibili fino all’inizio della terza premiere (mediamente prevedibile per i lettori del fumetto). Con la terza stagione è però successo qualcosa di strano: nel finale, la guerra con il governatore viene soltanto rimandata e un anticlimax pazzesco ci porta ad un’inquadratura finale raffigurante parte degli abitanti di Woodbury condotti nella prigione. La terza stagione è anche la prima ad aumentare gli episodi di questa serie. Evidentemente gli autori, ascolti alla mano, hanno deciso di sfruttare al meglio la loro gallina dalle uova d’oro.
Pensiamo ora ai finali di stagione di serie che non hanno la pura qualità in cima alle loro prerogative (non che dette serie non siano qualitativamente valide). I loro finali hanno un solo grande obiettivo: sopravvivere. Gli spettatori trascinati da diversi episodi acquosi e stirati si dovranno trovare negli ultimi cinque minuti di fronte ad una sintesi eccezionale di scrittura televisiva, che condurrà dritto dritto ad un finale eccezionale con un cliffhanger a regola d’arte (magari dopo una stagione intera fatta di episodi autoconclusivi). Ripeto, questo non avviene automaticamente nelle serie brutte: diciamo in quelle di canali non via cavo. La prima stagione di The Good Wife, serie la cui proceduralità è sorretta da incredibile qualità, ad esempio, termina con un cliffhanger estremo, dopo un’intera eccezionale stagione fatta per la quasi totalità di episodi retti da trame verticali. Ma cambiando radicalmente genere, e scendendo di molto, anche The Vampire Diaries (esempio sicuramente più attinente al discorso che si sta cercando di portare avanti) fa dei finali di stagione a regola d’arte la sua carta vincente per tenere gli spettatori incollati allo schermo. Tutto si gioca sul finale. Le scelte di sceneggiatura alla “tanto al chilo” di tutta la stagione vengono glorificate da un bastardissimo finale sospeso e ad effetto che genera curiosità e stupore.
Questo season finale, come i precedenti due season finale di The Walking Dead, non è né l’uno, né l’altro. Oppure è entrambi. Come dicono quelli bravi: non è né carne né pesce. La coerenza è ai massimi storici: gli approfondimenti introspettivi che tanto hanno scassato accompagnato in questa stagione trovano la loro giusta “sublimazione”. La trama strettamente survival subisce, invece, la stessa sorte del finale della terza stagione con il Governatore; meno rispetto lo scorso finale di stagione con Terminus da ponte tra la quarta e la quinta. Ma, appunto, per quanto riguarda il disegno tratteggiato lungo la stagione da parte degli autori, anche in modo nascosto, si riesce a regalare una conclusione precisa, chiudendo delle progressioni, aprendo ad altre.
Sicuramente poco convincenti e poco coinvolgenti le evoluzioni tracciate su Gabriel e su Sasha. Come già detto in altre recensioni, i personaggi non riescono ad avere la giusta alchimia con l’animo dello spettatore, tanto da riuscire a far sperare in un duplice omicidio nelle scene finali (al posto della bizzarra preghiera). Lo stress post-traumatico della sorella di Tyreese – giustificatissimo, per carità – si è protratto negli ultimi episodi con il solo effetto di rendere il minutaggio accettabile; al contrario la crisi di Gabriel è stata dosata con il contagocce nell’arco dell’intera stagione, dandogli importanza ultimamente solo per la carognata di sparlare di Rick e soci di fronte a Deanna. A ciò si aggiunge la totale incomprensione del perché Maggie non abbia messo in guardia i suoi compagni riguardo la pericolosa soffiata. Si può capire il voler mantenere la calma nei primi momenti, ma quando la situazione si era già iniziata a fare tesa, forse qualcosina si sarebbe potuto anche dire.
Nel purgatorio delle evoluzioni di questa quinta stagione vanno sicuramente quelle riservate al terzetto di Abraham, a Michonne e a Daryl. I primi salvano il poco interesse suscitato con dei siparietti più o meno riusciti (l’oratoria di Abraham è da applausi); la seconda dopo essere passata prepotentemente da “non parlo con nessuno, non sorrido a nessuno” a “voglio vivere in un questo villaggio carino pieno di belle persone”, arriva alla conclusione “mi tengo la spada, non si sa mai”; Daryl dal canto suo percorre la traiettoria classica del lupo solitario che si adopera per la comunità, ma tutto questo succede dall’inizio di TWD.
Le migliori evoluzioni, per motivi diversi, sono riservate a Carol, Glenn e Rick. Carol rappresenta al meglio la traiettoria prima indicata riguardo i finali di stagione di qualità: prende elementi dalle stagioni precedenti, li evolve, si trasforma in qualcosa di nuovo che lascia curiosità per il futuro. Con il suo “look at the flowers“ già aveva dato segnali importanti, ma con la minaccia ad un uomo molto più alto di lei, capiamo che da donna cazzuta quale era diventata, si è trasformata in psycho a tutti gli effetti. Glenn, dal canto suo è il più enigmatico. Il viaggio all’interno della foresta oscura, nel seguire un’anima perduta, nel colpirlo come il più feroce dei wrestlers, nel rischiare la morte, nell’improbabile salvataggio, nel risparmiare la vita al suo aguzzino, rende il suo percorso misterioso e sorprendente. Sono tantissimi i difetti nella sua parabola (un tempo bastava uno zombie addosso ed eri spacciato, oggi gli autori si tengono stretti tutti i personaggi storici) ma chiunque, dopo quell’“I love you” detto a Maggie, dopo che Norman Reedus aveva detto di preparare i fazzoletti (perché mai?Boh…), avrebbe scommesso sulla dipartita dell’orientale. O almeno sull’esecuzione di Nicholas. No, tornano insieme come due compagni di bevute, e questo, volenti o nolenti, è un colpo di scena.
Ma veniamo a Rick. Come detto nella precedente recensione, la sua mutazione è abbastanza evidente. Mutazione partita con la violenta difesa di Carl e con il gran proclamo alla fine della 4×16. Il presentarsi insanguinato ed il monologo fatto al suo stesso processo, rappresentano un apice del suo breaking bad. L’analisi fatta dai suoi stessi amici ci ricorda ciò che l’ex-sceriffo ha dovuto vivere. E in tutto l’episodio Rick viene mostrato prima incerottato, poi correndo per Alexandria per scongiurare l’attacco di zombie entrati “grazie” al simpaticissimo Padre Gabriel ed infine ricoperto di sangue, pronto a difendere il villaggio a modo suo. Rick è colui che ha costruito la “famiglia” di sopravvissuti e sempre Rick è colui che la tiene in vita, se è diventato quello che è diventato non gliene si può fare una colpa, al massimo gli si può dire grazie o anche semplicemente un “Rick, do it!“.
Queste sono le vere “conclusioni” che ci vengono regalate, qualcuna riuscita, qualcun’altra meno. Eppure non sono i soli sviluppi presentati. Gli altri, purtroppo, applicano quella procedura di cui si è parlato, tipica delle serie “generaliste”, ossia: “guardateci nella prossima stagione, mi raccomando”. I pazzoidi con la W che sembrano chiamarsi Wolves, Morgan in versione Bruce Lee, la discoteca per zombie, la gestione di Alexandria: se vista da questa angolazione, possiamo dire che “Conquer – Conquistare” ci ha voluto mostrare un enorme spot della prossima stagione. Se da un lato ci incuriosisce, dall’altro l’episodio preso in analisi perde molto del suo potenziale: lo perde se rapportato ad un qualsiasi altro season finale (tipo “A“); lo perde per il modo in cui rende invincibili a comando alcuni membri del cast; lo perde per disattenzioni macroscopiche. È infatti innegabile che la scelta di far sopravvivere Glenn a (in ordine cronologico) un colpo di pistola, rissa, attacco di 3 zombie ed una seconda rissa, sia più che mai forzato e discutibile; allo stesso modo appare incredibile come possano esistere errori di disattenzione come quello del passaggio da una scena di luce (quando Rick chiude il cancello) ad un’altra di buio pesto (quando Rick affronta gli zombie) in un season finale. Queste cose rendono uno show grande, The Walking Dead a quanto pare non lo è ancora.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Una cosa in tutto questo è certa: la qualità della serie potrebbe essere assolutamente migliore – e la cosa è stata dimostrata da recenti considerazioni su Sasha e Gabriel, ad esempio – con una diminuzione sia degli episodi per stagione, sia dei personaggi principali.
Try – Provare 5×15 | 13.7 milioni – 7.0 rating |
Conquer – Conquistare 5×16 | 15.8 milioni – 8.2 rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.