L’ottavo episodio di Them cerca di rappresentare perfettamente la decostruzione dell’American Dream sia in senso stretto (Henry Emory), sia in senso più largo (famiglia Emory e anche Betty Wendell).
Un episodio, esattamente come il quinto, che sfora di poco la mezz’ora ma che riesce a comprimere al suo interno tutti gli elementi necessari per renderlo l’ennesimo appuntamento indimenticabile con la serie, bella sorpresa inaspettata (per ora) del 2021. Una serie visivamente molto forte e che punta spesso e volentieri al turbamento del proprio pubblico, come ad esempio nella scena “cat in a bag” del quinto episodio oppure il ritrovamento del piccolo di casa Emory da parte di Henry nel finale della settima. Ma per quanto la rappresentazione visiva sia in certi punti molto marcata, ciò che rende veramente impegnativa la visione di Them è il risvolto psicologico che il lato horror dà alla narrazione, con le sue claustrofobiche riprese, il continuo giocare con il buio (la cantina di casa Emory) o le rappresentazioni in scena della psiche turbata di Henry e Lucky.
L’AMERICAN DREAM CADE A PEZZI
La decostruzione del Sogno Americano parte già dal primissimo episodio, durante il quale la famiglia Emory si rende conto che i soldi ed un lavoro di prestigio non bastano per livellare il razzismo della società americana degli anni ’60. Anzi, questo accenno di borghesia da parte di una famiglia di colore finisce per svilire l’intero mercato immobiliare, far svalutare le case, creare inimicizie nel vicinato che lentamente si trova costretto ad abbandonare la propria abitazione per evitare di ritrovarsi rinchiuso nell’ennesimo quartiere-ghetto abitato solo da afroamericani. Un dettaglio questo a cui Them concede il giusto spazio, senza eccedere, sottolineando la smania di denaro della società americana, pronta a creare ulteriori problematiche di carattere sociale pur di lucrare su delle normali famiglie il cui unico errore è stato quello di pensare di poter credere in un sogno. Quello americano, per l’appunto.
Henry dopo il terribile ritrovamento avvenuto nello scorso finale di puntata si ritrova privato anche della moglie, rinchiusa in un istituto di igiene mentale senza possibilità di potersi mettere in contatto con l’esterno. Le figlie, che già nel quinto episodio mostravano una certa reticenza nei confronti della madre, si avvicinano ulteriormente ad Henry, unica figura famigliare rimasta loro vicina. Eppure anche Henry sembra aver risentito dell’arrivo ad East Compton considerate le visioni di cui è vittima e dell’omicidio di cui è, invece, artefice.
Ad essere decostruito, però, è anche il sogno dell’America bianca, in questo caso rappresentata dal falso sorriso di Betty Wendell e dal torbido presente in cui si ritrova prigioniera. Il dolce lattaio che sembrava essersi dimostrato così disponibile nei suoi confronti, oltre che sentimentalmente interessato, si è rivelato un mostro a tutti gli effetti rinchiudendola in un bunker antiatomico con l’intento di creare insieme a lei un normale quadretto famigliare. Se la normalità di East Compton le sembrava soffocante, a tratti lontana dagli standard economici e sociali a cui era abituata (nonostante la terribile infanzia, solamente accennata con un paio di cambi macchina alcuni episodi fa), Elizabeth sembra essersi del tutto ricreduta in merito alla situazione attuale. Ciò di cui è rimasta vittima assume il valore di punizione divina, nonostante venga impartita da un mostro in tutti i sensi. Un mostro esattamente come quello con cui Betty ha convissuto in casa propria per anni e a cui credeva di essere fuggita ormai da tempo.
Il minutaggio disomogeneo tra un episodio e l’altro sottolinea come il prodotto non viva di necessità vera e propria attorno al raggiungimento di un preciso obiettivo (cosa che invece molti prodotti sembrano dover fare oggigiorno): non c’è necessità di condensare le puntate in mezz’ora oppure di diluire la narrazione in un’ora di girato, bensì sembra esserci una corretta valutazione a monte ed un’ottimizzazione del tempo a disposizione. Questo fattore, unitamente ad una tensione mantenuta sempre molto alta, rende Them un prodotto che deve essere visto e che sposa perfettamente la policy di distribuzione di Amazon Prime Video. Per quanto la narrazione danzi in equilibrio tra realtà e finzione, la svolta a tinte sovrannaturali intacca leggermente quanto di buono portato fin qui in scena, inficiando una sceneggiatura criptica e molto profonda (tematiche sociali, American dream, mercato immobiliare, leggi Jim Crow, ecc.). Potrebbe tutto risolversi in un disturbo psicotico condiviso, anche se il taglio dato a Them avvicina molto il prodotto di Little Marvin ad America Horror Story (in particolare Murder House) e quindi, di fatto, la “normalità” viene messa in secondo piano.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Them è uno dei prodotti più interessanti di questo 2021: uno show antologico che riesce ad unire la cruda narrazione di American Horror Story a tematiche più delicate già presentate allo spettatore da show come Lovecraft Country. Il risultato sono otto puntate, per ora, di ineccepibile bellezza.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
4
Nessun voto per ora
Tags:
Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.