“What I’ve always appreciated about you… you never rested on your laurels. You made it to the center of Arnold’s Maze. But now, you’re in my game. In this game, you have to make it back out. In this game… you must find the door. Congratulations, this game is meant for you. The game begins where you end and ends where you began.”
Maestoso e intenso, dopo mesi di inattività finalmente il parco giochi a tema più importante della serialità contemporanea ha riaperto i battenti. Con la consueta fotografia pulita ed illuminata, la violenza indisturbata, la regia attenta, i paesaggi mozzafiato, i dialoghi criptici e al tempo stesso ossequiosi della tradizione letteraria inglese – Shakespeare, naturalmente, su tutti – e la tanto amata destrutturazione narrativa. Westworld non è cambiato per niente dal tragico epilogo di “The Bicameral Mind”, anzi questo “Journey Into Night” – vale la pena osservare che proprio questo era il titolo scelto da Ford per la sua ultima storia – riparte proprio dai momenti immediatamente successivi la dipartita di Hopkins per risistemare tutte le varie pedine sulla scacchiera, pronti per una nuova partita da iniziare.
Se tutta la prima stagione si sviluppava attraverso l’intreccio di diverse storyline ambientate in trenta e più anni di storia, la premiere sembra suggerire che, questa volta e quantomeno per i primi episodi, si racconterà di un tempo ben più ristretto, dodici giorni circa, se si prende per buona la registrazione dell’host recuperata sulla spiaggia dal nuovo personaggio Karl Strand.
Com’è consuetudine però, attribuire un preciso ordine cronologico agli eventi mostrati è un’impresa di non poco conto, anche volendo eventualmente rimuovere dall’equazione il dialogo iniziale tra Dolores e Bernard, la cui natura onirica rende d’altronde impossibile qualsiasi ipotesi sull’ubicazione temporale in cui avviene. Ciò nonostante, se si vuole cercare un minimo di ordine all’interno dei settanta minuti abbondanti con cui la seconda stagione prende piede, è opportuno procedere in una distinzione tra scene che dovrebbero essere successe veramente e scene che invece potrebbero essere successe.
“I’m of several minds about it. The rancher’s daughter looks to see the beauty in you. The possibilities. But Wyatt sees the ugliness and disarray. She knows… these violent delights have violent ends. But those are all just roles you forced me to play. Under all these lives I’ve lived something else has been growing. I’ve evolved into something new. And I have one last role to play: myself.”
Nella prima categoria ricadono tutte le sequenze che mostrano determinati personaggi, in particolare Dolores, Maeve e William, mentre proseguono il percorso iniziato nel primo season finale. Lo sviluppo caratteriale dei tre è, ultimamente, coerente con quanto mostrato più di un anno fa in “The Bicameral Mind” e l’impressione che ne risulta è che le nuove linee narrative su cui si stanno per incamminare siano sincere. In altri termini: non c’è al momento alcuna ragione per dubitare che effettivamente Dolores-Wyatt si stia lasciando dietro di sé una scia di cadaveri in compagnia di Teddy, o che Maeve sia alla ricerca della figlia all’interno dei sei (o più) parchi o che, ancora, The Man in Black abbia incontrato la versione bambina di Ford. Ovviamente questa “genuinità” da parte dei coniugi Joy-Nolan non li esime dal gettare le basi per alcune domande, al momento senza risposta, necessarie a far carburare tutta la narrazione, insieme alla curiosità dello spettatore. Domande che alla fin fine risultano essere legate all’eredità che il personaggio di Anthony Hopkins, nonostante l’addio dell’attore alla serie, sta tramandando a tutti gli altri personaggi:
- Le due host sono veramente autocoscienti? Gli autori hanno spiegato in diverse interviste in questi mesi che l’ultima scena di Maeve della passata stagione in cui scende dal treno era effettivamente frutto di una decisione propria del personaggio ma che, diversamente, la scelta iniziale di ribellarsi alla quotidianità e andarsene dal parco era frutto di una linea di codice modificata da qualcun altro. Allo stesso modo, come essere sicuri che “myself” non sia un’altra parte da recitare cucita addosso al personaggio di Evan Rachel Wood (magnifica, tra l’altro, nel mostrare i repentini scambi tra le sue due “anime”)?
- Fin dove si spingerà l’influenza di Ford? Considerando il nuovo gioco a cui lo spettatore stesso è sfidato attraverso Ed Harris – “The Door” è il sottotitolo di questa stagione così come “The Maze” lo era della prima – sembra che rivelazione dopo rivelazione nulla sia stato lasciato veramente al caso da parte di chi ha disegnato e preparato i dettagli di questo “Journey Into Night” per oltre trent’anni.
“Dreams don’t mean anything, Dolores. They’re just noise. They’re not real.”
“What is real?”
“That which is irreplaceable.”
Tutt’altro discorso – e quindi si rientra nella seconda categoria citata sopra – quando si parla di Bernard, vero protagonista dell’episodio, anche solo per il minutaggio dedicatogli. Una visione immediata delle gesta dell’host programmatore sembrerebbe suggerire che le due storyline in cui si muove (la fuga con Charlotte Hale e il risveglio sulla spiaggia) avvengano rispettivamente all’inizio e alla fine dei dodici giorni di cui si parlava prima.
Se non fosse che alcuni dettagli (su tutti: la fuga off-screen di Stubbs dagli indiani e la frase che Bernard completa in bocca al nuovo arrivato Strand) rendano lecito “mettere in dubbio la natura di questa realtà”, nella consapevolezza che per stare al gioco degli autori non bisogna dare nulla per scontato.
Indubbiamente la carne al fuoco è molta e la questione del DNA rubato dalla DELOS ai visitatori del parco, tema ripreso da Futureworld, il sequel del Westworld di Crichton, oltre a dare vita nuova a un personaggio che nella passata stagione era forse sembrato un po’ scialbo come la Hale, offrirà sicuramente a Nolan e consorte il trampolino di lancio per dissertazioni etiche estremamente attuali sulla cessione dei propri dati personali in cambio di servizi virtuali.
Nel frattempo, prima di capire se effettivamente la compagnia è a conoscenza della natura silicea di Bernard, bisognerà aspettare i prossimi episodi. D’altronde i giochi sono appena ricominciati e a giudicare dalla mole di questioni aperte da questo primo appuntamento si può fiduciosamente scommettere che anche per questa volta il respiro dato dagli autori sarà il più ampio e soddisfacente possibile. Basta solo attendere.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Sarà che era più di un anno che Jonathan Nolan mancava dai piccoli schermi. Sarà che il livello medio a cui si è costantemente abituati è lontano anni luce da quanto mostrato dalla HBO con questa serie. Sarà la dedizione degli autori, la passione, il divertimento che evidentemente devono provare in fase di scrittura e di ripresa. Tutto quello che si vuole. Ma un episodio del genere, che irrompe nella quotidianità seriale con tale prepotenza non merita meno del massimo dei voti. Soprattutto perché è la conferma che lo show offre innumerevoli piani e livelli di lettura, lasciando ad ogni singolo spettatore la libertà di scegliere quanto a fondo vuole immergersi e ricompensandolo proporzionalmente.
“Can you tell me what happened?”
“I killed blessed them. All of them.”
The Bicameral Mind 1×10 | 2.24 milioni – 1.0 rating |
Journey Into Night 2×01 | 2.10 milioni – 1.0 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.