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“You think we’d let that fool blow our chance to have our own Supreme? Not in this lifetime. […] I for one can’t wait to see those bitches squirm with a man in charge. Finally on top, where we belong.”
Parola d’ordine: crossover. American Horror Story prosegue nella sua opera di fidelizzazione dello spettatore puntando, abbastanza prevedibilmente, sui collegamenti con le stagioni precedenti, in modo da ricreare un universo narrativo molto più ampio, in grado di risvegliare l’interesse dello spettatore oramai sopito da anni. Nel corso delle ultime stagioni, obiettivamente più interessanti rispetto alle meno stimolanti Coven e Freak Show – senza dubbio punto più basso della serie fino a questo momento – la costruzione di un universo narrativo più ampio sembrava poco realizzabile, a maggior ragione in virtù del netto cambiamento di registro attuato in Roanoke e Cult. Eppure, in maniera del tutto inaspettata, Apocalypse sembra voler puntare maggiormente sul fattore citazione, tirando nuovamente in gioco personaggi e trame appartenenti ad archi narrativi passati (finora Coven, Hotel e Murder House), allo scopo di rendere più interessante – e complessa – la stagione attuale.
Dopo un primo momento prettamente introduttivo, costruito attorno ad una premessa, quella dell’universo narrativo post-apocalittico decisamente stimolante di ‘sti tempi, la serie entra nel vivo, mostrando finalmente l’elemento narrativo cardine di questa ottava stagione: la minaccia di una supremazia maschile in un mondo, quello descritto da Coven, letteralmente dominato dal sesso femminile. La lotta tra generi diventa così il motore narrativo della stagione, sviluppato attorno al personaggio di Michael Langdon, al centro di un lavoro di scrittura oggettivamente pregevole, studiato in modo tale da suscitare, soprattutto nello spettatore di genere maschile, una forte empatia nei confronti dei Warlocks, quasi sottomessi alle colleghe donne. Un’empatia che immediatamente si scontra con la natura malvagia di Langdon, personaggio controverso che, introdotto inizialmente senza un background ben delineato, aveva già mostrato segni di devianza tipicamente da villain, peculiarità che lo hanno reso difficilmente inquadrabile come figura positiva all’interno della storia.
La puntata nel complesso funziona. Dalla (quantomeno apparente) morte di John Henry per mano della madre di Langdon fino alla sequenza in stile cinema muto riguardante la prova dei Sette Prodigi (The Seven Wonders), tutto coopera in funzione del risultato, impreziosito inoltre dall’ottima interpretazione di Cody Fern nei panni del nuovo Alpha e dai continui rimandi agli archi narrativi precedenti, grazie ai quali si arriva, finalmente, al tanto atteso ritorno alla Murder House, location da cui tutto ha avuto inizio otto anni fa – e senza dubbio miglior stagione del telefilm finora.
Dopo aver portato a termine i primi sei prodigi, rispettivamente telecinesi, controllo della mente, trasmutazione, divinazione, pirocinesi e vitalum vitalis, Cordelia decide così di approfittare dell’immenso potere di Langdon per recuperare la sua vecchia amica Misty, intrappolata negli inferi a sezionare rane vive in loop per il resto della sua esistenza. Naturalmente, Michael supera la prova senza problemi, portando a casa anche l’ultimo prodigio (il Descendum) e segnando, di fatto, la fine della sua predecessora. Ciò che però sembra essere il lasciapassare per l’acquisizione del potere supremo si rivela in realtà il suo primo vero passo falso, anche se Langdon al momento non sembra molto preoccupato di mostrare alle sue colleghe un potere indubbiamente losco e decisamente collegato ad un male superiore.
I minuti conclusivi dell’episodio vengono infine dedicati ad un piccolo momento musicale in compagnia di Stevie Nicks (cantautrice statunitense che qui interpreta se stessa ma in versione stregonesca), già vista in Coven nei panni della White Witch e, ai tempi, impegnata a cantare la canzone Seven Wonders (Sette Prodigi, appunto) prima della discesa agli inferi di Misty, Zoe, Queenie e Madison. Momento di unità abbastanza random, con BD Wong al piano, che ci porta diritti al twist finale di puntata, ovvero l’alleanza tra le streghe e il Warlock omosessuale appeso al muro da John Henry di cui difficilmente ricorderete il nome e che, diremmo anche finalmente, comincia a nutrire dubbi in merito all’immenso potere di Langdon.
Parola d’ordine: crossover. American Horror Story prosegue nella sua opera di fidelizzazione dello spettatore puntando, abbastanza prevedibilmente, sui collegamenti con le stagioni precedenti, in modo da ricreare un universo narrativo molto più ampio, in grado di risvegliare l’interesse dello spettatore oramai sopito da anni. Nel corso delle ultime stagioni, obiettivamente più interessanti rispetto alle meno stimolanti Coven e Freak Show – senza dubbio punto più basso della serie fino a questo momento – la costruzione di un universo narrativo più ampio sembrava poco realizzabile, a maggior ragione in virtù del netto cambiamento di registro attuato in Roanoke e Cult. Eppure, in maniera del tutto inaspettata, Apocalypse sembra voler puntare maggiormente sul fattore citazione, tirando nuovamente in gioco personaggi e trame appartenenti ad archi narrativi passati (finora Coven, Hotel e Murder House), allo scopo di rendere più interessante – e complessa – la stagione attuale.
Dopo un primo momento prettamente introduttivo, costruito attorno ad una premessa, quella dell’universo narrativo post-apocalittico decisamente stimolante di ‘sti tempi, la serie entra nel vivo, mostrando finalmente l’elemento narrativo cardine di questa ottava stagione: la minaccia di una supremazia maschile in un mondo, quello descritto da Coven, letteralmente dominato dal sesso femminile. La lotta tra generi diventa così il motore narrativo della stagione, sviluppato attorno al personaggio di Michael Langdon, al centro di un lavoro di scrittura oggettivamente pregevole, studiato in modo tale da suscitare, soprattutto nello spettatore di genere maschile, una forte empatia nei confronti dei Warlocks, quasi sottomessi alle colleghe donne. Un’empatia che immediatamente si scontra con la natura malvagia di Langdon, personaggio controverso che, introdotto inizialmente senza un background ben delineato, aveva già mostrato segni di devianza tipicamente da villain, peculiarità che lo hanno reso difficilmente inquadrabile come figura positiva all’interno della storia.
La puntata nel complesso funziona. Dalla (quantomeno apparente) morte di John Henry per mano della madre di Langdon fino alla sequenza in stile cinema muto riguardante la prova dei Sette Prodigi (The Seven Wonders), tutto coopera in funzione del risultato, impreziosito inoltre dall’ottima interpretazione di Cody Fern nei panni del nuovo Alpha e dai continui rimandi agli archi narrativi precedenti, grazie ai quali si arriva, finalmente, al tanto atteso ritorno alla Murder House, location da cui tutto ha avuto inizio otto anni fa – e senza dubbio miglior stagione del telefilm finora.
Dopo aver portato a termine i primi sei prodigi, rispettivamente telecinesi, controllo della mente, trasmutazione, divinazione, pirocinesi e vitalum vitalis, Cordelia decide così di approfittare dell’immenso potere di Langdon per recuperare la sua vecchia amica Misty, intrappolata negli inferi a sezionare rane vive in loop per il resto della sua esistenza. Naturalmente, Michael supera la prova senza problemi, portando a casa anche l’ultimo prodigio (il Descendum) e segnando, di fatto, la fine della sua predecessora. Ciò che però sembra essere il lasciapassare per l’acquisizione del potere supremo si rivela in realtà il suo primo vero passo falso, anche se Langdon al momento non sembra molto preoccupato di mostrare alle sue colleghe un potere indubbiamente losco e decisamente collegato ad un male superiore.
I minuti conclusivi dell’episodio vengono infine dedicati ad un piccolo momento musicale in compagnia di Stevie Nicks (cantautrice statunitense che qui interpreta se stessa ma in versione stregonesca), già vista in Coven nei panni della White Witch e, ai tempi, impegnata a cantare la canzone Seven Wonders (Sette Prodigi, appunto) prima della discesa agli inferi di Misty, Zoe, Queenie e Madison. Momento di unità abbastanza random, con BD Wong al piano, che ci porta diritti al twist finale di puntata, ovvero l’alleanza tra le streghe e il Warlock omosessuale appeso al muro da John Henry di cui difficilmente ricorderete il nome e che, diremmo anche finalmente, comincia a nutrire dubbi in merito all’immenso potere di Langdon.
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Il titolo del prossimo episodio (“Return To Murder House”) spazza così via ogni dubbio su un possibile ritorno alle origini della serie. Nella speranza che la serie non rovini la sua stagione migliore facendo un crossover proprio con quella peggiore vista finora, ci limitiamo a conferire il beneficio del dubbio ad uno show che, volenti o nolenti, è riuscito a ritagliarsi il suo posto all’interno della cultura televisiva contemporanea grazie al suo format unico e oramai inconfondibile.
Magari la cazzata di Coco che riesce a percepire il glutine con l’imposizione delle mani potevano evitarsela. Ma forse si tratta solo di un omaggio di Murphy a Maccio Capatonda e al suo The Generi e Coco in realtà è il quinto Avanzers. Chissà…
Magari la cazzata di Coco che riesce a percepire il glutine con l’imposizione delle mani potevano evitarsela. Ma forse si tratta solo di un omaggio di Murphy a Maccio Capatonda e al suo The Generi e Coco in realtà è il quinto Avanzers. Chissà…
Could It Be… Satan? 8×04 | 2.02 milioni – 1.0 rating |
Boy Wonder 8×05 | 2.12 milioni – 1.0 rating |
Sponsored by American Horror Story ITALIA
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.