American Horror Story: Apocalypse 8×01 – 8×02 – The End – The Morning AfterTEMPO DI LETTURA 6 min

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Technology is what destroyed the world. Social media gave people the illusion they were equal. Now that’s all been swept away. The natural order will restore itself.

Giunti all’ottavo anno di programmazione, American Horror Story si addentra in un terreno non ancora sondato da Murphy e colleghi, ma sempre più in voga nel panorama televisivo degli ultimi anni: lo scenario post-apocalittico. Dopo aver affrontato la spinosa questione della presidenza Trump, non tradendo lo stile inconfondibile a cui la serie, nel bene e nel male, ci ha abituato negli anni, American Horror Story sperimenta un genere nuovo, quello del survival horror, decisamente molto apprezzato sia dal pubblico generalista che da quello abituato a visioni maggiormente di nicchia. Azzardare un giudizio dopo sole due puntate, consci del fatto che la serie ogni anno immancabilmente riesce a tirarsi la zappa sui piedi sul più bello, sarebbe quantomeno superficiale, potremmo quasi dire sconsiderato. Ad ogni modo, come spesso accade in avvio di stagione, American Horror Story riesce nuovamente nell’intento di incuriosire lo spettatore, in primis grazie alle sempre convincenti interpretazioni dei suoi “feticci” Evan Peters, Sarah Paulson e Kathy Bates, anche stavolta al centro delle sequenze più intense e disturbanti; ma anche grazie ad un incipit molto efficace, seppur abbastanza “classico” se pensato in relazione al genere post-apocalittico, che catapulta immediatamente lo spettatore al centro della catastrofe imminente, negandogli la possibilità di raccapezzarsi circa le motivazioni dell’attacco missilistico e, in generale, impedendogli di capirci qualcosa nel marasma generale che ha stravolto Los Angeles nelle sue ultime ore di vita.
Già a partire dalla stagione scorsa la serie aveva mostrato una sorta di cambiamento di rotta, passando dall’horror puro, votato principalmente all’esaltazione del grottesco, ad un horror più “impegnato”, nel quale la componente horror rappresenta soltanto lo sfondo, il mezzo per rendere ancor più raccapricciante una realtà che già di per sé basterebbe per spaventare l’individuo più impavido. In questa stagione l’intento sembra essere lo stesso, seppur sviluppato attorno a vicende fittizie e, almeno per quanto riguarda le prime due puntate, sembrerebbero esserci tutti i presupposti per regalare al pubblico un’interessante ottava stagione.
Molti aspetti delle vicende sembrano ricalcare altre serie contemporanee altrettanto famose, quali ad esempio The Handmaid’s Tale, in particolare l’aspetto riguardante la selezione degli esseri umani destinati a ripopolare la Terra o la suddivisione in Purples e Gray, dettata da una presunta superiorità di alcuni rispetto ad altri – superiorità che per il momento sembra essere un po’ campata per aria – e dalla conseguente suddivisione cromatica degli abitanti del Vault dei pochi eletti selezionati dalla Cooperativa. Naturalmente i punti d’incontro con la trasposizione televisiva de “Il racconto dell’ancella” finiscono qui, e l’ennesima apparizione di uomini strizzati nel lattice toglie ogni dubbio in merito a qualsivoglia confronto qualitativo con lo show ideato da Bruce Miller.
Accanto alle “facce conosciute” arrivano alcune new entry: Cody Fern (già in American Crime Story) nel ruolo del misterioso Michael Langdon, personaggio forse meglio presentato della stagione; il giovane Timothy Campbell (l’inutile figlio Hawk in The Path) nel ruolo di Kyle, giovane ragazzo strappato alla famiglia per una sempre presunta superiorità genetica e Ash Santos nei panni di Emily, Purple con la quale scatterà l’amore all’interno della struttura diretta da Mrs. Venable, una Sarah Paulson come sempre impeccabile a prescindere dal ruolo interpretato. La decisione di porre lei e Kathy Bates in posizioni di spicco all’interno della misteriosa Cooperativa, ponendole così al centro di innumerevoli sequenze in tandem, rappresenta senza dubbio una garanzia di qualità, purtroppo lo stesso discorso non può essere fatto per i comprimari, penalizzati da una caratterizzazione fin troppo didascalica – seppur sempre in linea con lo stile sempre eccessivo di Murphy – e da battute fuori luogo che talvolta finiscono per smorzare l’atmosfera brutale e grottesca creata fino a quel momento.

The concept of sin does seem a bit antiquated. Rules for keeping the chaos at bay. No need for rules anymore, chaos has won.

Partendo dall’assunto che il Sistema ha fallito, rivelando la sua reale debolezza di fronte alla scelleratezza dei suoi governanti, la serie prende il via senza troppi fronzoli, posticipando eventuali spiegazioni sulle cause che hanno portato all’apocalisse nucleare e concentrandosi invece sul piano di ripopolamento della Terra architettato dalla Cooperativa. Una scelta che obiettivamente può dirsi azzeccata e che valorizza in particolare il primo episodio, senza dubbio il migliore tra i due presi in esame in questa recensione.
Se infatti “The End” appare come un episodio più “completo”, nel quale vicende del mondo esterno e vicende interne al “bunker” si intersecano alla perfezione tenendo incollato allo schermo lo spettatore, in “The Morning After” i ritmi calano notevolmente. Benché la carne al fuoco sia tanta, a partire dall’avvento di Michael Langdon e proseguendo con l’arrivo dell’immancabile uomo strizzato nel latex intento a copulare e massacrare gente senza una ragione ben decifrabile, il focus eccessivo sulle vicende personali dei protagonisti, seppur imprescindibile, finisce col ridurre notevolmente il coinvolgimento spettatoriale, minato inoltre dall’assurdo rapporto tra nipote e nonna Gallant.
Ad ogni modo, si tratta di un avvio stagionale del tutto positivo, non perfetto, ma molto promettente in termini di narrazione. Come abbiamo già detto, il brutto vizio della serie di rovinare tutto sul finale ci porta a partire un po’ prevenuti, ma d’altro canto siamo ancora all’inizio e i tempi bui di Coven e Freak Show sembrano essere soltanto un ricordo lontano. Non ci resta che attendere e sperare che il sempre più fortunato filone post-apocalittico compia il miracolo, regalandoci un arco narrativo che convinca non soltanto in fase di avvio ma anche nel suo proseguimento.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Evan Peters, Sarah Paulson e Kathy Bates sempre impeccabili
  • Incipit molto coinvolgente
  • Filone distopico basato sul ripopolamento della Terra in seguito ad un olocausto nucleare
  • L’avvento di Michael Langdon
  • Rapporto nipote/nonna Gallant non troppo convincente
  • Personaggi talvolta un po’ didascalici
  • Umorismo fuori luogo in alcune occasioni

 

Con un primo episodio decisamente interessante e un secondo un po’ sottotono – la cosiddetta “maledizione del secondo episodio” – questo ottavo avvio stagionale si aggiudica un Thank, valutazione che però, come già sappiamo, potrebbe subire una brusca capitolazione da un momento all’altro. La conclusione di “The Morning After” porta con sé un’inaspettata rivelazione che rimescola totalmente le carte in tavola, inserendo anche la componente “robotica” all’interno di una storia che sembra già essere molto ambiziosa di per sé. Il rischio è, come al solito, che la moltitudine di trame stagionali tirate in ballo dagli autori termini in un caotico guazzabuglio narrativo difficile da gestire in fase conclusiva. Noi non ci sbilanciamo ma, nel caso le nostre paure prendessero forma tra qualche settimana, preparatevi ad un bel “noi ve l’avevamo detto”.

 

Great Again 7×11 1.97 milioni – 1.0 rating
The End 8×01 3.08 milioni – 1.4 rating
The Morning After 8×02 2.21 milioni – 1.1 rating

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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