Nel marasma di serie TV uscite in un accesissimo inizio di autunno, sta passando molto sotto traccia Andor, il nuovo show targato Star Wars.
Probabilmente questa sottovalutazione da parte del grande pubblico, ma anche di Disney+ stessa che non si sforza di pubblicizzarla più di tanto, è dovuta ai recenti tonfi (chi per un motivo, chi per un altro) che portano il nome di Obi-Wan Kenobi e Boba Fett. Eppure, uno spettatore un pelo più curioso potrebbe facilmente scoprire come i nomi coinvolti siano importanti mestieranti di Hollywood come Dan Gilroy (Lo Sciacallo – Nightcrawler), fratello dello showrunner Tony, segnale di una produzione a regola d’arte e di un prodotto di livello in tutti gli aspetti.
Andor è infatti il simbolo dello scetticismo che gira attorno a Star Wars, forse anche doveroso, da parte del grande pubblico. Lo show di Tony Gilroy, per quel che si vede girando sui social, è la produzione originale Disney+ meno chiacchierata di sempre. Un vero controsenso considerando che dei dialoghi così taglienti e delle interpretazioni così credibili non si erano ancora viste sulla questa piattaforma (sempre considerando solo le serie originali, The Mandalorian incluso). Un vero peccato considerando che prodotti più “pigri” come The Book of Boba Fett hanno fatto numeri da capogiro, e che la dirigenza Lucasfilm potrebbe mal interpretare i dati dell’audience barrando la strada a prodotti più adulti e audaci come lo spin-off di Rogue One.
Cassian: “The Empire doesn’t play by the rules. […] They don’t care enough to learn. They don’t have to. You mean nothing to them.”
Karis: “Perhaps they’ll think differently tomorrow.”
Cassian: “Be careful what you wish for.“
INFILTRATI
Proseguendo direttamente da “The Axe Forgets“, Gilroy mette in scena il tanto atteso piano su Aldhani che consiste nel sottrarre a una base imperiale tutti gli stipendi trimestrali. Un piano astuto, che mostra come i finanziamenti siano la base di tutto, anche per una ribellione. I ribelli (se si possono già chiamare tali) non possono andare avanti solo grazie al riciclaggio di denaro imbastito da Mon Mothma e Luthen. Occorre quindi un colpo grosso, un capitale importante che possa dare credibilità al nascente movimento sovversivo, al limite del terrorismo vero e proprio.
La tensione è tangibile in ogni inquadratura di quel che è finora l’episodio più lungo con ben 52 minuti. I volti dei protagonisti trasudano paura e pericolo per ogni passo del piano che viene messo in atto. È evidente che sia quasi un’operazione suicida, da cui uscirne vivi rappresenterebbe un miracolo, ma ognuno ha una motivazione ben precisa che lo spinge a fare quest’atto folle ed incosciente. Per questo bisogna dare credito agli attori (su tutti Alex Lawther e Ebon Moss-Bachrach) e anche alla sceneggiatura, capace di dare il giusto spazio a ognuno dei personaggi nonostante la prevedibile brutta fine.
GUERRE STELLARI
“The Eye” è forse anche l’episodio più “starwarsiano” di tutti. Esclusione fatta per la Forza, comunque presente se intesa come provvidenza, sono presenti tutti gli elementi che contraddistinguono l’universo creato da George Lucas. Una versione molto più reale e meno “favoletta” di quel che è in tutto e per tutto una storia di conflitti, dittature e stermini. Il modo in cui Gilroy usa il mezzo Star Wars è innovativo. Alcuni sprazzi erano stati già intravisti in Rogue One, ma in Andor tutto ciò che viene dato per scontato dai fan viene decostruito e reso, in un certo senso, reale. Cose viste e riviste migliaia di volte come il volo di un caccia TIE vengono stavolta osservate con un occhio più critico. La regia si sofferma sulla complessità del decollo di un caccia, indugiando tra pulsanti e manopole, rendendo l’azione più realistica nella sua fantasia. Sono infatti questi piccoli dettagli che aiutano lo spettatore ad immergersi nella storia e ad arrabbiarsi quando Skeen propone a Cassian di tradire il gruppo, oppure ad emozionarsi insieme a Luthen, svestendo per qualche secondo la maschera di un insignificante commerciante d’arte e mostrando la sensibilità repressa dal grigiore dell’Impero.
ARCHI NARRATIVI
Andor è un’operazione senza precedenti per Disney+ anche dal punto di vista produttivo, con dodici episodi suddivisi in archi da tre episodi ciascuno. È questa la formula impiegata da Gilroy nel costruire la prima stagione, ed è anche questa probabilmente la causa di ascolti al di sotto delle aspettative. Il rilascio iniziale di tre episodi aveva giovato alla serie, lanciandola già con un arco narrativo finito. Tuttavia, la scelta di far uscire le successive puntate una alla volta appare sempre più respingente. Un rilascio settimanale nel panorama moderno dell’intrattenimento non è sostenibile, soprattutto se per vedere un arco narrativo compiuto occorre aspettare tre settimane. La formula distributiva sta infatti giocando contro uno show che meriterebbe ben altro, facendo allontanare la larga fetta di spettatori generalisti. L’impressione è che Star Wars stia divenendo sempre più un franchise di nicchia, nonostante un’ottima carta come Andor che avrebbero potuto rilanciare la “Galassia lontana lontana” tra il grande pubblico.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Dopo altri due episodi interlocutori (ma non per questo scarsi) “The Eye” raccoglie tutto ciò che è stato seminato nel miglior episodio uscito finora. L’Impero ha subito la prima grande batosta, d’ora in poi bisognerà fare i conti con dei ribelli che non si potranno più sottovalutare. Dall’altro lato Cassian ha mollato i suoi compagni sopravvissuti, dopo aver appreso che non ci sono buoni e cattivi, e che ognuno agisce solo ed esclusivamente per un suo tornaconto personale.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.