Appare chiaro che lo spettatore si trova di fronte non a personaggi “normali”, ma a personaggi immersi in un mondo oltraggiato e oltraggioso, senza santi né dei (o meglio Dio c’è ma è una figura ambivalente e ambigua dietro cui ci si nasconde; mentre l’uomo prega Dio, vive in un mondo in cui non si è mai salvi – resterà nella Bibbia seriale la scena in cui Malammore uccide, dopo essersi fatto il segno della croce, Maria Rita, la figlia dell’Immortale) per cui l’ordine del Capo diventa Comandamento. Ciro e Genny sono Gomorra, sono lo yin e lo yang, sono tutto il male che si sono fatti ma anche il bene incredibilmente sentito (“Non aggio mai odiato a nessuno come aggio odiato a te ma finalmente io e te siamo in coppa alla stessa barca e non voglio rimané solo” afferma addolorato Genny nel finale del settimo episodio). L’occhio cinematografico abbraccia e contiene la brutalità come l’hanno abbracciata e inglobata i due protagonisti, caduti in una spirale di morte da cui è impossibile fuggire. La Camorra li ha evidentemente modificati (“quella era un’altra vita” ammette Ciro), decostruiti, rendendoli pallide immagini di ciò che erano all’inizio, sono fantasmi spaventosi che si trascinano uno portandosi dietro le proprie mancanze, l’altro combattendo per riavere ciò che aveva. Galleggiano tra una piazza di spaccio e un quartier generale, e Claudio Cupellini, regista di “Sangue del mio sangue” e “Guerra aperta”, li mette registicamente “da una parte”, ai margini dell’inquadratura. Se al centro di queste due puntate c’è Enzo (gestisce il traffico della droga), Cupellini fa entrare e uscire silenziosamente i due protagonisti, li fa agire nell’ombra, eppure anche così Ciro e Genny irradiano una luminosa luce infernale che cattura e ammalia. Mentre Enzo scorrazza per tutta Napoli con i suoi, fino a subire un attacco in “Guerra aperta”, Ciro e Genny, come degli spiriti, appaiono sulle macerie del mondo che loro stessi hanno creato.
Mentre i due tessono la tela, Sangue blu stringe rapporti (quello con Valerio, giovane benestante di Posillipo, che come primo atto dimostrativo si fa arrestare dalla polizia per distrarla e poi, dopo una notte di guerriglia urbana, si tatua tre croci, simbolo impresso anche sul corpo di Enzo), apre nuovi canali di spaccio nel centro di Napoli, pesta i piedi a Arenella, si allontana dalle piazze di spaccio di Secondigliano, fino a subire i primi danni della guerra (così inizia “Guerra aperta”) e affronta i primi problemi da “leader”.
Enzo: “Ciro, io ‘so con te.”
Ciro: “Tu sei com’ero io dieci anni fa. Tu fai quello che ti dico io quando te lo dico io.”
Ciro si fa nuovamente maestro di qualcuno, come lo era stato di Genny molti anni prima, ora lo è di Enzo (dà anch’egli la sua prova, si rifiuta di scendere a patti con Arenella e di tradire L’Immortale), si rivede in lui, nella sua voglia di riscatto, nella sua brama di potere, ma sa benissimo quali possano essere gli errori, gli inciampi di uno alle prime armi. E’ iniziata così una guerra complicata, di posizione quasi, una guerra generazionale che vede da una parte la “vecchia guardia” (i Confederati e Avitabile) e dall’altra i giovani che “nascono già imparati ma non sanno niente della vita”. I grandi non si spostano e i giovani vogliono (ri)prendersi “tutto quello che è (dovrebbe essere) nostro”; ma il vero perno continuano ad essere Ciro e Genny che, come due innamorati, hanno i primi scontri. Mentre Ciro riconosce i meriti di Enzo, Savastano invece mal sopporta il ragazzo, ne è geloso (“ha sciegliuto a te per questo sei così contento”) e questo sentimento accompagna l’uomo nelle parole e nel volto ed esplode nell’incontro in “Guerra aperta” tra il Boss e il “neofita”.
Genny interroga Sangue blu per dimostrargli che non sa tutto di “Ciruzzo” (il motivo del nome Immortale) e Enzo dal canto suo mette in chiaro i punti in comune tra loro (“come a Ciro sono stato cresciuto come un orfano, ci chiamano figli ‘o fantasma”). “A vent’anni è più facile sparà che pensà” dice Genny come a ricordare come erano loro a quell’età ed è sicuramente vero, ma è altrettanto vero che il Maestro grazie all’ascendente che ha sui discepoli riesce a farlo ragionare dopo che il nemico ha messo una bomba per colpire Sangue blu. Enzo, grazie agli insegnamenti, si mostra ai suoi come capo sicuro e fermo che sa cosa fare e come farlo e, nel frattempo, organizza con Ciro una vendetta lenta e silenziosa. L'”Episodio 8″ si costruisce montando una marea in un climax ascendente senza strappi, che va dall’organizzazione all’attacco, dalla vendetta che chiama altra vendetta, dal ragionamento allo spargimento di sangue. Mentre la guerriglia si sta espandendo a macchia d’olio a causa di Enzo, Genny tenta di convincere Scianèl a stare dalla sua parte, la donna continua ad essere un osso duro e sembra essere sempre sul punto di attaccare l’ignara preda. La iena, nei dialoghi con “Gennarino” – come lo chiama per dimostrargli che per lei è sempre un ragazzino – dimostra ancora una volta di essere desiderosa di potere, assetata di sangue e di vendetta. Anche in questa storyline è evidente come in Gomorra ora è tutta una questione di pesi e contrappesi, di fare un passo indietro (foraggiare la causa di Genny) per poterne fare due avanti (i dialoghi tra la Iena e Patrizia); con Gomorra si scivola in abissi sempre più profondi e si percepisce chiaramente un tanfo di morte.
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Come Nascere 3×06 | ND milioni – ND rating |
Sangue del mio sangue 3×07 | ND milioni – ND rating |
Guerra aperta 3×08 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.