Impreziosita da un particolare cammeo di Franco Nero (primo Django cinematografico, già partecipe di una piccola scena nel remake di Tarantino), questo nuovo episodio di Django decide di ingranare con la storyline principale solamente dopo 25 minuti.
Prima si procede per gradi, partendo direttamente da dove si era lasciato nel precedente episodio ma aggiungendo altri tasselli al passato dei personaggi.
Una scelta che sicuramente aiuta a rendere i personaggi meno bidimensionali da come potrebbero sembrare senza il proprio background. Tuttavia, questa scelta rappresenta anche il maggiore ostacolo a livello di ritmo narrativo, rallentando fin troppo l’azione a favore di una continua introspezione che risulta anche poco utile alla trama stessa.
BROKEBACK MOUNTAIN ALL’ITALIANA
Dopo l’inizio dei lavori presso la famosa trivella che rappresenta la nuova ricchezza per New Babylon (insieme al petrolio presente sotto il terreno), si passa ben presto ad analizzare il passato del misterioso Django.
Questo è sicuramente un fattore positivo in quanto, con tutti i personaggi che si accavallano fra loro nello show, il character interpretato da Matthias Schoenaerts finora è stato (paradossalmente) quello messo più in secondo piano.
I continui flashback visti, invece, lo pongono al centro dell’attenzione sviscerandone la personalità complessa e i traumi subiti, che dopo tale episodio assumono una dimensione ben precisa. Viene infatti evidenziato il legame fra il giovane Julian Wright (vero nome di Django) e il cognato Elija (Tom Austen), segretamente innamorato di lui.
Saltano dunque all’occhio tematiche e stilemi narrativi del western contemporaneo che, almeno da Brokeback Mountain in poi, hanno contribuito a creare una nuova visione del “vecchio West”, in cui anche questo remake di Django prova ad inserirsi rinnovando così la propria epica.
Il problema è che tali tematiche (come anche la condizione degli afro-americani e delle donne) vengono sì presentate ma, proprio per lo spazio che viene loro concesso, sembrano sempre “buttate lì” giusto per far procedere la trama, senza un reale approfondimento, ma solo per spuntare dei punti su un’ipotetica lista di temi politically correct.
NOOMI RAPACE E LA SUA ELIZABETH DA PAURA
Il tutto appare fatto apposta per far arrivare ogni episodio ai fatidici 40 minuti canonici, appesantendo così la narrazione. Basterebbe, invece, concentrarsi sulla storyline orizzontale del presente che rilascia, in questo particolare episodio, più di uno scossone.
A cominciare dalla decisione di intraprendere un viaggio per cercare dei compratori (che introduce già una componente avventuristica che ancora mancava), fino all’agguato che porta al sequestro di Seymour (Jyuddah Jaymes) e alla sua successiva liberazione che conclude la puntata.
Fra tutti ovviamente giganteggia il personaggio di Elizabeth, interpretata da un’ottima e magnetica Noomi Rapace, capace di passare dalla tenerezza nei confronti del figlio non vedente alla spietatezza nei confronti degli abitanti di New Babylon. Un personaggio decisamente sfaccettato che ruba sempre di più la scena al protagonista vero e proprio del titolo.
CONCLUSIONI
Da qui si possono vedere i veri difetti di questo show. Una serie che cerca costantemente di dimostrare di essere più di quanto effettivamente è ma, così facendo, inserisce sempre più elementi al solo fine di sembrare originale e di stupire.
Si tratta di una forzatura decisamente non necessaria, soprattutto se il risultato è che venga oscurato proprio il protagonista principale che non può sempre fare affidamento sui flashback affinché si sappia del suo passato traumatico (o meglio, andrebbe bene ma non dopo ben 4 episodi).
Django rimane comunque un prodotto imponente a livello di regia e fotografia, elementi che, insieme alle musiche, contribuiscono a rinnovare il genere western all’italiana, con tutti i suoi stilemi visivi tipici ma adattandoli ad un contesto seriale più moderno.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Episodio che rappresenta un bel punto di svolta per la trama orizzontale. Per il resto, ottima costruzione a livello di impianto visivo e registico, un po’ meno dal punto di vista della sceneggiatura e dei contenuti che appaiono sempre fin troppo trattenuti. Encomiabile il cammeo di Franco Nero.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!