Expats 1×02 – MongkokTEMPO DI LETTURA 3 min

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Expats 1x02 recensioneNicole Kidman sembra ormai essersi cucita addosso un ruolo ben definito: quella della donna e madre benestante che si ritrova immersa in una tragedia familiare. A Partire da quel gioiellino seriale di Big Little Lies (per cui potrebbe arrivare una terza stagione), fino a un’altra miniserie di spicco come The Undoing. Entrambe create da David E. Kelley, ad accomunare i due prodotti è stata anche la sicurezza qualitativa che deriva da una rete come HBO.
L’approccio ad Expats, invece, si differenzia dai due lavori precedenti anche a causa della rete di distribuzione, quel Prime Video che ha già ospitato Nicole Kidman in Nine Perfect Strangers (seppur produzione Hulu). Uno show narrativamente diverso ma che non ha di certo entusiasmato.
Con questa panoramica in mente, ci si è approcciati ad Expats in maniera diffidente riscontrando, dopo i primi due episodi, sia un approccio meno memorabile rispetto ai precedenti prodotti, sia elementi favorevoli.

LA SOLITA NICOLE KIDMAN


Come detto, anche in Expats il ruolo di Nicole Kidman riprende gli stessi stilemi già preconfezionati in serie precedenti. Il personaggio di Margaret Woo è una donna benestante, con un’amorevole famiglia che all’improvviso viene sconvolta da una tragedia che li colpisce.
Da un certo punto di vista, può apparire un po’ ripetitivo questo ruolo dell’attrice ormai scolpitole addosso; dall’altra parte, però, la Kidman sa ben gestire queste situazioni e rendere l’effetto convincente. La presentazione di una donna un po’ di frustrata per aver abbandonato il suo lavoro in America per seguire il marito ad Hong Kong non è mai palese, ma traspare attraverso piccole situazioni ben disseminate nelle scene. Da qui è facile trasportare il sentimento in altri elementi e trasformarlo in “fastidio” per lo stretto rapporto del figlio più piccolo con la tata. Un insieme di situazioni che portano Margaret a cercare diverse alternative che, purtroppo, si riveleranno inaspettatamente tragiche.

RADICI PIÙ PROFONDE


In generale, Expats sembra funzionare, presentando tutti gli elementi per consegnare al pubblico una storia che unisce mistero ad un forte senso emozionale.
Contrariamente a tutte le leggi non scritte che vogliono un secondo episodio quasi di passaggio, “Mongkok” acquista quasi il ruolo primario nel duo di puntate rilasciate insieme da Amazon Prime Video. Se, infatti, il pilot è stato più un episodio di “rassettamento”, presentando allo spettatore la vita della famiglia Woo dopo la tragedia, quest’episodio fa un passo indietro e, sotto forma di flashback, racconta ciò che è davvero successo al piccolo Gus.
A tal proposito, bisogna sottolineare come chiunque abbia visto precedentemente il trailer si sia un po’ perso l’effetto di sconcerto provocato dalla scomparsa di Gus. Questo non ha però impedito alla scena di essere ben gestita, con una sensazione ansiogena in crescendo ben opposta al senso di confusione e folla del mercato di Hong Kong che ha fatto da contorno. Empatizzare con i sentimenti dei protagonisti è stato quindi facile e naturale.
Ma tragedia a parte, Expats vuole raccontare anche altro. É infatti l’intreccio delle protagoniste donne a catalizzare l’attenzione. Persone così diverse tra loro, ognuna alle prese con i propri tormenti e adesso collegate da questo tragico evento mentre affrontano le loro personali battaglie.
Una serie sfaccettata che utilizza una tragedia per approfondire il carattere delle sue protagoniste e che risulta per ora ben presentata. Con una regia che sa ben destreggiarsi e una storia capace di attirare l’attenzione, il risultato potrebbe essere più che positivo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Nicole Kidman nel suo solito ruolo sa ormai ben presentare certe dinamiche…
  • Secondo episodio che entra più nel vivo del racconto aumentandone anche l’impatto emotivo
  • La diversità delle protagoniste e il collegamento tra le parti crea curiosità
  • … anche se ormai un po’ troppo usurato
  • In generale, comunque niente di innovativo o eccezionale 

 

Un secondo episodio anomalo che fa immergere lo spettatore ancora meglio all’interno delle sue dinamiche. Per una miniserie di sei episodi l’inizio è abbastanza promettente.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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